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Cultura | 05 settembre | 12:00

Solo una semplice somiglianza? Le montagne sullo sfondo del più celebre dipinto di Friedrich ricordano la Tofana di Rozes e le Cinque Torri

Questa notevole somiglianza ci permette di approfondire il ruolo chiave del romanticismo negli sviluppi sociali della montagna contemporanea e di ricordare uno dei suoi massimi esponenti, Caspar David Friedrich, di cui oggi ricorre il 250esimo compleanno

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Per spiegare l’influenza della cultura sull’apparato sensoriale, l’antropologo Claude Lévi-Strauss faceva notare come “è buono da mangiare ciò che è buono da pensare”. In effetti, ogni declinazione culturale è portata a scartare diversi cibi, magari anche ricchi di sostanze nutritive, solo perché esterni a una consuetudine alimentare.

 

Le stesse considerazioni, naturalmente, si possono applicare anche agli altri sensi. Le Alpi, ad esempio, un tempo non erano “belle da pensare” e quindi nemmeno “buone da guardare” e da visitare. Erano sostanzialmente considerate una regione scomoda e inutile; una barriera geografica. 

 

Per fortuna, la cultura è materia viva che non si ripete inalterata nel tempo. Così, l’opinione sulle Alpi iniziò gradualmente a trasformarsi. Ad accendere la miccia fu prima la razionalità illuminista e poi il pensiero romantico. Scoperta scientifica da un lato e desiderio di tendere verso spazi illimitati, immensi e assoluti dall’altro, contribuirono a rendere appetibili le montagne. 

 

Perciò, anche se nuovi approdi culturali le hanno rese due correnti del pensiero in parte superate, è inevitabile attribuire all’illuminismo e al romanticismo un ruolo chiave negli sviluppi sociali della montagna contemporanea: gli attuali scenari turistici, infatti, posano probabilmente le radici in questo particolare frangente storico.

 

Il celebre dipinto “Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich (nato il 5 settembre di duecentocinquant'anni fa) è una delle opere più rappresentative del movimento romantico. Da esso emerge la struggente consapevolezza che l’uomo, vivendo in un mondo dalle risorse limitate, non riuscirà mai a godere di beni e piaceri infiniti e illimitati. Può solo sognarli, osservandoli da lontano come il nostro viandante, perché superare i limiti è un’operazione rischiosa per l’ambiente e per le società che lo abitano. Un concetto forse dimenticato dal vivere contemporaneo.

 

Qualche tempo fa l’occhio attento di un amico mi ha fatto notare l’incredibile somiglianza tra lo sfondo del quadro e gli orizzonti ampezzani: le montagne ricordano la Tofana di Rozes e le Cinque Torri. 

Tuttavia, Friedrich - a differenza dell’altro grande romantico della pittura W. Turner - non ha mai viaggiato in Italia e i testi critici attribuiscono l’ambientazione del dipinto alle catene montuose della Boemia.

 

Che sia una semplice somiglianza è la più probabile delle ipotesi, ma in questo momento piace immaginare che il pittore tedesco, forse in maniera indiretta, abbia tratto spunto dalle Dolomiti per realizzare la sua opera più famosa.

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