Tra Heidi e Sofia Goggia: un incontro serio (e semi-serio) sul presente e sul futuro delle Terre alte
Martedì è stato presentato il programma della settantaduesima edizione del Trento Film Festival, a cui L'AltraMontagna parteciperà con la rubrica quotidiana "Un'Ora per Acclimatarsi" e curando l'evento "Tra Heidi e Sofia Goggia", un incontro serio (e semi-serio) sul presente e sul futuro delle Terre alte

di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Con la nascita, gli sviluppi e la propagazione dell’economia turistica tra i rilievi alpini, la promozione mediatica di questi territori ha iniziato a muoversi su due binari paralleli.
Il primo lo chiameremo binario modernista, lungo il quale, rapidissima, scorre una visione tesa al progresso: è figlio degli anni Sessanta, del Boom Economico, anche se, a ben guardare, la spinta iniziale deriva dall’efficientismo tayloriano, dall’impeto futurista e dalla boria del Ventennio.
Con gli anni, tra i rilievi ha preso forma un immaginario alloctono, importato dalla pianura, capace di trasferire i valori e le abitudini della città a quote più elevate. Questo modo di strutturare l’offerta turistica è spesso andato a inserirsi nel territorio senza prendere in considerazione le precedenti realtà sociali ed economiche. Una montagna pensata quindi per soddisfare le brame ricreative dei villeggianti. Sono così sorte, ex novo, località turistiche quali ad esempio Sestriere o Breuil/Cervinia (guarda caso nate negli anni Trenta), dove la modernità urbana ha trovato concretezza tra valli e vette.
I territori considerati inadatti a tale funzione sono stati invece abbandonati a se stessi e ai loro abitanti. Si è di conseguenza sviluppata una dinamica bifronte dove, come riporta Mauro Varotto in Montagne del Novecento, concorrono “pieni e vuoti, urbanizzazione e spopolamento”.
Come tutte le monoculture, anche quella turistica riduce la complessità: in questo caso soprattutto quella sociale. Quello modernista è infatti un binario percorribile in maniera pressoché identica in contesti tra loro lontanissimi, sia dal punto di vista spaziale che culturale. Resort, impianti sciistici, centri benessere e molti altri elementi infrastrutturali si prestano come spazi esclusivamente finalizzati all’utilizzo. Motivo per cui, in questi luoghi/non-luoghi (per riprendere la celebre espressione formulata dall’antropologo francese Marc Augé), rischia di non instaurarsi nessun rapporto relazionale tra individuo e spazio, tra spazio e territorio e nemmeno tra chi ospita e chi viene ospitato. Una dinamica espressa con efficacia dalle parole di Davide Papotti nel libro L’altro e l’altrove: “In una sorta di afflato futurista, la città si spostava in montagna, soverchiandola, spazzando via la polvere della tradizione con il vento della modernità. La montagna interessava quale parco giochi, i montanari non suscitavano più di tanto l’interesse dei cittadini, e così la loro cultura, che appariva sempre più come residuale e in via di estinzione”.
Tuttavia, dagli anni Ottanta del Novecento, l’interesse per la compagine sociale si è ritagliato uno spazio importante all’interno dell’offerta turistica legata alla montagna. È proprio in questi anni che sorge la seconda rotaia: il binario folcloristico. La società, satura della frenesia e degli effetti collaterali della vita urbana, inizia a scorgere nei paesaggi alpini non solo una via di fuga, ma anche un luogo in cui saziare quella nostalgia cronica di un passato che non c’è più, perduto per sempre assieme alle sue tradizioni e al suo legame con l’ambiente. Questo perché si tende sempre a immaginare le culture diverse dalla propria come realtà astoriche, prive trasformazioni. Oggi, con propaganda turistica, si vende l’illusione di trovare in montagna le tradizioni perdute, come se quei luoghi non conoscessero mutamenti.
Quella a cui spesso si trova di fronte il turista è dunque un’autenticità rappresentata, ovvero una messa in scena folcloristica di abitudini scomparse o, addirittura, mai esistite. Fiere, festival, sagre: ogni occasione è buona per trasformarsi in stereotipo di se stessi e appagare le aspettative del villeggiante.
Due binari dunque: l’arcadica del felice mondo alpestre (Heidi) o lo spazio delle vacanze sugli sci e delle prodezze sportive (Sofia Goggia). Eppure, guardandosi intorno, si troverebbe un’altra montagna, un terzo binario, dove viaggia chi ancora in montagna vive e prova a svincolarsi da questo tipo di egemonia turistica.
Heidi e Sofia Goggia ovviamente non hanno colpe. Chi è invece continua a essere colpevole siamo noi, che dietro un cartone animato o a una sciatrice continuiamo a scorgere un immaginario definito, statico, confezionato su misura per attrarre nuovi turisti.
Per dare maggiore risalto al terzo binario, il comitato scientifico de L’AltraMontagna ha organizzato, nell’ambito del Trento Film Festival, un incontro serio (e semi-serio) sul presente e sul futuro delle Terre alte, intitolato Tra Heidi e Sofia Goggia.
L’evento avrà luogo domenica 5 maggio, alle 11:00, nella Sala Conferenze di Palazzo Benvenuti (Trento).