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Attualità | 27 marzo | 12:00

Sciare a tutti i costi dove non nevica più. Monte San Primo: breve storia di un “assalto alle Alpi” tra i più assurdi e emblematici delle montagne italiane

Sul Monte San Primo, in centro al Lago di Como, gli enti locali vorrebbero ripristinare l’attività sciistica, chiusa da tempo per assenza di condizioni ambientali e sostenibilità economica, a poco più di 1000 metri di quota e spendendo milioni di soldi pubblici. Un progetto messo alla berlina dalla stampa su scala internazionale ma che i soggetti promotori vorrebbero realizzare a tutti i costi

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Sono passati all’incirca due anni da quando, su alcuni organi di informazione locali, comparve la notizia di un progetto con il quale si prospettava il ritorno dello sci sul Monte San Primo, nel Triangolo Lariano in comune di Bellagio, provincia di Como. Nuovi impianti di risalita, innevamento programmato, nuove strade e parcheggi nonché l’ipotesi di una nuova seggiovia, il tutto finanziato con 5 milioni di Euro di soldi pubblici. A 1100 metri di quota, in una località che, stante le caratteristiche geografiche e la realtà climatica in divenire, non può più garantire le condizioni atte alla permanenza della neve al suolo (sul San Primo, la cui quota massima è 1682 metri, non nevica più seriamente da anni ormai) e peraltro ha conosciuto in passato diverse traversie nella gestione degli impianti sciistici, aperti, chiusi e riaperti più volte fino alla chiusura definitiva nel 2013.


Uno dei primi articoli usciti sulla stampa locale nel 2022 che annunciava il progetto sul Monte San Primo

Posta la vicinanza della data del 1° di aprile, non pochi alla lettura di quelle notizie che davano conto di un progetto così assurdo – la cui denominazione ufficiale è “OltreLario: Triangolo Lariano meta dell’outdoor” - pensarono a uno scherzo, anche piuttosto ben fatto e divertente per come vi fossero citati enti e amministratori locali aventi effettivamente competenza sul Monte. Invece, malgrado l’assurdità palese, non si trattava di uno scherzo: era - ed è - tutto vero.

 

La mobilitazione della società civile contro un progetto così avulso dalla realtà del territorio in questione e dalle sue effettive potenzialità riguardo una frequentazione turistica dolce e sostenibile, è stata immediata e imponente, radunando tanto associazioni di varia specie, non solo di tutela ambientale e non soltanto locali, ma anche soggetti privati e singoli cittadini, che ben presto si sono riuniti in un collettivo a difesa del monte, il Coordinamento “Salviamo il Monte San Primo”. Al contempo è cominciata l’attività di denuncia e di sensibilizzazione sulla questione, incessante e sempre più partecipata, con appelli, comunicati stampa, una raccolta firme di tipo tradizionale, dunque in forma cartacea e non come petizione online, allo scopo di radicare l'iniziativa sul territorio e di farne una manifestazione autentica e consapevole di protesta e diniego nei confronti del progetto, manifestazioni sul monte e incontri pubblici (il più recente ha avuto come ospite Marco Albino Ferrari), la realizzazione del sito web https://bellagiosanprimo.com/ che testimonia tali attività e l’impegno condiviso da tutte le associazioni, ben trentacinque, che oggi fanno parte del Coordinamento, nonché la frequente sottoposizione agli enti pubblici che sostengono il progetto – in primis il Comune di Bellagio e la Comunità Montana del Triangolo Lariano, spalleggiati da Regione Lombardia - della richiesta di un confronto su quanto proposto, di un incontro, un dibattito che innanzi tutto rendesse noti alla comunità locale in maniera chiara e non solo approssimativa tutti gli interventi proposti nel progetto, oltre che, per quanto necessario, una discussione sulla qualità degli stessi e sulle conseguenze, positive e negative, sul territorio e i suoi abitanti. Confronto sempre ostinatamente negato dalle suddette istituzioni, da allora e fino a oggi.

