100.000 chili di semi e 30 ghiacciai artificiali: come le montagne del Kyrgyzstan si stanno adattando ai cambiamenti climatici
Nella giornata dedicata ai sistemi alimentari, dalla Cop29 di Baku proviamo a capire quali misure sta adottando il Kyrgyzstan (paese coperto per il 94% di montagne) per affrontare l'aumento delle temperature

Passeggiare tra i padiglioni della zona delle delegazioni è un’esperienza confusionaria, a tratti claustrofobica, a tratti divertente: si passa dai padiglioni tropicali, pieni di fiori di ibisco e tessuti colorati, alle strutture avveniristiche degli Emirati Arabi Uniti, dai chicchi di caffè dell’Etiopia alla tavola da surf con il visore virtuale del Portogallo. Il mio punto preferito di quell’enorme stanza (posso dirlo ora, dopo numerose ricognizioni) è il padiglione del Kyrgyzstan, un paese coperto per il 94% di montagne. Come immaginerete, è difficile parlare di qualcosa di diverso dalle terre alte, e questo paese lo fa magistralmente, con eventi a ciclo continuo, sempre fortemente connessi al tema della giornata.
Quello che attira e spinge ad avvicinarsi al padiglione del Kyrgyzstan è la presenza di una iurta: essenzialmente un’abitazione mobile (simile a una tenda) utilizzata da diverse popolazioni nomadi della mongolia. “Le iurte non sono solamente delle case - mi spiega un membro della delegazione che si trova lì per accogliere i visitatori - sono una componente essenziale della cultura kirghisa e sono diventate un vero e proprio simbolo del paese”. La iurta, infatti, anche se non è più utilizzata tanto quanto in passato dalla popolazione del posto, rimane la sede dei rituali e delle cerimonie più importanti.

Le yurte kirghise sono costituite da una cupola di pali di betulla legati a un reticolo che forma le pareti verticali. L’esterno è fatto di feltro e lana, che lo rende idrorepellente e caldo, e può essere facilmente rattoppato in caso di necessità o reso più leggero in caso di temperature più elevate, mentre la parte superiore della yurta è costituita da un cerchio di legno, il tunduk, che costituisce uno dei simboli più essenziali della famiglia e dell’universo. Queste abitazioni pensate per essere mobili sono solo uno degli elementi della cultura kirghisa che sono stati forgiati dalle tradizioni e dalle necessità della vita nomadica di questo popolo che trova la propria casa nelle terre alte (molto alte, ci sono anche dei settemila nel paese).
Ascoltando parlare dei loro rappresentanti, mi sembra che la capacità di adattamento a contesti spesso poco ospitali, come quelli che i sei milioni di persone che compongono la popolazione kirghisa sono sempre riusciti a gestire, emerga anche nel modo in cui questo popolo sta affrontando la crisi climatica.
Oggi, in particolare, qui a Cop29 è la giornata dedicata al tema del cibo (i sistemi alimentari, infatti, sono fortemente colpiti dal surriscaldamento globale, e a loro volta sono una delle sue cause principali, quasi ironicamente) e quindi al padiglione del Kyrgyzstan si è parlato di agricoltura, allevamento e gestione dell’acqua nella montagna del futuro.
“Il nostro è un paese in cui si trovano le sorgenti d’acqua, non abbiamo problemi idrici e gli scienziati ci dicono che non ne avremo sicuramente fino al 2030 - ha spiegato Baketaev Almaz Kushbekovich, ministero delle finanze - però stiamo comunque investendo molto su una nuova e più efficiente gestione delle risorse idriche per i nostri paesi confinanti, che dipendono dall’acqua che parte da qui, ma che prelevano molto più a valle di noi”. Il Kyrgyzstan, racconta il ministro, investe una componente importante delle sue risorse per questo scopo: “Abbiamo appena stanziato 4 milioni di dollari per rendere più efficiente del nostro sistema idrico, soprattutto per quanto riguarda l’agricoltura. Potrebbe sembrare poco, ma per un paese come il nostro si tratta di una cifra ingente”.
L’acqua non manca, in generale, ma questo non vuol dire che per questo popolo delle alte quote non ci siano delle sfide urgenti da affrontare nel mondo dell’agricoltura e dell’allevamento, e la presentazione dei loro obiettivi, come paese, in questi settori, mi sono sembrate molto utili a spiegare quel rapporto bidirezionale che c’è tra i sistemi alimentari e il cambiamento climatico, per cui c'è bisogno di politiche che agiscano contemporaneamente sulle cause e sugli effetti del cambiamento climatico.

Secondo gli studiosi, la fertilità del suolo nelle terre coltivabili diminuirà a causa dei cambiamenti climatici e l'area dei deserti e dei semi-deserti aumenterà dal 15 per cento del 2000 al 23,3-49,7 per cento entro il 2100. I pascoli di alta quota potrebbero dimezzati e i pascoli primaverili-autunnali del 70%. Inoltre, si osserverà la diminuzione delle rese di grano e orzo, di barbabietola e colture da frutto, anche a causa di un'esposizione crescente agli eventi estremi. Inoltre, la minaccia dell'arrivo di nuovi parassiti e infezioni di piante e animali è alta. Se vi sembra di aver già sentito parlare di queste cose è perché, in misura e modalità diverse, ma questi sono gli stessi impatti che osserviamo e prevediamo per le nostre, di montagne.
Il ministro ha raccontato le misure di mitigazione (riduzione delle emissioni di gas serra) e di adattamento (ad un nuovo clima, più caldo) per l’agricoltura kirghisa. Il suo paese, infatti sta contemporaneamente (come tutti dovremmo, peraltro) agendo per ridurre il proprio contributo all’emissione di gas serra in atmosfera, sviluppando l’agroforestazione, riducendo il numero di capi che vengono allevati e aumentando l’agricoltura biologica, e aumentando la propria resistenza e resilienza climatica tramite delle azioni mirate sulla sostenibilità della coltivazione e dell’allevamento, oltre che dei diversi usi della terra.
La maggior parte dei terreni agricoli del paese (più dell’80%) sono dedicati al pascolo, ma negli ultimi vent’anni i pascoli effettivamente curati e gestiti sono diminuiti in modo sostanziale, e per questo motivo dal 2024 il governo ha iniziato una “battaglia alla degradazione del suolo” mirata a migliorare la copertura e la salute dei pascoli. Due elementi interessanti di questa operazione di riqualificazione dei terreni da pascolo: il ministro ha detto di avere in programma di piantare 100.000 chili di semi (per riqualificare 10.000 ettari di pascolo) e che stanno sfruttando la tecnica dei ghiacciai artificiali (quella che arriva dal Ladakh) per migliorare l’efficienza idrica degli allevamenti (ne hanno già creati trenta).

Questo spazio è dedicato al racconto della Cop29, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si svolge dall'11 al 23 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian. Sofia Farina seguirà i negoziati sul posto per L'AltraMontagna, portando i lettori nel mondo dei negoziati climatici, guidandoli alla scoperta delle questioni più stringenti per i leader del pianeta (e non solo)