Le funivie nelle città come soluzione per la mobilità urbana? Ferrari: "Ma si riduce davvero il traffico?"
A Trento si è compiuto più di un passo in avanti per collegare il capoluogo al Monte Bondone, mentre nei cassetti ci sono gli impianti Rovereto-Alpe Cimbra e Brentonico-Monte Baldo per congiungersi proprio a Malcesine. Recentemente è stato dato via libera al rifacimento della funivia di Mezzocorona

di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
TRENTO. Mobilità urbana, le città delle funi come modello sostenibile. Questa sembra essere la frontiera per gli impianti. Non solo montagne e vette ma anche i centri di fondovalle oggi ammiccano in quella direzione perché l'aspirazione è diventare delle moderne Malcesine o Innsbruck. Questi sistemi di trasporto possono, infatti, connettere velocemente luoghi e infrastrutture complesse distanti tra loro.
A Trento si è compiuto più di un passo in avanti per collegare il capoluogo al Monte Bondone, mentre nei cassetti ci sono gli impianti Rovereto-Alpe Cimbra e Brentonico-Monte Baldo per congiungersi proprio a Malcesine. Recentemente è stato dato via libera al rifacimento della funivia di Mezzocorona.
E' alta la tensione poi a Trieste perché pure lì si pensa alla cabinovia. Ma sono molte le città che accarezzano il sogno. Gli impianti vivono quasi un'eterna giovinezza. Il più delle volte, per far digerire l'opera a un'opinione pubblica magari non convintissima, si sposta la visuale.
L'impianto Trento-Bondone? Certo serve alla montagna ma anche e soprattutto alla città. E poi si tolgono le auto dai tornanti. E così la mobilità diventa urbana e sostenibile. Ancora non si è capito benissimo come si vorrebbe sviluppare l'area in quota, ma intanto con i fondi del Pnrr ci si sposta in avanti.
"Non sono contrario agli impianti - dice Marco Albino Ferrari, giornalista e scrittore, autore di "Assalto alle alpi", l'ultimo suo libro (Einaudi) - purché ci sia una progettazione attenta. Il discrimine per considerare una funivia urbana è anche il prezzo. Se il biglietto è paragonabile a quello di un bus o poco più allora la funzione è chiara, altrimenti qualche dubbio è lecito".
E non è solo una questione di costi di gestione e sostenibilità in questo caso economico-finanziario. "E' chiaro che serve un progetto serio e puntuale", evidenzia Ferrari. "Si dice che gli impianti siano poco impattanti ma poi restano sempre lì nel paesaggio. Anche le opere abbandonate durano decenni. Non c'è un'opposizione aprioristica ma con la nuova infrastruttura si andrà davvero a ridurre il traffico automobilistico? Sono previste delle limitazioni correlate all’uso dell’auto?".
Il progetto del grande impianto è diviso in due step. Dal capoluogo e Sardagna con intervento pubblico, poi con il supporto dei privati ci si spingerebbe fino alla cima. "Il primo troncone è sicuramente utile e rientra nella mobilità urbana - aggiunge Ferrari - la continuazione dell'opera però richiede ulteriori riflessioni. Se si dovesse chiudere la strada, salvo i permessi per i lavoratori o i residenti, allora è un discorso. Arrivare in quota senza le idee chiare invece è un altro discorso".
Più netta la chiusura di Carlo Alberto Zanella. "Ormai le montagne sono sature di impianti e non servono nuove opere ma bisogna fare attenzione anche nei fondovalle. Ormai si cerca di costruire funi un po' ovunque e in alcuni casi i risultati di questa politica sono già evidenti: il traffico aumenta invece di diminuire, si disinveste nel trasporto pubblico locale e in definitiva si obbliga una famiglia a pagare 100 euro per potersi spostare solo con la funivia".
Il presidente del Cai dell'Alto Adige porta la funivia di Tires come esempio. "Un intervento inutile che favorisce gli interessi di pochi e quasi esclusivamente privati con il sostegno di risorse in larghissima maggioranza pubbliche", continua Zanella. Il rischio è di alimentare un modello di sviluppo non coerente che comporta poi ulteriori squilibri generali".
Insomma, il numero uno del Club alpino italiano di Bolzano è diffidente sugli investimenti nelle funivie come mobilità urbana. "Sono pochi gli esempi che funzionano, gli investimenti più recenti assolvono a funzioni diverse. Gli impiantisti rappresentano un'economia matura e non dovrebbero beneficiare di continue iniezioni di soldi pubblici, poi ci dovrebbe essere un'analisi se queste opere portano vantaggi al solo privato oppure a una comunità", conclude Zanella.