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Ambiente | 05 febbraio | 19:00

Caldo in montagna: per qualcuno è normale, ma i dati delineano una situazione anomala

Le temperature anomale dilagano sulla catena alpina, eppure non sono pochi a sostenere che i valori che in questi giorni si stanno registrando nelle valli alpine siano “normalissimi”. Una percezione sbagliata, questa, come spiega in modo efficace Daniele Cat Berro della Società Meteorologica Italiana e redattore di Nimbus

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Le temperature anomale dilagano sulla catena alpina: dal Piemonte, al Trentino, fino al Veneto dove sabato scorso, sul Monte Grappa, la colonnina di mercurio ha raggiunto 13,3 gradi a 1540 metri di quota.

Eppure non sono pochi a sostenere che i valori che in questi giorni si stanno registrando nelle valli alpine siano “normalissimi”. Una percezione sbagliata, questa, come spiega in modo efficace Daniele Cat Berro della Società Meteorologica Italiana e redattore di Nimbus (il portale italiano della meteorologia e del clima):

 

“A Susa – informa Berro – grazie alla stazione meteorologica Arpa Piemonte installata secondo gli standard internazionali, sono disponibili dati validati dal dicembre 1990. In 34 anni di misure il numero medio di giorni con temperatura massima >= 20 °C nel trimestre dicembre-febbraio è circa raddoppiato, e non se ne erano mai rilevati tanti come in questo inverno (7, e il trimestre non è finito), come ben visibile nel grafico. Episodi di foehn caldo accadevano anche in passato – soprattutto nel fondovalle della Val di Susa, tra i più esposti delle Alpi ai foehn caldi da Ovest – ma la frequenza e l'intensità degli eventi invernali caldi di questi anni non hanno precedenti noti da quando si fanno osservazioni (a Susa da poco più di un trentennio, in altri casi da oltre due secoli)”.


“Aggiungo – conclude Berro – che una temperatura massima di (almeno) 20,0 °C a Susa in un giorno tra dicembre e febbraio corrisponde al 98° percentile della distribuzione statistica (periodo 1990-2024), ovvero si verifica solo nel 2% delle giornate invernali (dic-gen-feb), ed è pertanto definibile come evento "raro", anche se, nella "nuova" distribuzione statistica di un clima in rapidissimo cambiamento, eventi di questo tipo stanno diventando - ahinoi - sempre più frequenti”.

 

Una frequenza capace di trasformare l'anomalia in normalità, e la normalità, purtroppo, non fa notizia. Proprio per questo è necessario parlarne, ma soprattutto è obbligatorio, prima di esprimere giudizi legati alle percezioni, ascoltare la scienza. Un esercizio importante per evitare di scivolare maldestramente su derive ideologiche.

 

(L’immagine in copertina è stata pubblicata da Copernicus.eu)

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