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Ambiente | 13 novembre | 20:00

Primi giorni di Cop29: tre minuti per parlare al mondo intero (e come sono stati usati)

Siamo giunti al termine del terzo giorno di Cop29, che è stato anche il secondo giorno ad ospitare i discorsi di apertura dei lavori dei capi di stato e di governo. E’ consuetudine iniziare con questa carrellata di brevi discorsi dei potenti del pianeta: tre minuti per definire le proprità e le aspettative di un paese, per mostrare la propria fiducia e le proprie ambizioni nell'esercizio della diplomazia climatica della Cop

scritto da Sofia Farina

Siamo giunti al termine del terzo giorno di Cop29, che è stato anche il secondo giorno ad ospitare i discorsi di apertura dei lavori dei capi di stato e di governo. E’ consuetudine infatti che le Conferenze dell’Onu per il Cambiamento Climatico inizino con questa carrellata di brevi discorsi dei potenti del pianeta: avrebbero tre minuti a testa (segnalati con rigore da quello che sembra un gong), ma la maggior parte di loro non sembra curarsene troppo. Tre minuti in cui tutti i partecipanti alla Conferenza (e tutte le persone che la seguono da lontano) hanno gli occhi (o dovrei dire le orecchie?) puntati su di loro. Tre minuti che possono essere usati per mandare messaggi di speranza o di disperazione, di condanna o di autocompiacimento. Tre minuti che possono essere sfruttati per parlare di cause che intersecano quella climatica, come i grandi conflitti in corso. Tre minuti che la Premier Giorgia Meloni ha utilizzato per parlare di fissione nucleare e di cooperazione con l’Africa, e che Muhammad Yunus, primo ministro del Bangladesh, ha utilizzato per proporre una controcultura basata su uno stile diverso, a basso impatto sul pianeta e orientato alle nuove generazioni.

 

Chi stamattina stava ascoltando questa sequenza di persone recitare la propria “poesia”, in cui ogni parola è stata pesata con il misurino in modo da farci leggere dentro il giusto messaggio sulle ambizioni del proprio paese in questa conferenza, probabilmente ha apprezzato lo slancio di spontaneità (e, forse, umanità?) di Edi Rama, Primo Ministro dell’Albania. Rama ha iniziato il suo intervento confessando di stare “uscendo dal copione”, lasciando il suo “discorso ben preparato” lontano dal podio dal quale si stava rivolgendo alla sala gremita, per dar spazio ai pensieri che gli si erano formati in testa il giorno prima, nella sala da cui seguiva, insieme ad altri capi di stato e di governo, le dichiarazioni dei suoi colleghi.

 

Rama ha condiviso con il pubblico l’immagine di quel che stava succedendo in quella stanza: “Le persone mangiavano, bevevano, si incontravano e si fotografavano insieme, mentre sullo sfondo scorrevo le immagini dei leader che facevano le loro dichiarazioni, ma senza voce, con l’audio spento”. Questa immagine, di un mondo di relazioni e interazioni che va avanti, noncurante di ciò che sta venendo detto nella stanza accanto, in un momento cruciale come l’apertura di questa Conferenza per il clima, per Rama è molto rappresentativa del nostro tempo: “A me sembra esattamente quello che accade ogni giorno nel mondo reale. La vita va avanti, con le sue vecchie abitudini, e i nostri discorsi - pieni di belle parole sulla lotta al cambiamento climatico - non cambiano nulla”.

 

Ha continuato dicendo: “Che cosa significa per il futuro del mondo se i maggiori inquinatori continuano come sempre? Che cosa mai stiamo facendo in questo incontro, ancora e ancora, se non c'è una volontà politica comune all'orizzonte per andare oltre le parole e unirsi per un'azione significativa?”.

 

Rama ha dato voce a ciò che molte delle persone che partecipano a Cop, e che magari lo fanno da anni, pensano: continuiamo a ripeterci le stesse cose, continuiamo a dire che il tempo di agire è arrivato, che bisogna passare dalle parole ai fatti, che il tempo è scaduto, ma poi sembra che non cambi - davvero - niente. Questa frustrazione si sente forte nei discorsi dei rappresentanti degli stati insulari, ad esempio, che da anni salgono su quel podio e dicono: “Noi stiamo affogando, vi preghiamo, facciamo qualcosa”. L’hanno detto anche ieri e oggi, continuano a ripeterlo, e continuano a riporre grandi speranze e ambizioni nel complesso esercizio di diplomazia climatica che sono le Cop.

 

Una delle caratteristiche che rendono magica la Cop (e il raccontarla) è che succedono così tante cose contemporaneamente, e tutte che hanno numerose e caotiche implicazioni, che lo sguardo di chi la segue definisce in modo sostanziale il racconto finale. Ad esempio, seguendo questa carrellata di discorsi, ognuno ha fatto caso a qualcosa di diverso: c’è chi si è focalizzato su quante donne prendessero parola, chi su quante volte venisse citato il nucleare, chi su come ne emergesse il tema della finanza, chi su quanti leader prendessero posizione sul conflitto a Gaza e così via.

 

Io, da montanara che racconta le montagne, ero interessata a sapere chi scegliesse di usare i propri 3 minuti per parlare di terre alte. Spoiler: ben pochi. I ghiacciai sono stati centrali nei discorsi di pochi capi di stato, io ne ho segnati meno di dieci (e chiaramente non in quello della nostra premier). A parlarne in modo più estensivo, dando al tema l’urgenza che merita, sono stati i premier del Kyrgyzstan e del Nepal. E se il secondo si è concentrato molto sui gravi danni subiti dal proprio paese nell’ultimo anno a causa della rapida fusione dei giganti bianchi (come quelli determinati dalle esplosioni dei laghi glaciali), il primo ha lanciato alla platea numerosi spunti per potenziare la cooperazione internazionale per la loro tutela, parlando di sviluppo sostenibile delle aree montane, della necessità di nuovi centri di ricerca specializzati e del prossimo Summit globale delle regioni montane.

 

Insomma, da domani iniziano i lavori vari e propri, che si svolgeranno attraverso un susseguirsi di giornate tematiche. La prima, quella di giovedì, è dedicata al tema della finanza climatica e si prospetta particolarmente frizzante dato che questa Cop è stata definita dagli analisti e dai giornalisti di settore, “la cop della finanza”. In base a ciò che succederà nei prossimi giorni sapremo se ad aver ragione sono i leader che oggi hanno espresso disillusione e frustrazione o quelli che hanno mostrato fiducia nel processo e carica propositiva.

l'autore
Diario da Cop29

Questo spazio è dedicato al racconto della Cop29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si svolge dall'11 al 23 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian. Sofia Farina seguirà i negoziati sul posto per L'AltraMontagna, portando i lettori nel mondo dei negoziati climatici, guidandoli alla scoperta delle questioni più stringenti per i leader del pianeta (e non solo)

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