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Attualità | 23 febbraio | 17:30

“Abbiamo bisogno di servizi, non di piste da bob”. Sette giovani ampezzani scendono a Venezia per chiedere buonsenso

Oggi si è tenuta a Venezia una conferenza stampa tra il Comitato Olimpico Internazionale e le autorità italiane. Sette giovanissimi ampezzani hanno così deciso di raggiungere la Serenissima per esprimere la loro contrarietà alla realizzazione della pista da bob. "Non abbiamo strade, non abbiamo trasporto pubblico, non abbiamo sanità, e la risposta della Regione del Veneto e dello Stato è farci una pista da bob che probabilmente dovrà essere mantenuta dal comune con una spesa di circa un milione e mezzo l’anno?"

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nonostante la pioggia, nonostante la distanza, nonostante per chi studia o lavora non sia semplice spostarsi di venerdì, sette giovanissimi ampezzani (classe 1999 e 2000) oggi hanno deciso di scendere a Venezia dove il Comitato Olimpico Internazionale, dopo aver visitato i territori che ospiteranno le Olimpiadi, ha partecipato a una conferenza stampa con le autorità italiane.

 

I sette ampezzani hanno raggiunto la Serenissima spinti dal desiderio di ribadire le reali esigenze di chi vive in montagna, che non si riflettono di certo in una costosissima pista da bob che verrà utilizzata da una manciata di atleti.

 

“Chi di noi è riuscito, perché non aveva scuola, università o lavoro ha raggiunto Venezia – spiega a L’AltraMontagna Pietro Gaspari Bandion – . Ci siamo presentati con la bandiera e i colori ladini (azzurro, bianco e verde), per ribadire che noi ampezzani eravamo presenti”.

 

“Perché siamo andati giù? – prosegue Gaspari Bandion – perché vedere il bosco tra Ronco e Cadelverzo abbattuto ci ha fatto una grande impressione e ha scosso molte coscienze. Ma non siamo qui solo per questo. Siamo qui anche perché come sempre, le decisioni vengono prese dall’alto”.

 

Il motivo dell’iniziativa, però, è stato soprattutto motivato da un grande, grandissimo, paradosso: “In montagna perdiamo abitanti e servizi costantemente, ogni anno. In cinquant’anni, dal 1971 al 2021, il comune di Cortina d’Ampezzo è passato da oltre 8000 abitanti a poco più di 5000. Ha perso 3000 abitanti. La stessa dinamica si riflette nella provincia di Belluno. Non abbiamo strade, non abbiamo trasporto pubblico, non abbiamo sanità, e la risposta della Regione del Veneto e dello Stato è farci una pista da bob che probabilmente dovrà essere mantenuta dal comune con una spesa di circa un milione e mezzo l’anno? Un comune che quei soldi dovrà prenderli da altri servizi? E poi ci viene detto che la pista è una misura per rilanciare la montagna…”

 

Non è raro che gli abitanti dei territori montani siano portati a rifugiarsi nell’ombra per non rivelare il proprio pensiero. Una dinamica forse difficile da afferrare per chi è abituato a vivere in contesti cittadini o metropolitani, ma decisamente comprensibile. Spesso, all’interno di un paese, in modo più o meno diretto ci si conosce tutti. Prendere posizione, magari su un tema spinoso e divisivo, equivale a sottoporsi al giudizio sociale; a essere investiti con un’etichetta che il sovrappopolamento delle metropoli mimetizza con maggiore facilità. Le riflessioni personali, se esternate, acquisiscono così un peso maggiore. Pertanto, anche quando gli abitanti delle nostre montagne sono contrari alla deturpazione del loro territorio, tendono a non esprimersi. Ma l’antropologia, materia umana, è ovviamente ricca di eccezioni, e questi sette ragazzi (così come i tanti ampezzani che si sono esposti su questa vicenda) sono un’eccezione importantissima.

 

“Un ultima cosa – mi ha detto Pietro Gaspari Bandion prima di salutarci – ‘fora da ra mè ares’ è un detto ladino-ampezzano che significa ‘fuori dai miei prati’. Una volta lo gridavano i vecchi ai bambini che giocavano tra l'erba alta, schiacciandola e rendendo così difficile lo sfalcio. Oggi lo abbiamo fatto nostro per dire ‘fuori dal nostro paese’ a tutte quelle forze esterne che lo sfruttano solo per i loro interessi, ignorando o danneggiando direttamente noi che ci viviamo”.

 


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