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Alpinismo | 25 marzo | 09:00

Jerzy Kukuczka, il secondo alpinista a toccare la vetta di tutti i 14 ottomila dopo Reinhold Messner. Dipingeva ciminiere per andare in spedizione

Il 24 marzo 1948 nacque Jerzy Kukuczka, detto Jurek. Ieri, quindi, avrebbe festeggiato 76 anni. Fu il secondo uomo al mondo a toccare la vetta di tutti i 14 ottomila. Per realizzare l’obiettivo gli bastarono otto anni: pochi, pochissimi, considerando che a Reinhold Messner ne furono necessari sedici. Al fine di racimolare la somma necessaria per organizzare una spedizione, scalava le ciminiere delle fabbriche per dipingerle

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Il 24 marzo 1948 nacque Jerzy Kukuczka, detto Jurek. Ieri, quindi, avrebbe festeggiato 76 anni. Fu il secondo uomo al mondo a toccare la vetta di tutti i 14 ottomila. Per realizzare l’obiettivo gli bastarono otto anni: pochi, pochissimi, considerando che a Reinhold Messner ne furono necessari sedici.

 

Solo nel 1985 ne scalò tre: Dhaulagiri e Cho Oyu e Nanga Parbat. Raggiunse molte vette attraverso itinerari ancora vergini, altre (quattro) durante la stagione invernale. 

A fermare la sua ricerca verticale fu una vecchia corda: lo tradì, spezzandosi, mentre stava disegnando una nuova linea sul Lhotse, il suo primo ottomila. 

 

Kukuczka è ritenuto uno degli alpinisti più forti di sempre, ma il talento, in quel periodo, non era garanzia di sponsorizzazioni e finanziamenti. La Polonia degli anni Settanta/Ottanta non navigava certo in acque tranquille dal punto di vista economico. E così gli alpinisti si dovevano reinventare in “scalatori di città”: al fine di racimolare la somma necessaria per organizzare una spedizione, scalavano le ciminiere delle fabbriche e le dipingevano. 

Organizzando le spedizioni "capitava di perdere due giorni solo per poter trovare qualcosa a dieci rupie in meno", spiegherà più avanti lo stesso Kukuczka nel libro Il mio mondo verticale

 

Era un alpinismo povero, ma affamato di sogni e disposto a rinunce e sacrifici pur di realizzarli. 

Era l’alpinismo di chi voleva svincolarsi dalle maglie troppo strette della società, per salire sul tetto del mondo e ammirare orizzonti privi di frenesia e caligine. 

Era un alpinismo umile. 

Era un alpinismo libero.

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