Come scegliere un miele di qualità? "Ho sempre cercato di far capire quanta cura e fatica ci sia dietro alla produzione di un chilo"
Il miele di alta montagna alpina è un Presidio Slow Food che testimonia la caparbietà di chi ama la montagna e il mondo delle api e sceglie le difficoltà dell’estate in altitudine per donare alle proprie api la possibilità di bottinare essenze uniche, in ambienti ricchi di biodiversità, e ottenerne un miele di assoluta qualità. Valle dopo valle e apicoltore dopo apicoltore, il racconto di questa stagione è soprattutto un racconto di passione verso il mondo delle api, con un forte impegno a diffonderne la conoscenza

di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il miele di alta montagna alpina è un Presidio Slow Food che testimonia la caparbietà di chi ama la montagna e il mondo delle api e sceglie le difficoltà dell’estate in altitudine per donare alle proprie api la possibilità di bottinare essenze uniche, in ambienti ricchi di biodiversità, e ottenerne un miele di assoluta qualità. Frutto di grandi rischi e incognite ma portatore di grandi soddisfazioni per l’apicoltore e di servizi ecosistemici fondamentali per la natura.
A inizio stagione 2024 la preoccupazione era tanta: gli apicoltori hanno portato in alta montagna le arnie in ritardo rispetto agli anni scorsi a causa di fioriture che stentavano a partire per il maltempo. Anche arrivati nella postazione in altitudine, durante le prime settimane hanno registrato piogge e temperature troppo basse per permettere una raccolta che andasse oltre la necessità di sfamare le famiglie. Si arrivava da una apertura di stagione apistica difficile, con produzioni primaverili praticamente azzerate nel fondovalle: pochissimo il raccolto di acacia, tarassaco, miele di millefiori primaverili in tutto il Trentino, situazione comune a tutte le Prealpi e facilmente riconducibile al meteo dei mesi da marzo a giugno. Ma gli apicoltori non si sono fatti scoraggiare, consapevoli della qualità che si produce in montagna e del ruolo ecosistemico che hanno le loro api introdotte negli ambienti dei pascoli, delle praterie e dei boschi sopra i 1.400 metri.
Valle dopo valle e apicoltore dopo apicoltore, il racconto di questa stagione è soprattutto un racconto di passione verso il mondo delle api, con un fortissimo impegno a diffonderne la conoscenza verso i cittadini.
In Val Rendena, Mauro Villi ha portato le api a Madonna di Campiglio a fine giugno, una decina di giorni dopo rispetto agli altri anni, con molti dubbi sulla stagione: “La mia postazione di montagna è a Madonna di Campiglio, a 1.600 metri. Le porto qui da Spiazzo Rendena, a circa 650 metri, dove la primavera è stata disastrosa. Sulle fioriture di erica e di tarassaco non si è prodotto nulla e anche per tiglio e castagno siamo ai minimi, tanto che per tutta la primavera ho dovuto nutrire le mie api. Fortunatamente le ultime due settimane di luglio hanno portato un buon risultato”.

Gli fanno eco i produttori della Val di Sole, il gruppo più numeroso e affiatato tra i componenti del Presidio Slow Food del miele di alta montagna alpina. Francesco Moratti ne è l’appassionato presidente, posiziona le sue famiglie tra i 1.400 e i 1.700 metri, nella zona di Malga Sadron e di Malga Valpiana. In quest’ultima l’associazione apicoltori ha costruito una stazione di fecondazione delle api, un servizio gratuito a disposizione dei soci per migliorare la qualità delle api. Molti dalla Val di Sole o dalla confinante Val di Non, scelgono l’incontaminata Val di Rabbi per la produzione di millefiori di montagna e rododendro.
Il 25 giugno Claudio Chini da Cles ha portato le api in località Plan, come ogni anni da vent’anni: “Per tutta la primavera ho dovuto nutrire le api e non c’è stata alcuna produzione di acacia o di tiglio, che in zona è abbondante verso Mostizzolo. Sono stato un insegnante per tutta la vita e credo che ci sia ancora tanto lavoro da fare per trasmettere la conoscenza del mondo delle api. Ho sempre cercato di far capire quanta cura e fatica ci sia dietro alla produzione di un chilo di miele, dal lavoro delle api e delle centinaia di migliaia di voli necessari per portare pochi grammi di nettare, alla dedizione dell’apicoltore che deve nutrire le api, trattarle, spostarle, per poi dedicarsi al miele, a farlo maturare, confezionare, distribuirlo”.
