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Ambiente | 15 novembre | 19:03

La "montagna di fuoco": una fiamma che brucia costantemente e che ricorda quanto il gas sia protagonista di Cop29

Si trova a pochi chilometri dal luogo in cui si svolge Cop29 ed è caratterizzata da una "fiamma eterna" accesa da un costante fuoriuscita di gas, lo stesso gas che è stato protagonista del quinto giorno di conferenza per il clima, dedicato ai temi dell'energia e della pace, che si è aperto con la pubblicazione di un rapporto sul numero di lobbisti del settore petrolchimico presenti ai negoziati e di un aggiornamento sullo stato attuale delle emissioni di metano

scritto da Sofia Farina

A una mezz’ora di macchina dal luogo in cui si sta svolgendo Cop29, che è essenzialmente lo stadio della città, magistralmente riadattato a venue per una conferenza con 60.000 ospiti che passano intere giornate al suo interno, si trova Yanar Dag, la “montagna di fuoco”.

 

Una straordinaria combinazione di fattori, tra cui l’abbondanza di gas naturale, la presenza di linee di faglia (delle vere e proprie “aperture” della crosta terrestre) e il verificarsi di processi di erosione, fa si che da centinaia di anni a Yanar Dag si verifica questo fenomeno affascinante: la roccia è segnata dalla presenza di una fiamma che brucia costantemente e che le regala il nome di “montagna di fuoco”. La fiamma raggiunge una temperatura di 1000 gradi e un’altezza di 3 metri e non si ferma neanche in condizioni meteorologiche avverse, proprio perché è determinata dalla continua fuoriuscita di gas di cui l’intera penisola che ospita la capitale è ricca.

 

Il fenomeno ha fatto sì che Yanar Dag divenisse, nel passato, un sito di antico culto del fuoco (sì, esiste una religione antica, lo zoroastrismo, che identifica nel fuoco un simbolo di purezza e divinità), e poi, in tempi più recenti, un’attrazione turistica così tanto apprezzata (nel 2017 è stata visitata da più di 63000 persone) da arrivare a decorare francobolli e banconote azere.

 

Come fa notare Matthew Taylor, giornalista del The Guardian, il numero di visitatori della montagna di fuoco è crollato questa settimana: “Come paese ospitante di Cop29 - dice Taylor - l'Azerbaigian ha attirato l'attenzione più per i suoi combustibili che per le sue fiamme”.

 

In effetti, la storia e l’economia del paese in cui ci troviamo fondano le loro radici proprio negli idrocarburi (che costituiscono il 90% delle sue esportazioni), tanto che nel discorso di apertura della conferenza il Presidente della Cop29, l’ex petroliere Mukhtar Babayev, non ha mandato di definire il gas e il petrolio dei “doni di Dio”, generando (chiaramente) reazioni di forte disapprovazione nel mondo dell’attivismo (e non solo).

 

A questo fatto, che aveva già intaccato la credibilità della presidenza ancora prima di partire, seguendo un copione che sembra una replica della presidenza emiratina dell’anno scorso, si è aggiunto oggi un nuovo tassello (proprio come a Dubai l’anno scorso): la presenza di lobbisti del settore petrolifero alla conferenza. Infatti, proprio oggi, nella giornata tematica intitolata “Energia, pace, soccorso e ripresa”, in cui ha avuto molto spazio il tema scottante della produzione di energia per un mondo che ne è sempre più affamato, è stato pubblicato un documento che afferma che in questa edizione del Summit globale per il cambiamento climatico ci sono almeno 1773 lobbisti del settore del gas, petrolio e carbone.

 

L’analisi è stata realizzata dal gruppo Kick Big Polluters Out (tradotto: “cacciamo i grandi inquinatori”) e ha generato scompiglio anche perché questo numero è più alto della maggior parte delle delegazioni dei vari paesi che partecipano alla conferenza (solo tre delegazioni nazionali hanno più di 1700 partecipanti, e una di queste è quella azera). Tra le diverse reazioni, questo numero ha anche portato alcuni esponenti di spicco dell’azione climatica globale a chiedere, con una lettera, che le prossime Cop vengano assegnate solamente a paesi con regole più severe sulle lobby dei fossili.

 

Sempre rimanendo sul tema dei fossili, oggi è uscito un altro report con notizie allarmanti, quello dell’Unep (che è il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) e in particolare della sua piattaforma per il monitoraggio delle emissioni di metano.

 

Brevemente: ci interessa molto conoscere con precisione le sorgenti di metano perché è un gas 82 volte più potente dell’anidride carbonica (a livello di effetto serra) ed è responsabile di un terzo del surriscaldamento globale fino ad oggi. Per questo motivo, citando l’Unep: “La riduzione di queste emissioni è il modo più veloce ed efficace dal punto di vista dei costi per rallentare il riscaldamento globale nel breve termine ed è essenziale per evitare danni critici al clima”. Ancora più brevemente: cosa ci dice il rapporto? Essenzialmente che ultimi due anni, un sistema sofisticato che rileva perdite significative di metano ha inviato 1.200 notifiche a governi e aziende, ma solo l'1% di queste notifiche ha ricevuto risposta.

 

“I governi e le compagnie petrolifere e del gas devono smetterla di parlare a vanvera di questa sfida, quando le risposte sono sotto gli occhi di tutti - ha dichiarato Anderson, direttore esecutivo dell’Unep - e invece riconoscere l'opportunità significativa che si presenta e iniziare a rispondere agli allarmi tappando le falle che stanno riversando nell'atmosfera il metano”.  Anche in questo caso: “Gli strumenti sono pronti, gli obiettivi sono stati fissati: ora è il momento di agire”.

 

Immagine in copertina di Wikimedia Commons.

l'autore
Diario da Cop29

Questo spazio è dedicato al racconto della Cop29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si svolge dall'11 al 23 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian. Sofia Farina seguirà i negoziati sul posto per L'AltraMontagna, portando i lettori nel mondo dei negoziati climatici, guidandoli alla scoperta delle questioni più stringenti per i leader del pianeta (e non solo)

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