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Cultura | 27 agosto | 06:00

Gli adesivi che coprono la segnaletica dei passi o le croci di vetta riflettono diverse declinazioni umane. Le montagne possono essere "di tutti"?

(L'editoriale) “Le montagne non sono di tutti, ma soltanto di chi le rispetta”. Un principio a cui dovremmo aggrapparci per diventare dei residenti/turisti più consapevoli; un principio che non dovrebbe rimanere aggrappato alle guglie, ma scendere in valli e pianure che non di rado hanno perso la capacità di dialogare in modo armonico con il territorio

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Agosto scivola rapido tra le montagne, insieme a migliaia di entusiasti. Per molti rappresenta l’unica finestra per vivere le alte quote in modo continuativo; altri invece lo considerano un mese schizofrenico, capace tuttavia di rimpinguare i portafogli grazie agli introiti derivati dal turismo.

 

I passi si popolano raccogliendo numerose declinazioni umane. Per accorgersene è sufficiente osservare gli adesivi che sommergono la segnaletica stradale o le croci di vetta: si passa dai club alpini a quelli automobilistici/motociclistici; dal sodalizio di escursionisti alla squadra ciclistica amatoriale; dagli amanti della “van life” ai camperisti.

 

Mondi diversi, spesso in forte contrasto, si trovano schiacciati negli spazi esigui offerti dalla verticalità montane. Così l’escursionista, desideroso di allontanarsi dai ruggiti urbani, si trova a fare i conti con le marmitte delle moto che si rincorrono tra i tornanti; il ciclista, desideroso di ripetere le salite più suggestive del Giro d’Italia, deve zigzagare tra le macchine in fila per prendere quota; l’alpinista, probabilmente salito in macchina, guarda con orrore la costruzione dell’ennesima vetta violata da un impianto di risalita; le infrequenti persone che ancora riescono a vivere in montagna senza dipendere dal turismo, o ingollano il rospo e attendono la fine del mese, oppure scappano in spiagge ancor più affollate. Chi invece mangia grazie al turismo si prepara a vivere un mese frenetico, nella speranza di appagare l’idea stereotipata di “tradizione alpina” che ha attecchito in pianura. 

 

Spesso si parla di coesistenza tra esseri umani e fauna selvatica. Un obiettivo importante, verso cui è necessario tendere. Per rattoppare il tessuto socio-ambientale dei territori montani bisogna tuttavia iniziare a parlare anche di coesistenza tra le diverse realtà umane che in estate si incontrano/scontrano nei solchi vallivi. Ognuna di queste realtà porta in quota interessi che si rispecchiano in un ampio ventaglio di interpretazioni del mondo e, nel nostro caso, dei rilievi.

 

“Le montagne sono di tutti” direbbero in molti. Avrebbero anche ragione, se non fosse per il fatto che questa formula viene spesso utilizzata per giustificare iniziative dannose per l’ambiente e, soprattutto, di carattere strettamente elitario. 

È forse arrivato il momento – come già a suo tempo fece Mario Rigoni Stern dicendo che “il bosco è sì un bene di tutti, ma non è da tutti” – di rivisitare la formula:

 

“Le montagne non sono di tutti, ma soltanto di chi le rispetta”. 

 

Un principio a cui dovremmo aggrapparci per diventare dei residenti/turisti più consapevoli; un principio che non dovrebbe rimanere aggrappato alle guglie, ma scendere in valli e pianure che non di rado hanno perso la capacità di dialogare in modo armonico con il territorio.

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