In una valle laterale a quella di Rabbi, la Val Maleda, porta le sue api Andrea Zanini: “Ho un legame speciale con il luogo in cui porto le api in estate. Ho solo 12 arnie ma fin da quando ho iniziato a fare apicoltura mi sono ripromesso che le avrei sempre portate in Val Maleda. Si tratta di una valle laterale della Val di Rabbi, sopra Malga Stablàz, a 1.800 metri, qui c’è un luogo che viene chiamato “la busa”. Ed è qui che anche quest’anno, verso il 20 di giugno, ho portato le api da Terzolas dove le tengo in primavera. Ho ritardato lo spostamento in montagna di qualche giorno a causa del meteo e delle temperature molto basse che hanno ritardato la fioritura del rododendro. Dopo un avvio difficile da metà luglio con il caldo e il bel tempo, le api hanno portato un buon quantitativo di nettare e bello chiaro, come è caratteristica del rododendro. Gli abitanti delle nostre valli conoscono il lavoro della montagna, la fatica e i rischi che produzioni a queste altezze comportano, siano di miele o di formaggio, e sono quindi generalmente attenti alla qualità del prodotto. Più difficile con i turisti e coloro che arrivano dalla città ai quali va spiegato e raccontato per far capire qual è il valore del vasetto di miele”.

L’azienda Agricola Grum di Conci Martina ha scelto la vicina Val di Bresimo, anch’essa famosa per le bellissime fioriture del rododendro, nelle aree di Malga Bordolona, a circa 1.500 metri, da dove le api possono raggiungere diversi pascoli, compresi quelli di malga Preghena e Binasia. Con il marito Luca, Martina gestisce un’azienda agricola specializzata in produzione di miele e di piante officinali a Vervò, a 1.000 metri, nel cuore della Val di Non. Anche qui in a stagione iniziata tra le difficoltà ma che si è aperta a luglio inoltrato.
Anche Matteo Andreatti e Greta Dallapiccola, gestiscono un’azienda agricola dove all’apicoltura si unisce la coltivazione di piante officinali e una importante attività didattica. Siamo dalla parte opposta rispetto alla Valle dell’Adige, la sede della loro azienda Gocce d’Oro, è vicino al Lago delle Piazze a Baselga di Pinè. “Le nostre postazioni estive sono sul passo Redebus, tra la Val dei Mocheni e l’altopiano di Piné, e nell’area di Malga Stramaiolo. Nella prima le api bottinano millefiori con presenza di rovo, lampone e qualche melata, nella seconda rododendro. Dopo Vaia il nostro rododendro è ormai da considerare un misto lampone, dato che in ampie aree di bosco schiantato sta crescendo questa pianta pioniera, secondo noi dando un valore aggiunto in termini di sapore e complessità al miele. Finita la stagione apistica in montagna verso fine luglio, ci concentriamo sulle attività del nostro agriturismo che si svolgono tutto l’anno ma che in agosto si intensificano. Proponiamo fattoria didattica per famiglie e bambini, laboratori dedicati al mondo del miele e delle piante officinali, aperitivi con i nostri prodotti. Un modo per far cultura del cibo buono, pulito e giusto per turisti e residenti e per far conoscere il valore anche del miele di alta montagna alpina".
Dalla confinante Valsugana la voce di Francesco Mezzo, apicoltore professionista: “Porto le api in varie zone del Trentino tra fine giugno e fine luglio per inseguire diverse fioriture. Quest’anno ho cinque postazioni in montagna tra la Valsugana, l’Altopiano di Piné e la Val Rendena. Il meteo ha penalizzato completamente la produzione sia nelle fasi iniziali che per gran parte di inizio luglio. Le bilance registrano belle importazioni, ad esempio sul lampone, ma poi è sufficiente qualche giorno di brutto tempo e le api consumano tutto per la propria sopravvivenza. E il bel tempo dura troppo poco per garantire una buona produzione che a sua volta non venga, in gran parte, usata come nutrimento dalle api. Sono riuscito a produrre qualcosa sul castagno e sul lampone, e da metà luglio ho avuto un buon riscontro sul rododendro ma le altre fioriture di montagna purtroppo sono state inconsistenti: niente tiglio, pochissima melata. L’anno scorso la stagione era partita male in primavera con siccità e maltempo ma poi a giugno si erano aperte delle bellissime fioriture. Quest’anno invece il meteo ha penalizzato anche giugno e gran parte di luglio, confermando una primavera molto difficile durante la quale sono riuscito a produrre solo 2 chilogrammi di acacia per alveare. D’altra parte lo vediamo anche guardandoci attorno lo stress a cui sono sottoposte le piante. In Valsugana le acacie finita la fioritura sono ingiallite perdendo talvolta anche le foglie, è un problema che ha toccato anche tutto il settore agricolo come le mele e la viticoltura. Stagioni come queste ci dovrebbero insegnare quanto sia importante, per i cittadini, conoscere il mondo del miele e saper scegliere quello di qualità, per riacquisire la consapevolezza del legame del miele con i cicli e le stagioni della natura. Probabilmente di una stagione apistica che ha portato a così scarse produzioni, non ci si renderà nemmeno conto, trovando comunque anche l’anno prossimo gli scaffali pieni di miele, di provenienza estera talvolta di scarsa qualità o addirittura contraffatto”.

