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Ambiente | 06 marzo | 12:03

La Svizzera propone uno studio sulla geoingegneria solare: di cosa si tratta e quali sono gli impatti che potrebbe avere sulle Alpi

Lo studio proposto dalla Svizzera dovrebbe raccogliere tutti gli studi finora fatti per poter identificare lo stato dell’arte su questa tecnologia e le implicazioni che potrebbe avere per l'approvvigionamento alimentare, la biodiversità, la disuguaglianza globale e la sicurezza. Non si tratta di una proposta a favore di questa tecnica ma di uno studio che possa delineare i rischi anche transfrontalieri che queste tecnologie comportano

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

La sesta stagione dei Simpson si chiude con Mr. Burns che attiva un disco solare, installato sulla montagna di Springfield, per oscurare completamente la città e poter così vendere l’energia elettrica della propria centrale (la locale scuola elementare aveva trovato un giacimento di petrolio sottosuolo mentre Mr. Burns ambiva al monopolio energetico).

Anche in questa storia si parla di petrolio e di oscuramento del Sole ma al contrario dei Simpson è meno divertente e più preoccupante anche per i territori montani.

Sappiamo per certo come il petrolio che abbiamo bruciato dalla prima rivoluzione industriale (insieme al metano e al carbone) stia causando l’aumento delle temperature e degli eventi estremi in tutto il pianeta. In questo contesto le Nazioni Unite e i governi di tutto il mondo si riuniscono ogni anno durante le COP (Conferenze delle Parti) per discutere come mitigare e come adattarsi ai cambiamenti climatici. Le soluzioni sono svariate e vanno da soluzioni “naturali” (nature based solution come la gestione delle acque o la gestione forestale) a soluzioni tecnologiche (come la cattura della CO2 dall'atmosfera). Tra le soluzioni tecnologiche più discusse e meno studiate si trovano anche quelle che prevedono l’alterazione dell’atmosfera globale per limitare l’aumento delle temperature, dette anche geoingegneria

 

In questi giorni in Svizzera si è tornati a parlare di geoingegneria e di schermature solari come risposta all’innalzamento delle temperature planetarie. Il paese alpino porterà la prossima settimana Nairobi, durante l’assemblea delle Nazioni Unite, una proposta per discutere dei “rischi, dei benefici e delle conseguenze” della riduzione della radiazione solare (SRM abbreviato in inglese).

Questa tecnica, che mira a simulare una gigantesca eruzione vulcanica “spruzzando” degli aerosol (ad esempio di diossido di zolfo) in atmosfera è stata ipotizzata la prima volta nel 1965 durante un seminario sugli effetti che l’uso smodato dei combustibili fossili avrebbero avuto sul nostro pianeta. 

La schermatura della radiazione potrebbe limitare, se non ridurre, l’effetto serra che la CO2 induce al nostro pianeta. Si tratterebbe di molecole solfuree che “riflettono” la radiazione solare nell’atmosfera superiore riducendo così la radiazione assorbita dagli oceani e dalla superficie terrestre (valore misurato in W/m2 che sta aumentando negli ultimi decenni). Se l’uso della schermatura potrebbe portare qualche beneficio in termini di riduzione delle temperature locale, i rischi a lungo termine sono ancora sconosciuti e questa soluzione permetterebbe di agire solo su una parte del problema, non risolvendone altre come l’acidificazione degli oceani o la perdita di biodiversità.

Gli effetti sulle catene montuose anche in questo caso sono incerti: la geoingegneria non promette l’espansione del volume dei ghiacciai, così come non promette la riduzione degli eventi estremi e dei periodi siccitosi, senza contare gli effetti sociali o sulla biodiversità. Utilizzare questa tecnologia significa entrare in un corridoio buio dove la fine non è visibile, così come l’eventualità di poter tornare indietro.

 

Lo studio proposto dalla Svizzera dovrebbe raccogliere tutti gli studi finora fatti per poter identificare lo stato dell’arte su questa tecnologia e le implicazioni che potrebbe avere per l'approvvigionamento alimentare, la biodiversità, la disuguaglianza globale e la sicurezza. Non si tratta di una proposta a favore di questa tecnica ma di uno studio che possa delineare i rischi anche transfrontalieri che queste tecnologie comportano. Attualmente l’uso della geoingegneria è legato solo ad alcuni think-tank che vedono nelle tecnosoluzioni l’unica possibile strada per l’arresto delle temperature globali, mentre la comunità scientifica sta cercando di imporre un divieto globale per le ricadute ancora sconosciute che l’alterazione dell’atmosfera terrestre potrebbe avere sul lungo termine. Ad oggi, la soluzione migliore rimane ancora quella di decarbonizzare le nostre economie (da quelle alpine alle industrie) per arrivare ad emissioni zero entro questo secolo.

 

La schermatura solare è uno degli interventi climatici. Fonte NOAA

 

In conclusione, se le intenzioni della Svizzera sono buone, l’uso di tecnologie di cui non si conoscono i rischi sono da studiare con molta cautela. Conosciamo le cause e le soluzioni per fronteggiare la crisi climatica e combattere una dipendenza (quella verso il fossile) con un’altra dipendenza (quella delle alterazioni climatiche) anche se politicamente questa strada sembra molto più facile che quella di rispettare gli accordi internazionali. Se i ghiacciai alpini arriveranno o no a fine secolo lo sceglieremo noi con la quantità di CO2 che rilasceremo in atmosfera e con le azioni politiche globali.

 

Post scriptum, la puntata dei Simpson finisce con una tensione generale e il ferimento di Mr. Burns. Se un cartone può identificare i rischi anche sociali di una schermatura solare, forse questa strada non è quella che vogliamo percorrere come esseri umani.

 

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