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Ambiente | 15 giugno | 06:00

(IL VIDEO) Un drone potrebbe rivoluzionare il mondo dell'alpinismo himalayano: un successo i primi test di Dji. Ecco in cosa consistono

L'esperimento portato avanti dall'azienda cinese leader del settore Dji e dalla municipalità locale è andato a buon fine: il drone FlyCart30 è decollato dal Campo Base dell'Everest e ha volato fino al Campo I, trasportando materiali in salita e rifiuti in discesa. Le implicazioni dell'utilizzo di droni nelle spedizioni himalayane sono notevoli, come dichiarano i funzionari locali, e spaziano dal trasporto delle attrezzature e dei rifiuti alla tutela delle vite dei portatori

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Ciò che è successo pochi giorni fa sulla vetta più alta e ambita del pianeta potrebbe rivoluzionare il mondo dell’alpinismo himalayano, in termini di trasporto delle attrezzature, rimozione dei rifiuti e salvaguardia delle vite umane: un drone dell’azienda cinese Dji ha fatto la storia volando fino al Campo I sull’Everest. 

 

L’azienda ha dichiarato che il drone FlyCart30 è decollato dal Campo Base dell’Everest e ha volato fino a un’altitudine superiore ai 5.300 metri sul livello del mare, fino al Campo I. Il drone dell’azienda ha trasportato tre bombole di ossigeno e 1,5 chili di altre forniture al campo, che gli scalatori hanno potuto utilizzare durante la loro ascesa. Inoltre, durante la discesa, il drone ha riportato alla base i rifiuti prodotti dagli scalatori in quota.

 

I portavoce di Dji hanno affermato che un drone non modificato potrebbe compiere il tragitto tra Campo Base e Campo I in soli 12 minuti (andata e ritorno) e trasportare fino a 30 chili di materiale.

 

La portata di questa notizia si comprende con un minimo di conoscenza del percorso da seguire per l’ascesa della montagna più alta del mondo: infatti, per arrivare al Campo I è necessario attraversare la famigerata cascata di ghiaccio di Khumbu.

Si tratta di un fiume di ghiaccio di circa un chilometro, che viene normalmente attraversato dagli scalatori durante la notte, quando i seracchi sono più stabili e il rischio di crolli è minore. Ciononostante, la cascata di ghiaccio negli anni si è fatta teatro di innumerevoli tragedie: secondo l’Himalayan Database, quasi 50 persone vi hanno perso la vita tra il 1953 e il 2023.

 

"La cascata di ghiaccio del Khumbu ha causato molte vittime, soprattutto tra il personale di supporto in alta quota. Il drone potrebbe evitare il crescente numero di vittime tra le guide alpine almeno nel tratto della cascata di ghiaccio", ha dichiarato Jagat Prasad Bhusal, responsabile amministrativo della municipalità rurale di Khumbu Pasang Lhamu, in cui si trova l’Everest “infatti dal Campo II, a 6.400 m, alla vetta, le possibilità di valanghe sono minori”.

 

Alcune delle forniture di cui le guide e gli scalatori hanno bisogno per il Campo I sono bombole di ossigeno, tende, cibo e corde. I droni, in questo contesto, hanno un evidente vantaggio: sono più sicuri dell’invio di uno sherpa, più economici di un elicottero e possono operare in una gamma più ampia di condizioni meteorologiche.

 

Come emerge in una lunga intervista a Bhusal pubblicata su The Kathmandu Post, l’utilizzo dei droni è particolarmente interessante per la municipalità locale anche in relazione al tema - molto sentito e molto discusso - del trasporto a valle dei rifiuti prodotti dalle spedizioni. Il governo nepalese ha lavorato molto in questa direzione negli ultimi anni, introducendo nuove e stringenti regole circa la gestione dei prodotti organici e inorganici degli scalatori. 

 

In seguito al successo delle prove realizzate a fine maggio, il governo nepalese ha iniziato ad appaltare le operazioni di rifornimento con i droni al Campo I dell’Everest.

 

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