Il "respiro dei nostri avi" racchiuso dentro un bancone d'osteria. Una storia di legno locale, attraverso i secoli
Talvolta le storie più belle sono lì, davanti agli occhi. Appaiono quando meno te l'aspetti se hai la curiosità e il coraggio di fare qualche domanda. Bevendo un aperitivo alla storica osteria "Ju Boss" de L'Aquila, appoggiati ad un bel bancone, è nata questa conversazione, che ci ha fatto riflettere sul valore del legno, materia prima rinnovabile, riciclabile e strettamente legata ai territori montani, appenninici in questo caso

"Bellissimo questo bancone, chissà di che legno sarà!"
"Olmo!", ha risposto l'oste immediatamente, accennando un sorriso.
"Olmo?! Davvero?"
"Sì, era il trave del tetto di una chiesa sconsacrata calabrese, del tredicesimo-quattordicesimo secolo, che abbiamo recuperato alla fine degli anni ’70 dopo la sua ristrutturazione e che poi abbiamo trasformato nel bancone del locale".
Franco, dell’osteria “Ju Boss” de L’Aquila, è una vera istituzione. Come tanti ha chiuso bottega nell’aprile del 2009, a seguito del terremoto che ha messo in ginocchio la città. Ma l’osteria è stata una delle prime attività a riaprire in centro storico. In una città-cantiere ancora deserta, piena di tristezza e macerie, qui era possibile ritrovarsi a discutere, festeggiare e cantare attorno al grande bancone di olmo, con in mano una “coppetta” di vino buono, che sa dare sollievo. Una luce di speranza che ha guidato la ricostruzione, resistendo alla gentrificazione, mantenendo quell’aspetto ruspante e genuino che sa di casa, di paese, di comunità. Nel 2016 l’osteria Ju Boss è stata chiusa nuovamente, per adeguamenti sismici, ma la riapertura del locale storico, nel 2021, è stata una grande festa. Il bancone di olmo è tornato ad ospitare mani, gomiti e coppette, tra uova sode, noccioline, taralli, discussioni accese e risate sguaiate.

Mentre Franco mesceva nei nostri calici un buon bianco abruzzese ho pensato che sotto quei bicchieri, tra le fibre dell'olmo cresciuto in Appennino e qui lavorato e trasformato più volte da mani esperte, era intrappolato il respiro di uomini e donne che hanno vissuto secoli e secoli prima di noi. Carbonio immobilizzato da allora, da quando un albero è stato scelto per essere trasformato in manufatto.
Una storia di legno che attraversa i decenni e le comunità della dorsale montuosa d’Italia. Una lunghissima storia di legno locale che è arrivata fin qui, resistendo al tempo e alle scosse.
Quale altra materia prima può vantare questo miracolo? Non solo lo stoccaggio di carbonio, ma anche l'essere rinnovabile e riciclabile assieme? Quale altra materia prima è così connessa alle nostre montagne? Alla storia e alla cultura di queste valli e dei loro abitanti? Quale altra materia prima potrebbe rappresentare, anche in futuro, un nodo nevralgico per un’economia locale e sostenibile in questi territori?
Franco ci ha sorriso, ritappando la bottiglia e aggiustandosi la coppola, mentre noi abbiamo brindato alle storie di legno locale con queste domande in testa e lo splendido bancone d'olmo riciclato davanti agli occhi. Meraviglioso nelle sue venature che parlano di storia e di futuro.

Le foto di Franco sono di Annalisa Spalazzi. Grazie a lei per le immagini, le informazioni sulla storia dell'osteria e per questo aperitivo a tema legno condiviso anche con Andrea Barzagli

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato per CdF “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini. Per People ha pubblicato “Sottocorteccia. Un viaggio tra i boschi che cambiano”, scritto a quattro mani con Pietro Lacasella.