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Cultura | 09 aprile | 18:00

Può capitare di confondere l'albero della morte, il tasso, con quello della vita, l'abete bianco. Un errore che invita a riflettere sui simboli del bosco

Gli alberi, da millenni, vengono investiti da noi esseri umani di numerose simbologie, leggende, tradizioni e significati. Durante una passeggiata può capitare di confondere l'albero della morte, il tasso, con l'albero della vita, l'abete bianco. Un errore che può trasformarsi in uno spunto per riflettere

Camminavo, alcuni giorni fa, in un bosco della bassa Val Degano, in Carnia. Un bosco come tanti, formato da faggi, gruppi di abeti, ma anche da querce e carpini. Un bosco di mezzo, né d’alta montagna né di collina.

 

Il cielo già chiamava pioggia: una pioggia fitta, che nei giorni successivi mi avrebbe costretto a rinchiudermi tra le mura di casa. Lo sapevo, così passeggiavo più che altro per fare movimento, un po’ di sport prima dell’annunciato maltempo. Mi muovevo veloce, ansimando a testa bassa, senza osservare con cura, come faccio normalmente, gli alberi che avevo tutt’attorno. E così, procedendo rapido e sbadato in quel bosco umido e nebbioso, ho dato ben poco peso alle diverse piante sempreverdi che spiccavano in gran numero al di sotto della faggeta ancora priva di foglie.

 

“Forma conica, aghi scuri e piatti disposti a pettine: abete bianco! O meglio, Dàne, come si dice da queste parti…”

 

Così ho pensato distrattamente, cercando di accelerare il passo per evitare la pioggia in arrivo. Poi però, ad un bivio del sentiero, mi sono trovato una di quelle piante sempreverdi proprio di fronte agli occhi.

 

“Corteccia rossiccia e perlopiù liscia, con alcuni lembi che si squamano… diamine! Ma questo non è abete bianco!”

 

No, non poteva essere abete bianco. Allora ho osservato meglio i rametti, le foglie e ho presto capito: “Tasso! Taxus baccata!”

 


Tasso in Carnia (Friuli Venezia Giulia)

 

“Ho confuso l’abete bianco con il tasso: roba da riconsegnare immediatamente la laurea in Scienze forestali!”, ho pensato in evidente imbarazzo con me stesso. “Ma soprattutto”, ho meditato poi, riprendendo il cammino con sguardo attento, “ho scambiato l’albero della morte con quello della vita… che sia un segnale?”

 

Gli alberi, da millenni, vengono investiti da noi esseri umani di numerose simbologie, leggende, tradizioni e significati.

 

L’abete bianco è considerato fin dall’antichità “l’albero della nascita”. Nell’antico Egitto e nell’antica Grecia era considerato un simbolo di natività. Per i Celti era associato alla prima lettera dell’alfabeto arboreo e rappresentava la venuta al mondo del Fanciullo divino, il giorno successivo al solstizio d’inverno. Per festeggiare l’evento, un abete della foresta veniva addobbato: dai Paesi scandinavi e germanici, nel corso del tempo, questa antica usanza è entrata poi nelle culture latine, contaminandosi e trasformandosi nell’attuale tradizione dell’albero di Natale.

“Quando gli uomini vivevano con la natura”, racconta Mario Rigoni Stern in Arboreto salvatico, “nel tempo dell’anno che il Sole ritornava a salire nel cielo, sentivano di dover festeggiare il grande avvenimento adornando un abete nella foresta e, nella radura luminosa, con danze e canti si rallegravano il cuore”.

 


Tasso nella Foresta Umbra (Gargano)

 

Il tasso, invece, è considerato l’albero che apre le porte agli inferi. “C’è un sentiero in declivio che fra le tenebre di tassi funerei conduce agli Inferi in un silenzio di tomba”: così scriveva Ovidio nelle Metamorfosi, circa duemila anni fa.

La fama sinistra del tasso deriva probabilmente dalla sua tossicità: ad eccezione del frutto, esso contiene molecole velenose, in grado di uccidere, in ogni altra sua parte: nel legno, nella corteccia, nella linfa, nelle foglie. Sono numerosi i rimandi letterari dedicati alla simbologia legata a questa specie e l’utilizzo del suo legno, elastico e resistente, è da sempre associato alle armi: archi in particolare, e frecce, la cui punta veniva bagnata anche del potente veleno derivante da questo albero. Anche l’arco di Ötzi, “l’uomo del Similaun”, era fatto di legno di tasso.

Ma il tasso è anche una delle specie più longeve della flora europea, può vivere infatti diversi millenni grazie alla sua capacità di rigenerarsi di continuo. Albero funereo, quindi, ma dalla vita lunghissima e caratterizzato altresì dalla continua capacità di rinascere.

 


Tasso nella Riserva Integrale di Sasso Fratino (Foreste Casentinesi)

 

“Abete bianco e tasso, allora, hanno davvero qualcosa in comune, sono in realtà vicinissimi tra loro, quindi… confonderli non è stato poi così grave”, ho pensato facendomi tornare alla mente tutte queste reminiscenze, “perché se la vita è davvero un cerchio, questi due alberi, così simili e diversissimi, non sono altro che i pilastri, affiancati, che indicano quel luogo misterioso e ignoto dove tutto finisce e immediatamente rincomincia, senza sosta, ogni giorno”.

 

Tra quei tassi (mai ne avevo visti così tanti in così poco spazio) mi è venuto da ripensare ad altri esemplari di questa specie, normalmente assai sporadica, incontrati e fotografati anni prima, in due foreste tra le più belle d’Italia: la Riserva Integrale di Sasso Fratino, nelle Foreste Casentinesi, e la Foresta Umbra, sul Gargano. Alberi pluricentenari, contorti, inquietanti per l’aura sinistra che li avvolge da sempre, ma anche estremamente affascinanti, misteriosi, magici.

 


Tasso nella Riserva Integrale di Sasso Fratino (Foreste Casentinesi)

 

“Il bosco, per tutti noi, è davvero tante cose assieme”, mi sono ripetuto per l’ennesima volta, rincamminandomi sotto le prime gocce di pioggia e lasciandomi alle spalle quel curioso gruppo di alberi. “Tra tutte queste cose, materiali e immateriali, di cui non possiamo fare a meno, ci sono anche leggende, miti, tradizioni e simbologie che ci accompagnano e ci influenzano dalla notte dei tempi”.

 

Esseri umani e alberi, fianco a fianco.

Tra la vita e la morte, tra la notte e il giorno, tra solstizi ed equinozi... senza sosta, da sempre.

 


Tasso nella Foresta Umbra (Gargano)

l'autore
Luigi Torreggiani

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato per CdF “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini. Per People ha pubblicato “Sottocorteccia. Un viaggio tra i boschi che cambiano”, scritto a quattro mani con Pietro Lacasella. 

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