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Attualità | 16 febbraio | 06:00

Il comitato scientifico de L'AltraMontagna si esprime contrario alla pista da bob e invita a investire diversamente

Il comitato scientifico de L’AltraMontagna, nell’esprimere la propria contrarietà circa la pista da bob in programma di realizzazione a Cortina, indica una serie di linee guida per calibrare gli investimenti in opere e iniziative pensate per portare un valore aggiunto ai territori montani e a chi li abita

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Il 2 febbraio 2024, la Società Infrastrutture Milano Cortina ha firmato l’accordo con Pizzarotti S.p.A. (unica impresa ad essersi presentata in tre bandi di gara) per la realizzazione della pista di bob. L’importo iniziale, stimato in 47 milioni, è cresciuto fino a 82 milioni, anche se c’è chi stima che i costi complessivi potranno arrivare a 122 milioni, cui si aggiungeranno i costi di gestione ordinaria stimati in circa un milione di euro l’anno.

Il Comitato Olimpico Internazionale aveva ribadito la propria contrarietà alla realizzazione dell’infrastruttura, considerato che in Europa ci sono già abbastanza piste per soddisfare il fabbisogno di un modesto numero di praticanti (58 in Italia, comprendendo bob, skeleton e slittino, inclusa la categoria Junior).

 

Diciamo no

 

Esprimiamo la nostra contrarietà alla costruzione del nuovo sliding center di Cortina per i seguenti motivi:

- Si tratta di un enorme investimento pubblico per un impianto sportivo utilizzato da pochissimi praticanti. Nessun altro sport arriva a sostenere un simile rapporto costi/benefici. I costi di gestione dell’impianto annuale sono ingentissimi (oltre un milione di euro).

- Le prospettive future sono scarse, come dimostra il caso dell’analogo impianto di Cesana realizzato per le Olimpiadi di Torino 2006, abbandonato dopo pochi anni.

Una tale mole di risorse pubbliche concentrata su un solo impianto sportivo rafforza la convinzione che la montagna esprima un interesse prevalentemente “festivo”, attento più ai grandi eventi che alle necessità quotidiane di chi abita e vive in quei luoghi.
- Costruire un impianto ex novo di tale portata in un’epoca segnata da problemi di natura ambientale, climatica ed economica è un messaggio socialmente devastante, diseducativo e incoerente con le dichiarazioni del Rapporto di Sostenibilità, Impatto e Legacy 2023 della Fondazione Milano Cortina 2026, e con il dossier di candidatura, in cui la parola sostenibilità figura 97 volte in 120 pagine.

- Nuovo consumo di suolo: l’impianto inciderà fortemente sull’aspetto della conca ampezzana e comporterà l’abbattimento di un pregiato lariceto secolare di circa cento piante.

- Con un clima che si fa sempre più caldo, investire in infrastrutture che dipendono anche dalle basse temperature è una scelta poco lungimirante.

 

Diciamo sì

 

Le Olimpiadi del 2026 avrebbero potuto costituire un’occasione per mostrare discontinuità con i grandi eventi del passato e per dare seguito agli impegni di “sostenibilità” più volte dichiarati. La rinuncia al nuovo sliding center avrebbe creato un disavanzo negli stanziamenti che avrebbe potuto trovare destinazioni più concrete a favore della montagna e di chi ci vive:

- Trasferire le gare alle piste della vicina Innsbruck, o di Sankt Moritz, sarebbe stato un modo per valorizzare il dialogo transalpino e l’identità transnazionale delle Alpi (come caldamente suggerito dal Comitato Olimpico Internazionale): un modello – per le Olimpiadi del futuro – di “candidatura di rete” internazionale e non di singola nazione.

- I risparmi derivanti dalla rinuncia della nuova pista avrebbero potuto essere impiegati su misure per combattere lo spopolamento della montagna, mediante contributi a fondo perduto per la ristrutturazione di edifici destinati a chi decide di trasferire la propria attività in quota.

- La montagna necessita di infrastrutture e servizi utili alla quotidianità, al di là e oltre i grandi eventi, tali da garantire un’abitabilità per i territori di montagna nel medio e lungo periodo.

- Più che di “grandi opere” la montagna ha bisogno di una rete di “opere piccole” per contrastare il deficit di manutenzione denunciato nel Rapporto Montagne Italia nel 2016: contributi a fondo perduto per l’acquisto di  piccole attrezzature per attività di manutenzione diffusa, in particolare nelle aree interne e marginali.

- Con 82 milioni si sarebbero potuti sostenere progetti di abbattimento di  emissioni di CO2, si sarebbe potuto agire con più forza sul ripristino delle aree devastate da Vaia, invece di abbattere inutilmente i larici che attualmente si trovano sul sito del futuro impianto. 

 

Con i risparmi della nuova pista si sarebbe potuto dare un segnale di vicinanza e attenzione per chi vive e presidia quotidianamente il difficile territorio montano, che di fronte alle gare di bob in TV del 2026 avrà un sorriso amaro.

Qualora il Comitato organizzatore intendesse attivare una di queste azioni, in nome della coerenza con gli obiettivi dichiarati nel dossier di candidatura, L’AltraMontagna sarà felice di darne notizia e risalto nei propri articoli.

 

Firmato, il Comitato Scientifico di L’AltraMontagna

Giovanni Baccolo, Vanda Bonardo, Irene Borgna, Mirta Da Pra Pocchiesa, Antonio De Rossi, Maurizio Dematteis, Sofia Farina, Marco Albino Ferrari, Michele Lanzinger, Cesare Lasen, Matteo Melchiorre, Andrea Membretti, Luigi Torreggiani, Camilla Valletti, Mauro Varotto

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