Fino a 172 stanze panoramiche sopra i 1600 metri: il Consiglio regionale del Veneto ha detto SÍ, in nome del turismo sostenibile
Con 35 voti favorevoli e 9 contrari, il Consiglio regionale del Veneto ha approvato la legge che permette la realizzazione di stanze panoramiche di vetro e legno, anche ad alta quota, sopra i 1600 metri di altitudine. Soglia, questa, dove sinora le norme urbanistiche ammettevano solo la presenza di bivacchi, rifugi e malghe. Opportunità per la montagna o controproducente omologazione del paesaggio?

di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Alla fine è arrivata l'autorizzazione: con 35 voti favorevoli e 9 contrari, il Consiglio regionale del Veneto ha approvato la legge che permette la realizzazione di stanze panoramiche di vetro e legno, anche ad alta quota, sopra i 1600 metri di altitudine. Soglia, questa, dove sinora le norme urbanistiche ammettevano solo la presenza di bivacchi, rifugi e malghe.
Rispetto alla proposta di legge iniziale presentata dalla Giunta nell’ottobre 2022 e licenziata dalla commissione nel novembre 2023 con un voto che aveva diviso la stessa maggioranza, il via libera è stato raggiunto grazie all'introduzione di alcuni vincoli. Tra le altre cose è stato fissato anche un tetto di due strutture per comune montano: in Veneto i comuni sono 86, il che vuol dire che se tutti decidessero di usufruire di questa possibilità, le stanze panoramiche realizzate entro i confini della regione sarebbero 172.
Non sono stati accolti, invece, gli emendamenti presentati dalle opposizioni che intendevano limitare superficie e altezza di tali strutture panoramiche, vietarne la collocazione nelle aree protette e nei parchi regionali e nazionali e normarne in modo stringente l’impatto luminoso, acustico, ambientale e su fauna e avifauna (ANSA).
"Le modifiche proposte rappresentano un passo intelligente verso le preoccupazioni manifestate, ma non sono sufficienti - dichiara la congliera di Europa Verde Cristina Guarda - Restano ancora tanti punti interrogativi: dimensioni delle strutture, rapporto con il turismo ‘mordi e selfie’, tutela del paesaggio. Questa legge si rivolge all’imprenditoria di un turismo del lusso e non risolverà i problemi di sviluppo della montagna”.
Anche il Cai e le associazioni della montagna hanno denunciato i rischi che la potenziale realizzazione di 172 stanze panoramiche ad alta quota comporterebbe in un ambiente fragile e delicato come le Dolomiti.
"Questo provvedimento, modificato, riconsegna alle nuove generazioni la possibilità di vedere il cielo, di ammirare la Via Lattea: si dà un’opportunità in più per far conoscere l’ambiente montano, non per violarlo”, sostiene invece il leghista Marzio Favero, che sulle stanze panoramiche aveva espresso voto contrario in sesta commissione. Viene quasi spontaneo chiedersi se, per vedere la Via Lattea, i giovani d'oggi abbiano bisogno di un aiutino preconfezionato.
"Questi piccoli manufatti - afferma l’assessore al Turismo della Regione del Veneto, Federico Caner - sostenibili ed ecologici, amovibili e green, consentiranno di fruire il territorio in maniera diversa, completando l’offerta turistica esperienziale".
Le parole di Favero e Caner corroborano ancora una volta l'idea che la montagna acquisisca valore solamente grazie a elementi calati dall'alto,
spesso poco aderenti con le specificità territoriali: panchine giganti, ponti tibetani (che di tibetano hanno solo il nome), passerelle allestite sui precipizi, “voli d’angelo”, piste da bob (per rimanere in Veneto).
Per approfondire questo aspetto, poche settimane fa ci siamo rivolti ad Antonio De Rossi, architetto, docente universitario al Politecnico di Torino e membro del comitato scientifico de L’AltraMontagna. Riporto quindi le sue considerazioni:
“Sembra che ormai il paesaggio di montagna esista solamente se c’è una struttura che permette di guardarlo. Questo è paradossale; è una visione urbana trasferita sulla montagna, perché il panorama e il paesaggio esistono già, non hanno bisogno di un’infrastruttura che serva per osservarlo”.
“172 strutture del genere sulle montagne del Veneto – prosegue De Rossi – portano a una omologazione del paesaggio, della fruizione della montagna che rischia di essere persino controproducente rispetto agli obiettivi di questa proposta di valorizzazione turistica. Si può essere d’accordo o contro questa idea, ma al di là della propria posizione, c’è un rischio oggettivo che questa iniziativa vada a omologare tutte le differenze tra i singoli luoghi”.
“L’invito – conclude l’architetto – è quello di riflettere molto bene su un’azione che rischia di diventare un automatismo: faccio un punto panoramico e automaticamente valorizzo il paesaggio, valorizzo le potenzialità turistiche, ma in realtà bisogna pensarci molto bene perché così si corre il pericolo dare vita a luoghi tutti uguali. In qualunque posto arrivi rischi di trovare la stessa cosa, sempre uguale. Io credo invece che andare in montagna sia soprattutto cercare le differenze”.
Viene quasi naturale prolungare le riflessioni di Antonio De Rossi con un’ulteriore considerazione: per rendere seducenti i territori montani a volte sono necessari interventi di carattere minuto, ma soprattutto una narrazione accattivante, capace di cogliere e di evidenziare la poesia e il fascino degli elementi già esistenti. Degli elementi capaci di rendere un territorio unico.
Immagine copertina dal sito venetosecrets.com