L’esperienza tra le Dolomiti della Val di Fassa ci viene raccontata da Alessandro Suffritti e Aurora Brunel che insieme gestiscono l’Azienda Agricola Ciasa do Parè, una realtà che rappresenta al meglio l’azienda multifunzionale di montagna in grado di ibridare diverse attività per garantire la sostenibilità economica dell’intera famiglia anche in annate difficili. Oltre al miele qui ci si occupa della produzione di formaggi (di solo razza grigia alpina Presidio Slow Food, a latte crudo e senza fermenti industriali) ma anche di carni, ospitalità, fattoria didattica, e ristorazione con l’adesione al progetto dei Cuochi dell’Alleanza di Slow Food.
“Le nostre api sono già ad un’altezza medio alta tutto l’anno, sia qui a Soraga in Val di Fassa, dove abbiamo il nostro agriturismo, sia a Falcade, dove siamo sopra i 1.300 metri. In estate le portiamo ancora più in alto, in due postazioni differenti: a Passo San Pellegrino a 1.980 metri e al lago Forte Buso che si trova verso Passo Rolle ad un’altezza di 1.740. Abbiamo scelto di differenziare le postazioni da una parte per tutelarci da eventuali sfortune legate a temporali e grandine, ma anche per la diversità delle fioriture. In Val Ceremana siamo a un’altitudine inferiore e in un luogo ricco di rododendro. A Passo San Pellegrino, invece, ci inseriamo nell’ecosistema creato dalle malghe e dall’alpeggio, dove le essenze sono quelle tipiche dei prati non sfalciati ma mantenuti dalle vacche. Dopo una stagione primaverile in cui abbiamo prodotto circa un quarto rispetto all’anno scorso del nostro “Miel da Ciasa”, abbiamo portato le api in alta montagna verso la metà di giugno, nonostante il freddo, infatti, il rododendro aveva una bella fioritura. In montagna nel 2023 abbiamo assistito a una stagione particolarmente positiva. Secondo gli anziani del luogo bisogna tornare indietro di 60 anni per ricordarsene una simile. Quest’anno l’inizio stagione è stato sfavorito dal meteo ma il sole e il caldo di metà luglio hanno permesso una produzione in linea una stagione normale”.
Sergio Angeli, apicoltore di Croviana, in Val di Sole, quest’anno non ha portato le api in alta montagna, ridimensionando la propria attività apistica a causa delle difficoltà della stagione. Ma dal suo osservatorio di professore di entomologia alla Facoltà di Scienze agrarie, ambientali e alimentari della Libera Università di Bolzano suggerisce alcune riflessioni sull’importanza del miele di alta montagna alpina. Un miele che è un distillato di tutta la montagna, capace di racchiudere l’ampio spettro di biodiversità di essenze che popolano pascoli e boschi in altitudine. Anche tra i produttori questa consapevolezza si sta rafforzando e sempre più il miele di millefiori di montagna viene considerato come il più rappresentativo del territorio. Un miele quindi di qualità e come tale lo percepiscono sempre più anche i cittadini. “Stagioni difficili come quella che si sta concludendo – afferma Sergio Angeli - dimostrano come produrre questo miele è sempre più peculiare, ma si sta anche capendo che la quantità non può essere il modo di condurre le api, bensì è necessario guardare alla qualità. L’esperienza in montagna ci testimonia anche l’importanza di un ambiente pulito per il benessere delle api, in alta montagna le famiglie stanno bene. Nonostante le temperature più rigide l’ottima biodiversità dei pollini determinata dalle numerose fioriture, fa sì che le famiglie si rafforzino. Il Presidio diviene quindi una testimonianza non solo della qualità del miele e dell’impegno dell’apicoltore ma anche del benessere animale”.

