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Cultura | 06 febbraio | 06:00

“La montagna non vuole vivere più di estreme passioni”: ha bisogno di professionalità, efficienza e organizzazione

Alta formazione o formazione alta? I montanari per scelta oggi hanno bisogno di nuovi percorsi educativi e formativi dedicati ai loro contesti che li possano aiutare a realizzare quel cambiamento di paradigma tanto annunciato, verso un futuro sostenibile di benessere comunitario. In modo professionale

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Gérard Dèque, sindaco della piccola stazione sciistica di Metabief, nel Giura francese, si è affidato a un ingegnere ambientale, Olivier Erard, che lo supporta nella transizione imposta dal cambiamento climatico da ski resort a stazione turistica polivalente. L’azienda agricola biologica Achillea di Paesana, nelle valli cuneesi, è ricorsa all’esperienza di Enrica Alberti, laureata alla Statale di Milano in scienze e tecniche alimentari con dottorato all’estero, che ha lasciato la città per trasferirsi in montagna ad Ostana, in Valle Po. Paolo Caraccio, educatore professionale della cooperativa Proposta 80, risale quotidianamente le valli alpine intorno al Monviso a lavorare su progetti di comunità con i ragazzi per contrastare l’abbandono e far emergere le loro capabilities in un’ottica metromontana.

 

Sono solo alcuni esempi delle nuove professioni emergenti di cui la montagna alla ricerca di strade capaci di futuro, oggi, ha forte bisogno. Una montagna in trasformazione, dalle Alpi agli Appennini, che vede una ritrovata attrattività confermata dalla “risalita a salmone” di nuovi montanari, che si uniscono ai restanti locali per costruire comunità operanti e aprire laboratori di innovazione: luoghi di smart working, produzione e gestione comunitaria di energie da fonti rinnovabili, valorizzazione “del vecchio” con la tecnologia e la gestione “del nuovo”, valorizzazione e monetarizzazione dei servizi ecosistemici. Una montagna che richiede sempre di più competenze pluridisciplinari per rispondere a esigenze territoriali specifiche, perché, come dice l’amico Alberto Di Gioia nel suo articolo di apertura sull’ultimo numero della rivista Dislivelli.eu, dedicato proprio all’educazione e formazione in montagna, “la montagna della complessità, quella dove è possibile il cambiamento, non vuole vivere più di estreme passioni”. Ma ha bisogno, aggiungo io, di professionalità, efficienza e organizzazione. E per questo le competenze “di riflesso” della città non bastano più, sono anch’esse importanti, certamente, ma da sole ormai largamente insufficienti. I montanari per scelta oggi hanno bisogno di nuovi percorsi educativi e formativi dedicati ai loro contesti che li possano aiutare a realizzare quel cambiamento di paradigma tanto annunciato, verso un futuro sostenibile di benessere comunitario. In modo professionale.

 

Fortunatamente nel panorama nazionale qualcosa si muove per raccogliere la sfida, e già nel 2017, ad esempio, l’Accademia della Montagna del Trentino è entrata a far parte di Tsm-Trentino School of Management, istituto di formazione della Provincia autonoma di Trento, rafforzandone il compito educativo per la promozione di una cultura diffusa della montagna. Tsm|adm, questo il nuovo acronimo, parte dal presupposto che in un territorio come il Trentino, interamente montuoso e che ha nel turismo una fondamentale risorsa, sono particolarmente strategici gli investimenti in crescita culturale, conoscenza e competenze, perché permettono alla montagna di diventare innanzitutto uno “spazio di vita”, nel quale con i dovuti strumenti può interagire chi vive e lavora con chi fa semplicemente visita al territorio. Oggi in Trentino c’è quanto mai bisogno di avere professionisti preparati in grado di valorizzare la sua montanità e i suoi aspetti distintivi dal punto di vista ambientale e culturale, mantenendolo un territorio attraente per chi ci vive e attrattivo per chi lo frequenta occasionalmente.

 

Poi c’è la Scuola Nazionale di Pastorizia, nata nel 2021 per ridare prospettive ad un settore agricolo ed economico fondamentale per gli equilibri ambientali e sociali delle aree montane, attraverso l’adeguata “narrazione” della figura del pastore, non più visto come un sopravvissuto del “secolo breve” ma quasi come un eroe, una figura in grado di valorizzare la funzione e l’operato dell’allevamento di montagna sia da un punto vista culturale, che sociale che economico.

 

Nel 2022 ha poi aperto i battenti la piccola e arrembante Scuola di Montagna, un percorso formativo nato nelle Alpi e successivamente emigrato anche in Appennino, che si prepara a varare la sua quarta edizione: una tre giorni di dibattiti e incontri incentrati sulla condivisione di idee, pratiche e nozioni tra i partecipanti e gli attori locali, compresi i titolari di casi di successo imprenditoriale d’alta quota. Le residenze sono gratuite e aperta a tutti i 20 “aspiranti montanari” che avranno la fortuna di essere selezionati, previa partecipazione al bando pubblico dedicato che di anno in anno viene prorogato.

 

A febbraio 2024 prenderà avvio la prima edizione del master di primo livello in “Innovazione dei sistemi agrosilvopastorali della montagna. Imprese e territori”, organizzato dal Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine. Ancora una volta un’iniziativa a supporto di un settore fondamentale per la montagna, che verrà suddivisa in cinque i moduli didattici: ecosistemi montani, filiere produttive, imprese e network, territorio e governance, progettazione e comunicazione. A riprova del fatto che l’allevatore di montagna, oggi, deve essere in possesso di una preparazione multidisciplinare che gli permetta di gestire la sua impresa a 360 gradi, dall’allevamento alla trasformazione, dalla promozione alla formazione permanente. Il master è articolato in attività didattiche e di tirocinio, con lezioni, in presenza e online, visite di studio e una settimana residenziale di fine corso.

 

E infine la formazione dei formatori, come nel caso del centro ecumenico Àgape, a Ghigo di Prali, in alta Val Germanasca, dove a partire dal 2011 il corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università di Torino progetta laboratori residenziali di Geografia. Dieci anni di laboratori universitari, interrotti solo dalla forzata pausa pandemica, che hanno contribuito a creare comunità di formatori attente alle caratteristiche locali, con l'intento di progettare, mettere in pratica e sperimentare, da su, nuovi processi educativi per i futuri insegnanti maggiormente attenti alle esigenze delle terre alte.

 

(Fotografia in copertina di Mario Alesina)

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