 

Viceversa, la stampa nazionale e internazionale non poteva restare insensibile alla sconcertante assurdità del progetto previsto sul Monte San Primo: decine e decine di articoli giornalistici e radiotelevisivi, tutti documentati nel sito del Coordinamento, hanno reso il “caso San Primo” uno dei più significativi e emblematici di quell’assalto alle Alpi, per citare il noto libro di Marco Albino Ferrari, da più parti e in numerose località perpetrato ma che nel caso del territorio lariano assume inevitabilmente caratteri parossistici. Diversi di quegli articoli hanno utilizzato il termine “follia”: come d’altronde definire un progetto che pensa di riportare lo sci a poco più di 1000 metri di quota, dove non nevica più e se pur nevicasse non ci sono le temperature adatte a mantenere la neve al suolo oppure per produrla artificialmente? Inoltre: il Monte San Primo è una delle zone carsiche più famose d’Italia, con complessi ipogei tra i più vasti del sud Europa: dove si penserebbe di prendere l’acqua necessaria ad alimentare i cannoni sparaneve? D’altro canto “folle” è anche non vedere e comprendere le innumerevoli potenzialità del San Primo dal punto di vista ecoturistico: un monte a un’ora d’auto da Milano e ancora meno dal suo iper antropizzato hinterland settentrionale, dotato di una bellezza paesaggistica unica che diventa manifesta in alcuni dei panorami che offre, celeberrimi in tutto il mondo, di una rete sentieristica di pregevole valore seppur a volte carente di manutenzione, di angoli che paiono fatti apposta per svilupparvi attività di educazione ambientale e didattiche sulla realtà montana e prealpina nonché di un vastissimo pubblico che ama e frequenta il Monte San Primo proprio per tutte queste sue peculiarità, e che il ritorno a una infrastrutturazione sciistica probabilmente allontanerebbe, stante la banalizzazione del luogo imposta da quel modello di frequentazione turistica. Senza contare, in caso di realizzazione delle opere del progetto, il notevole danno ambientale inferto al territorio, nel quale ancora si possono ritrovare i resti ridotti a rottami dei passati tentativi di “valorizzazione” – gli impianti di risalita dismessi, le opere ad essi accessorie, piste e strutture per le mtb e il downhill, addirittura un vecchio battipista.


Alcune immagini invernali del Monte San Primo e di una delle tante manifestazioni a difesa della montagna contro il progetto sciistico

Gli enti locali che sostengono il progetto, oltre a rifiutare qualsiasi confronto o dibattito al riguardo e a continuarne con l’iter burocratico – addirittura ipotizzando di saltare (anche qui!) la Valutazione di impatto ambientale – non perdono occasione di accusare il Coordinamento “Salviamo il Monte San Primo” e chiunque si opponga pubblicamente al progetto delle solite cose: falsità, strumentalizzazioni, opposizione ideologica, catastrofismo, assenza di proposte alternative, fino a espressioni più colorite proferite tempo fa dal sindaco di Bellagio durante un dibattito televisivo dedicato alla vicenda. Un atteggiamento illuminante sul modus operandi della visione politica alla base di progetti del genere. Peraltro, per confutare nuovamente quanto sostenuto dal sindaco bellagino, proprio di recente il Coordinamento ha raccolto e compendiato in un articolato documento dal titolo “Proposte per un futuro sostenibile del Monte San Primo”, inviato agli enti locali citati e alla stampa, i numerosi e vari suggerimenti al riguardo indicati nei mesi precedenti. Suggerimenti che, come si legge nella premessa del documento, «sono l’espressione dell’intenso dibattito nato in seguito al progetto di fattibilità “OltreLario: Triangolo Lariano meta dell’outdoor”. La discussione ha coinvolto le 35 associazioni, che si sono unite nel Coordinamento ‘Salviamo il Monte San Primo’, e numerosi cittadini, che considerano il territorio del Monte San Primo prezioso non solo da un punto di vista ambientale, ma anche paesistico, culturale e antropologico. Crediamo fermamente che una riqualificazione - che possa costituire un volano per l’intero territorio - non debba essere associata a pratiche invasive di un ambiente fragile, ma alla voglia di apprezzare luoghi capaci di ridarci il gusto di vivere in sintonia con la natura, nella convinzione che il concetto di sostenibilità deve essere il punto di riferimento di qualsiasi ragionamento, basato sui processi di sviluppo economico e territoriale nei quali sia in gioco il rapporto fra sociale e risorse naturali e territoriali.»

 

Sono considerazioni quanto mai sostenibili a supporto di un piano d’azione ecoturistico e di frequentazione sostenibile realmente virtuoso per il Monte San Primo e per tutta la sua comunità residente. L’augurio è che gli enti pubblici che sostengono il progetto sciistico finalmente si rendano conto della sua palese insostenibilità anche se, posto l’atteggiamento tenuto fino a oggi, la speranza che si muovano in tal senso è al momento scarsa. D’altro canto le iniziative a difesa del San Primo messe in atto dal Coordinamento continuano senza sosta; “L’AltraMontagna” seguirà l’evoluzione di questa vicenda così peculiare e emblematica per l’intera realtà montana nazionale.

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