"Impatti devastanti e irreversibili'', 44 esperti lanciano l'allarme e chiedono attenzione: ''C'è il rischio concreto di un collasso della circolazione oceanica nell'Atlantico"

In una lettera aperta, formalmente indirizzata ai ministri dei paesi nordici, i 44 maggiori esperti internazionali sulla Atlantic Meridional Overturning Circulation (che tradotta letteralmente sarebbe "capovolgimento meridionale della circolazione atlantica") richiamano l'attenzione della politica internazionale sul rischio di un collasso del sistema di correnti che svolge un ruolo cruciale nella regolazione del clima in Europa e in Nord America

di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
"I sottoscritti sono scienziati che lavorano nel campo della ricerca sul clima e ritengono urgente richiamare l'attenzione del Consiglio dei ministri nordici sul grave rischio di un importante cambiamento della circolazione oceanica nell'Atlantico. Una serie di studi scientifici condotti negli ultimi anni suggerisce che questo rischio è stato finora molto sottovalutato. Un tale cambiamento della circolazione oceanica avrebbe impatti devastanti e irreversibili soprattutto per i Paesi nordici, ma anche per altre parti del mondo". Queste sono le prime parole di una lettera aperta (per i curiosi, il testo integrale si trova qui) pubblicata poco fa, in cui 44 esperti internazionali chiedono attenzione alla politica su un tema tanto complesso quanto urgente da affrontare. Parliamo del collasso della principale circolazione dell'Oceano Atlantico, nota come Amoc, un acronimo che sta per Atlantic Meridional Overturning Circulation (che tradotta letteralmente sarebbe "capovolgimento meridionale della circolazione atlantica"), è una possibilità che finora si tendeva a considerare remota, ma che ora sembra invece più vicina e preoccupante di quanto si pensasse.
Per capire meglio di cosa stiano parlando, vediamo (o ripassiamo) di cosa si tratta: l'Amoc è essenzialmente un sistema di correnti con un ruolo cruciale per la regolazione del clima in Europa e Nord America, e per questo motivo un suo cedimento avrebbe impatti irreversibili sul clima globale con conseguenze (senza esagerazioni) devastanti per il pianeta.
L’Amoc si basa su un complesso movimento di masse d'acqua che attraversano l'Atlantico settentrionale, veicolando calore dai tropici fino alle regioni più settentrionali dell'Europa. L'acqua calda superficiale viaggia infatti dalle latitudini equatoriali fino al Nord Atlantico, dove rilascia parte del proprio calore. Raffreddandosi, si addensa e sprofonda, tornando a sud in profondità per poi risalire in superficie grazie alle correnti oceaniche globali. Questo movimento è responsabile di circa il 20% della Corrente del Golfo e del riscaldamento delle regioni atlantiche europee. Il funzionamento di questa "pompa termica" è ciò che mantiene i climi europei relativamente temperati rispetto ad altre zone del mondo alla stessa latitudine.
Da alcuni decenni si osservano segnali preoccupanti che l'Amoc sia in fase di rallentamento, un fenomeno che gli scienziati attribuiscono in gran parte al riscaldamento globale. I modelli climatici predicono che, con l’aumento delle temperature, si assista a una riduzione della salinità delle acque nell'Atlantico settentrionale, causata sia dalla maggiore fusione dei ghiacci della Groenlandia e dall'aumento delle precipitazioni. Questi cambiamenti portano a un’acqua più dolce e meno densa, che fatica ad affondare. Il risultato è un circolo vizioso: la salinità diminuisce, l’Amoc rallenta ulteriormente, e questo processo autoalimentato potrebbe portare il sistema a un punto di non ritorno. Una volta raggiunto questo "tipping point", l'Amoc potrebbe collassare, con conseguenze gravissime.
Stefan Rahmstorf, uno degli scienziati firmatari della lettera, ha spiegato che una delle prove più evidenti del rallentamento è rappresentata dal cosiddetto "blob freddo", una vasta area di acque insolitamente fredde nel Nord Atlantico. Mentre il resto del pianeta si riscalda, questa regione mantiene temperature più basse, in apparente controtendenza con il riscaldamento globale. Questa anomalia è in realtà il segnale di un minore trasporto di calore verso l'Europa, dovuto alla riduzione dell'Amoc. Un altro campanello d’allarme è l’aumento della temperatura lungo la costa orientale del Nord America, fenomeno che i modelli climatici avevano previsto proprio come effetto del rallentamento della circolazione atlantica.

Se l'Amoc dovesse collassare, i cambiamenti sarebbero drammatici, con effetti visibili anche nei Paesi europei. Il primo impatto sarebbe un drastico raffreddamento dell'Europa nord-occidentale, che potrebbe portare a inverni molto più rigidi e lunghi. Le ripercussioni si estenderebbero però ben oltre le temperature: ci sarebbe uno spostamento delle fasce tropicali di precipitazione verso sud, alterando i sistemi piovosi in tutto il mondo. Mentre le foreste pluviali si seccherebbero, le regioni più aride potrebbero essere colpite da piogge eccessive, innescando siccità in alcune aree e inondazioni in altre. Questo sconvolgimento climatico colpirebbe l’agricoltura, la sicurezza alimentare e la biodiversità, generando crisi umanitarie e ambientali su vasta scala.
Inoltre, il collasso dell'Amoc aumenterebbe il livello del mare lungo la costa atlantica di circa mezzo metro, aggravando ulteriormente il rischio di alluvioni costiere, soprattutto nelle regioni più esposte come il nord Europa e la costa orientale degli Stati Uniti.
Tra l'altro, l’Amoc svolge anche un ruolo fondamentale nell'assorbimento dell'anidride carbonica: grazie a queste correnti, il carbonio viene portato nelle profondità oceaniche, lontano dall'atmosfera. La sua interruzione ridurrebbe la capacità dell'oceano di sequestrare la anidride carbonica, con un conseguente incremento dell’effetto serra e un ulteriore riscaldamento globale. Questo aspetto preoccupa particolarmente gli esperti, poiché rappresenta un ulteriore feedback positivo nel sistema climatico, ovvero un processo che contribuisce ad amplificare il riscaldamento anziché ridurlo.
Ma quando potrebbe avvenire tutto questo? La scienza è divisa sul momento esatto, e prevedere con certezza il punto di non ritorno è difficile, anche per via delle incertezze legate alla modellazione climatica. Fino a pochi anni fa, si riteneva che il rischio di collasso dell'Amoc entro questo secolo fosse inferiore al 10%. Tuttavia, nuovi studi hanno modificato queste stime, suggerendo che il collasso potrebbe verificarsi già nei prossimi decenni. Rahmstorf e altri esperti ritengono che la probabilità sia ora più vicina al 50%. Questa incertezza richiede un monitoraggio costante e accurato, che viene realizzato misurando quotidianamente il flusso dell’Amoc attraverso reti di sensori nell'Atlantico, fornendo dati preziosi per individuare i segnali precoci di una sua possibile interruzione.
Il rischio di superare il punto di non ritorno per l'Amoc rappresenta uno dei più gravi allarmi lanciati dalla scienza del clima. La situazione è critica ma non irrimediabile: ridurre rapidamente le emissioni di gas serra potrebbe ancora scongiurare la fine dell'Amoc e preservare l'equilibrio del sistema climatico globale. Tuttavia, la lettera firmata dagli scienziati rappresenta un avvertimento: ignorare questi segnali potrebbe significare affrontare conseguenze catastrofiche per il clima e per la vita sul pianeta.