(IL VIDEO) Una lunga carovana di mezzi accompagna l'albero di Natale del Papa: ma è corretto parlare di “forzatura ambientale”?
Può sembrare un paradosso, ma l'albero di Natale del Papa è senza dubbio un'affilata accetta sociale. Spacca in due l'opinione pubblica; dà vita a una bipartizione netta, che non considera posizione intermedie. C'è chi parla di "omicidio" e c'è chi difende la tradizione. Tuttavia, scavando oltre l'epidermide, emerge una storia più complessa

di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Può sembrare un paradosso, ma l'albero di Natale del Papa è senza dubbio un'affilata accetta sociale. Spacca in due l'opinione pubblica; dà vita a una bipartizione netta, che non considera posizione intermedie.
Da un lato incontriamo un'umanità preoccupata per il futuro dell'albero, che utilizza termini forti, forse troppo, come “omicidio”, “crimine” oppure “sterminio”, quando il discorso coinvolge anche gli abeti issati su piazze di altri paesi o di altre città. A partire da questi termini si lanciano petizioni per dire "no all'abbattimento", si raccolgono firme, si girano video gonfi di indignazione e c'è chi addirittura ha organizzato una fiaccolata attorno all'albero, affinché "Sua Santità risparmi il nostro Gigante Verde".
Dall’altro bisogna misurarsi con chi difende le tradizioni, forte di un principio caro ai conservatori: “Si è sempre fatto così”. Con questa convinzione nell’animo, sfuma la possibilità di cogliere le discordanze; di mettere in discussione e di mettersi in discussione; di adottare uno sguardo critico sul mondo. Un mondo che cambia e che invita ad adattarsi alle trasformazioni per evitare eccessive forzature ambientali.
Ma in questo caso è corretto parlare di “forzatura ambientale”? Probabilmente no, o comunque solo in parte.
L’abbattimento dell’albero può generare biasimo e malumori, e non è difficile comprenderne il motivo: l’abete al suolo ha infatti una carica simbolica molto forte perché in tanti vedono custodite, nel suo tronco orizzontale, le imprudenze che la società contemporanea compie quotidianamente per inseguire il sogno mai tramontato del progresso senza limiti. Sembra una connessione logica: la pianta, emblema della natura, viene stroncata da una motosega, emblema dell’uomo.
Ma uscendo dalla dicotomia uomo/natura, emerge subito con chiarezza il carattere più complesso di questa vicenda, tant’è che viene quasi spontaneo pensare si stia puntando il dito contro il simbolo sbagliato.
Questo albero di 60 anni di vita, infatti, come informa Renato Girardi, Sindaco di Ledro (il comune da cui proviene abete) era già “destinato al taglio”. Prosegue Girardi: “Abbiamo una coltivazione premurosa dei nostri boschi che sono certificati anche con il sistema Pefc con piano di gestione rigorosa: ne tagliamo 5 o 6 mila metri cubi su 8.200 a disposizione per la ripresa. Perché prendersela per un albero solo, destinato altrimenti alla segheria?”.
Volendo svincolarsi dall’abete del Vaticano per abbracciare con lo sguardo tutte le piante tagliate per le decorazioni natalizie, affiorano dalla memoria le parole di Mario Rigoni Stern, raccolte in Arboreto Salvatico: “A causa dell'abbandono della montagna, anno dopo anno aumenta notevolmente la superficie boscata delle nostre Alpi, Prealpi e Appennini. Non preoccupatevi quindi per gli alberi di Natale che vedrete vendere nelle vostre città (…) Per lo più vengono da coltivazioni apposite, poste su terreni abbandonati che qualche montanaro coltiva per avere ogni otto-dieci anni una entrata extra per il suo magro vivere. Vengono pure utilizzati per alberi natalizi i cimali degli abeti tagliati nel bosco per necessità colturali” (per chi fosse interessato, oggi abbiamo pubblicato la riflessione integrale di Mario Rigoni Stern).
Posta così la questione assume un aspetto differente e risulta difficile paragonare il taglio dell’albero a un sacrificio (e, men che meno, a un omicidio). Al contrario viene quasi spontaneo – come scrivevamo tempo fa (qui articolo) soffermarsi su altre dinamiche, molto più efficaci per evidenziare il carattere consumista assunto dal Natale: tonnellate di imballaggi e di abeti in plastica, spreco di cibo, luminarie attive con un mese e mezzo di anticipo, centinaia di macchine che, come mosche, ronzano attorno ai centri commerciali, e così via.
Insomma, un brusio di fondo, come quello che pervade i bar più affollati, impedisce di osservare questo rituale con l’obiettività necessaria. Così, per non cavalcare le polarizzazioni e per evitare di schierarsi, è necessario allontanarsi dal fervore del dibattito. Nel farlo prende forma un’ultima riflessione perché, a ben guardare, una stonatura ambientale c’è, ed è evidenziata da un video in cui si percepisce l’importante dispiego di forze impiegate per l’intervento e per il trasporto dell’abete che a breve ornerà piazza San Pietro. Il valore delle tradizioni e l’influenza benefica che questa iniziativa può avere sulla comunità, giustificano le emissioni?
È una domanda che, ancora una volta, pretende un approfondimento; che invita a calare lo sguardo tra gli innumerevoli solchi da cui si sviluppano le idee. Trovare una risposta non è quindi semplice, ma adottare uno sguardo morbido, capace di osservare il mondo senza inciampare nei preconcetti, potrebbe comunque essere un primo, importante, passo.