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Cultura | 11 maggio | 18:00

Quando (negli anni '50) si decise di rinunciare alla pista da bob: pochi atleti e costi troppo alti. Storia delle Olimpiadi invernali di Squaw Valley

Quando nel 1955 il Comitato Olimpico Internazionale assegnò le ottave Olimpiadi invernali alla californiana Squaw Valley, nella futura area olimpica esisteva solamente un hotel. In cinque anni, però, gli assetti territoriali della valle mutarono in modo radicale per permettere ai Giochi di svolgersi regolarmente. Eppure, perfino allora, riuscirono a evitare un investimento inopportuno. Considerato che solo nove nazioni avrebbero partecipato alle gare di bob, il Comitato Organizzatore scelse di non costruire la pista, pur consapevole che la decisione avrebbe sollevato non pochi malumori

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Osservare il passato può aiutare a muoversi nel presente con maggiore consapevolezza, e proprio dal passato giunge fino a noi la storia di una rinuncia olimpica che merita di essere raccontata.

 

Quando nel 1955 il Comitato Olimpico Internazionale assegnò le ottave Olimpiadi invernali alla californiana Squaw Valley, nella futura area olimpica esisteva solamente un hotel. In cinque anni, però, gli assetti territoriali della valle mutarono in modo radicale per permettere ai Giochi di svolgersi regolarmente.

 

Erano anni in cui iniziava a prosperare la fiducia nel progresso e nel benessere, nelle strutture e nelle infrastrutture. Anni in cui doveva ancora nascere una coscienza ambientalista capace di frenare la profonda trasformazione di un territorio.

 

Eppure, perfino allora, riuscirono a evitare un investimento inopportuno. Considerato che solo nove nazioni avrebbero partecipato alle gare di bob, il Comitato Organizzatore scelse di non costruire la pista, pur consapevole che la decisione avrebbe sollevato non pochi malumori. Pertanto il bob fu il grande assente del programma olimpico di quell'edizione. In compenso entrano nel programma il biathlon, con la gara individuale di 20 km, e il pattinaggio di velocità femminile con quattro gare.

 

A più di sessant'anni di distanza questa storia torna a bussare alle nostre porte, solo che oggi, l’investimento inopportuno è stato fatto. Sì perché in occasione dei Giochi olimpici invernali MilanoCortina2026, com'è ormai cosa nota, è in fase di realizzazione una pista di bob che, secondo le stime, potrebbe ben oltre 100 milioni di euro.

 

Anche in questo caso la strada della rinuncia sembrava la più equilibrata, considerato l'esiguo numero di praticanti e gli elevati costi di gestione annua dell’impianto (più di un milione l’anno). Tuttavia si sarebbe trattata di una rinuncia meno drastica, meno radicale. Non si chiedeva infatti di escludere la disciplina dalla prossima edizione, ma di trasferirla un po' più in là, oltre il confine, per servirsi di una struttura già funzionante.

 

E di strutture pronte a ospitare le gare ce n’erano ben due: a Innsbruck, e quindi a pochi chilometri da Cortina, e a Sankt Moritz, a breve distanza da Milano. La scelta di trasferire le gare all’estero non avrebbe incontrato l'opposizione Comitato Olimpico Internazionale. Anzi.

 

Ma la storia è ormai nota: la pista verrà realizzata a Cortina, nonostante l’ombra lunga e minacciosa dell’impianto di Cesana Pariol, realizzato in occasione delle Olimpiadi di Torino 2006 e abbandonato a pochi anni dall’inaugurazione dopo essere costato 110 milioni di euro.

 

Perché a Cortina le cose dovrebbero andare diversamente? Si chiedono comprensibilmente molti ampezzani e molti cittadini. Una domanda legittima, a cui non è semplice dare risposta, anche perché prima bisogna auspicare che i lavori vengano portati a termine entro i tempi, quanto mai ristretti: “Abbiamo statistiche che dimostrano che mai prima d'ora una pista è stata costruita in così poco tempo”, ha dichiarato pochi giorni fa Christophe Dubi, direttore esecutivo delle Olimpiadi (articolo qui).

 

L’epilogo di questa malinconica vicenda è ancora di difficile lettura: troppe le variabili in campo in questa fase evolutiva, in cui si susseguono continue e rapide trasformazioni. È tuttavia indiscutibile che uno sguardo al passato avrebbe potuto rendere Cortina non solo una “perla” paesaggistica, ma anche un esemplare modello socio-culturale. 

 

Per chi fosse interessato ad approfondire la vicenda della pista da bob di Cortina è di recente uscito il libro Scivolone Olimpico, acquistabile qui

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