Marta Villa, vice presidente di Slow Food Trentino, per il suo lavoro di antropologa del Dipartimento di Sociologia e scienze sociali dell’Università di Trento, trascorre le estati a studiare alpeggi, malghe e le comunità che abitano le Terre Alte. In questo contesto osservate speciali sono anche le api: “sono ambasciatrici di biodiversità: senza di loro e di tutti gli impollinatori i pascoli in quota ad esempio sarebbero sterili e quindi la ricaduta in termini di perdita ecosistemica sarebbe enorme, senza la possibilità di una stima quantitativa. Gli apicoltori sono dei collaboratori della natura e dei costruttori di paesaggio: quel paesaggio che dona benessere a tutti gli esseri umani e che è una composizione armonica di viventi e non viventi. Le attività dei nostri apicoltori sono una sapiente mescolanza di spere materiale e immateriale che caratterizza l’umanità fin dagli albori, eravamo proto-apicoltori già nel paleolitico. La relazione eccezionale tra apicoltori e quindi api e Domini collettivi in Trentino è parte di quel laboratorio Terre Alte che studiamo come ricercatori, divulghiamo attraverso le attività pubbliche e applicate tipiche della nuova forma di interazione tra le discipline umanistiche e la realtà. Le api sono una collettività che non dissipa, che sapientemente costruisce la propria ricchezza, le comunità alpine sono simili: la relazione tra queste oasi di fraternità intraspecifiche sono una possibile alternativa alla crisi climatica che è crisi generale che caratterizza questi ultimi decenni della nostra presenza sul Pianeta”.
Protagonista dell’estate trentina del mondo del miele è anche il MMapedi Croviana, il Mulino Museo dell’ape, gestito dall’associazione di promozione sociale L’alveare, e di cui Anna Benedetti è la coordinatrice. Un osservatorio particolare quale punto di incontro tra i produttori e i cittadini curiosi di scoprirne di più. Tutt’altro che un museo statico e contemplativo, si anima tutti gli anni con tantissimi esperienze, incontri, degustazioni e visite ma è una realtà che ha avuto un ruolo importante nell’evoluzione della consapevolezza dei produttori. Grazie al confronto serrato nei suoi dieci anni di attività ha portato i produttori, che hanno scelto una unica etichetta per commercializzare il loro miele, a individuare il giusto valore al quale vender il proprio prodotto. Nell’incontro con il pubblico, uno degli obiettivi è evidenziare l’importanza del miele di millefiori nella sua capacità di rispecchiare un territorio. Sono più di 8.000 gli utenti del museo da aprile a settembre, uno straordinario strumento di diffusione di conoscenza.
Il Presidio Slow Food del miele di alta montagna alpina riunisce apicoltori di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Valle d’Aosta e della Provincia Autonoma di Trento. In quest’ultima area raccoglie dieci produttori ed è nato nel settembre 2023 grazie all’impegno di Slow Food Trentino Alto Adige, della Fondazione Slow Food per la biodiversità e l’importante aiuto di Daniele Biazzi che ha condotto, in collaborazione con Maria Grazia Brugnara, i panel di assaggio e la selezione dei produttori. Gli apicoltori che vi aderiscono devono sottoscrivere un rigido disciplinare stilato da Slow Food in collaborazione con gli stessi apicoltori e sottoporre ogni anno i prodotti della stagione estiva a una commissione di assaggio che ne conferma la rispondenza. Vengono commercializzati con una etichetta narrante comune a tutti i produttori la quale rimanda all’elenco degli apicoltori aderenti al Presidio e alle attività organizzate singolarmente e insieme. Un segno di comunità e di collaborazione tra i produttori che è anche testimone di un modello economico basato sulla difesa del cibo buono, pulito e giusto, la tutela della biodiversità ma anche sulla cooperazione e la solidarietà tra apicoltori.
Il Presidio sarà presente a Terra Madre, la grande manifestazione che ogni due anni richiama a Torino le Comunità del cibo di tutto il mondo e che si svolgerà a Parco Dora dal 26 al 30 settembre.