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Cultura | 07 gennaio | 22:16

Raccontare le montagne oltre i luoghi comuni

Per presentare L'AltraMontagna, il curatore del portale Pietro Lacasella ha intervistato i componenti del comitato scientifico. 

Qui di seguito l'intervista a Camilla Valletti.

scritto da Redazione

Per presentare L'AltraMontagna, il curatore del portale Pietro Lacasella ha intervistato i componenti del comitato scientifico. 

Qui di seguito l'intervista alla la giornalista culturale e consulente editoriale Camilla Valletti.

 

La letteratura alpina è spesso caratterizzata da ricorrenti luoghi comuni: territori incontaminati, legami fraterni, collaborazione tra compaesani, purezza d’animo, amicizie inscalfibili, … Può essere pericoloso, da un punto di vista sociale, narrare un’immagine troppo idealizzata dei territori alpini?

 

Certamente sì. Quel tipo di immagine, che riporta ad un ideale di Eden perduto o da ritrovare, lavora su stereotipi di matrice romantica da lasciare finalmente alle spalle. Se la letteratura si riferisce alla montagna come possibile modello di severità e buone pratiche pensiamo ad esempio a Primo Levi, allora può essere un utile grimaldello per traslare su valori etici indiscutibili. In questo senso la montagna sfuma, nella sua concretezza, per assumere un rilievo astratto, un rimando condiviso ad un insieme di elementi (la fatica, la solitudine, l’isolamento, le tracce del passato) che possono funzionare come escamotage narrativi. Se invece si esaltano elementi quali la purezza, la tradizione, la condivisione di riti e l’autonomia sprezzante rispetto alla pianura, allora si affonda in una deriva che accarezza le ideologie destrorse di matrice evoliana. Va trovato un giusto mezzo, guardando agli esempi del passato quali appunto Levi, Massimo Mila, Natalia Ginzburg, Mario Rigoni Stern, Lalla Romano dove la montagna è vissuta e raccontata con passione misurata. La letteratura, in prima battuta, non può prescindere dalla storia, dalla memoria dei luoghi e, dunque, scivolare nella retorica del bello e del buono è anche deviare dalla verità.

 

 

Sulla base della tua esperienza, stai notando un’evoluzione narrativa capace di tener conto anche di una realtà montana meno edulcorata?

 

E’ in corso una profonda, silenziosa rivoluzione in quella che viene definita, un po’ genericamente, letteratura di montagna in Italia. Come scout e lettrice professionista, negli ultimi sette anni, - come anno di riferimento scegliamo il 2016 che vede l’uscita delle “Otto montagne” di Paolo Cognetti per Einaudi - ho seguito con vivo interesse il cambiamento di rotta di chi scrive di montagna.  Penso a scrittori quali Matteo Melchiorre, Paolo Malaguti, Sandro Campani: i loro libri entrano nel vivo di un ambiente segnato dalla perdita del lavoro, dalle cicatrici della guerra, dall’abbandono e da una natura tutt’altro che ospitale, un ambiente in parte ostico e in parte così articolato da essere il terreno adatto per una riflessione sul contemporaneo. Possiamo pensare quasi ad una nuova ecologia della scrittura che guarda al nature writing nel senso del rispetto filologico nei confronti della biologia alpina accompagnata da una scelta stilistica e morale rivolta ai luoghi meno battuti, lontani dalla cassa si risonanza del gran turismo. In questo novero, segnalerei anche l’opera a tratti metafisica di Claudio Morandini, la ricostruzione attenta di Sara Loffredi e il disincanto di Alessio Torino. Ci sono, inoltre, editori molto dedicati a questa caccia all’autore come, per esempio, Ponte alle Grazie che con la sua collana “Passi” raccoglie testimonianze e scritture di ottimo taglio riconoscibili dal pubblico più attento.

l'autore
Camilla Valletti

Dal 1994 lavora come redattore presso la rivista L’Indice dei Libri del Mese, occupandosi in particolare delle pagine di letteratura straniera e di scienze. È consulente editoriale per Einaudi, Ponte alle Grazie, Salani e Bollati Boringhieri. Frequenta la montagna con assiduità.

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