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Alpinismo | 13 agosto | 17:03

Raggiunge quota 3.600 ma si sente male (VIDEO): "Così ho scelto di rientrare. Rinunciare alla vetta è una scelta dolorosa ma fa parte del bagaglio dell'alpinista"

Non è facile rinunciare, soprattutto quando si tratta di conquistare nuove vette. Ma è necessario saperlo fare, perché i rischi in montagna ci sono e non vanno sottovalutati. A raccontare una delle sue esperienze, l'alpinista Luca Calzone, che sui social ha pubblicato un post (ri)condiviso da molti: "Ho cominciato a sentirmi male a quota 3.600: così ho deciso di rientrare"

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

"Le variabili nell'alpinismo sono sempre tante e come è capitato a me questa volta, basta non stare bene per una piccola congestione da freddo e la vetta salta". In montagna ci vuole preparazione e soprattutto consapevolezza delle proprie capacità. Lo sa bene l'alpinista Luca Calzone, con alle spalle una considerevole esperienza sulle terre alte che, di recente, ha dovuto decidere di rinunciare alla conquista del Gran Combin.

 

"Sapere quando è il momento di rinunciare, anche se scelta dolorosa, fa parte del bagaglio di esperienza dell'alpinista. Infatti con dei leggeri giramenti di testa non me la sono sentita di proseguire sulla parte più difficile". La volontà di raccontare (anche sui social) quanto vissuto nasce principalmente dalla consapevolezza che oggi ci siano fin troppe persone che in quota ci vanno "con (troppa) leggerezza, mettendo a rischio se stessi ed i soccorritori". 

 

"Eravamo partiti dalla Cabane De Valsorey alle 03e30 di notte, arrivando al Col du Meitin a quota 3.609 metri - ricorda Calzone -. Eravamo poi scesi dall'altro lato per vedere la via Nord e gli immensi e spettacolari seracchi, poi, non stando bene, siamo tornati indietro".

 

Un'escursione conclusasi in maniera inaspettata ma che, viste le condizioni fisiche dell'alpinista, non sarebbe potuta andare altrimenti (quantomeno non senza rischiare conseguenze): "Ho raccontato di questa mia esperienza perché credo che educare al giusto modus operandi nella pratica dell’alpinismo e ad usare il cervello e il buon senso in tutte le attività in montagna sia non soltanto utile, ma soprattutto giusto e doveroso".

 

"Soprattutto in tempi in cui ci si approccia alle terre alte pensandole luoghi privi di rischio e senza attrezzatura adeguata. Meglio girare i tacchi e rinunciare o non cimentarsi proprio in alcune esperienze, per il bene di tutti".

 

Si parla spesso di rinuncia, ma la realtà è che, soprattutto per gli alpinisti più esperti, è molto difficile tornare indietro e soprattutto accettare di non essere più in grado di proseguire. Ma, come suggerisce il protagonista dell'esperienza in Svizzera, "è bene imparare a farlo, anche se può risultare doloroso".

 

 

 

 

 

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