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Ambiente | 18 agosto | 06:00

Cosa osserva un dottore forestale quando si addentra in un bosco? La gestione sostenibile delle foreste è parte integrante dell'azione climatica

Una camminata in un castagneto abbandonato. Una riflessione sulle priorità della gestione forestale in situazioni di alto rischio climatico

Quando inizio un'escursione e mi addentro nel bosco, partendo da un centro abitato, il primo pensiero che faccio è tutt'altro che scientifico.

 

La prima fase è quella "estetica e spirituale". Penso a quanto sto bene lontano da asfalto e cemento e non mi importa in che bosco sto camminando, se questo a due passi dalle case è un vecchio castagneto abbandonato e mezzo crollato su se stesso a causa di patologie e noncuranza.

 

Subito dopo c'è la "fase sportiva". Mi concentro su me stesso, su come sto fisicamente: il battito cardiaco, il fiato, le gambe, i muscoli.

 

Dopo poco però, ecco la scienza che bussa al cervello. D'altronde ho studiato i boschi e l'occhio tecnico non può che scrutare alberi, arbusti e suolo a caccia di segnali. Ecco allora la "fase ecologica": penso che tutto questo legno morto in piedi e a terra, questi alberi spezzati e malconci, sono in effetti un'enorme potenzialità per un'ampia gamma di esseri viventi: insetti, funghi e uccelli la cui presenza in crescita già si mostra qua e là. Osservo il bosco che si sta già trasformando, piano piano, per diventare via via più naturaliforme. Ci vorranno diversi decenni ovviamente, dato che sono secoli che questa struttura e composizione specifica sono state plasmate da noi esseri umani per le nostre fondamentali esigenze vitali: legno principalmente, ma qui anche frutti, castagne.

 

 

Subito dopo scatta quindi la "fase produttiva": penso ad esempio a quanto legname è stato "sprecato", a quanti pali, travi e legna da ardere avremmo potuto ricavare dalla gestione attiva di questo bosco. Penso che anche parte del castagneto da frutto potrebbe essere recuperato. Penso agli operatori che vi avrebbero potuto lavorare, alle filiere corte e locali che avremmo potuto attivare e... sono sincero: un po' mi piange il cuore.

 

Arriva così la "fase selvicolturale", quella che mi spinge ad osservare il bosco da tutti i punti di vista analizzati in precedenza ma tenendo conto anche del contesto ambientale, sociale, economico e climatico, perché nella crisi che stiamo vivendo anche questo è diventato un parametro fondamentale di cui ormai si deve sempre tenere conto.

 

Penso allora che questo bosco, questo castagneto coltivato da secoli e ora lasciato all'abbandono in cui sto camminando, a poche centinaia di metri da un centro abitato, in un versante abbastanza arido e senza viabilità che lo percorre, in un territorio a forte rischio incendi, sia una potenziale bomba, ecologica e climatica. Se qui partissero le fiamme, dopo mesi di siccità, durante un'ondata di calore, con un po' di brezza a spingerle, andrebbero a fuoco centinaia di ettari in poche ore. Tonnellate di carbonio accumulate negli alberi in decenni tornerebbero immediatamente in atmosfera e gli operatori antincendio non avrebbero modo di agire con efficacia. Così tutta quella biodiversità che ho osservato e immaginato nella "fase ecologica" verrebbe cancellata all'istante, insieme al legno della "fase produttiva" e ovviamente al paesaggio. Il suolo si scoprirebbe, ci sarebbe dissesto idrogeologico. Insomma, un disastro.

 

 

Di conseguenza penso che qui - non ovunque, ma in una situazione di questo tipo - è assolutamente necessario intervenire: ripensare ad una gestione, realizzare opere selvicolturali di prevenzione antincendio. Abbassare la quantità di biomassa infiammabile garantendo la rinnovazione del bosco, anche producendo legno, che andrebbe poi a sostituire plastica, acciaio e cemento oppure gas e gasolio, se trasformato in energia. Dando opportunità sociali ed economiche a chi in montagna vive, perché anche la presenza attiva di gente in questi territori rurali è a tutti gli effetti una forma di resilienza climatica. Anche recuperando qualche prato, pascolo, area agricola di montagna nei dintorni, per frenare le fiamme e rendere il paesaggio, nel suo complesso, più variegato e quindi più resiliente all'avanzata delle fiamme. Anche questo favorirebbe la biodiversità, ambienti diversificati significano specie diverse che vi abitano e con l'avanzata del bosco a seguito dell'abbandono stiamo perdendo importanti habitat legati alle storiche attività antropiche, ai prati e ai pascoli.

 

Ci saranno tante altre aree, in questa valle, in cui la priorità potrà esse data alla conservazione, anche integrale: in Italia il 35% dei boschi è già oggi all'interno di aree protette e in molte altre zone, anche non protette, è proprio impossibile intervenire, fare selvicoltura, perché non sono raggiungibili. Ma qui, in questo preciso bosco, è prioritario gestire per non rischiare di perderlo, insieme al carbonio che ha accumulato durante la sua crescita, insieme ai suoi servizi ecosistemici, ai suoi habitat.

 

Gestirlo, e farlo bene, è "una questione di responsabilità", come amava spesso dire l'amico Paolo Cantiani, ricercatore forestale da poco purtroppo scomparso. 

 

Come sempre, alla fine di tutte queste "fasi", mi rendo conto di quanto tempo ho perso tempo a ragionare. Non posso farci nulla: tutto è terribilmente urgente e penso che la gestione forestale sostenibile sia parte integrante dell'azione climatica. Che in queste aree si debba intervenire il prima possibile, tornare ad un rapporto sano ed equilibrato tra boschi e società.

 

Questa non lo so sinceramente che fase sia, forse quella della speranza, o dell'urgenza, o della disperazione.

 

Una fase che mi fa pensare, sempre più spesso, che di queste questioni occorre parlare, con più persone possibili, al più presto.

l'autore
Luigi Torreggiani

Luigi Torreggiani è giornalista e dottore forestale. Collabora con la rivista “Sherwood - Foreste ed Alberi Oggi” e cura per Compagnia delle Foreste la comunicazione di progetti dedicati alla Gestione Forestale Sostenibile e alla conservazione della biodiversità forestale. Realizza e conduce podcast, video e documentari sui temi forestali. Ha pubblicato per CdF “Il mio bosco è di tutti”, un romanzo per ragazzi, e altre storie forestali illustrate per bambini. Per People ha pubblicato “Sottocorteccia. Un viaggio tra i boschi che cambiano”, scritto a quattro mani con Pietro Lacasella. 

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