Contenuto sponsorizzato
Ambiente | 12 febbraio | 12:00

Filosofia tra i ghiacci: Matteo Oreggioni, filosofo e operatore glaciologico per il podcast "Un quarto d'ora per acclimatarsi"

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Sono un operatore glaciologico con un bagaglio filosofico che si confronta con l'arretramento dei ghiacciai”.

 

È ormai sotto i nostri occhi: i ghiacciai italiani stanno scomparendo anno dopo anno e a gran velocità, vittime per eccellenza di temperature sempre più alte e precipitazioni irregolari, tanto da essere spesso definiti “malati terminali”. Il loro arretramento ci impatta, come umanità, su diversi livelli, che vanno dalla perdita di riserva idrica per i mesi siccitosi alla perdita della memoria del passato immagazzinata nel ghiaccio. Oggi abbiamo il piacere di passare un quarto d’ora con Matteo Oreggioni, filosofo, divulgatore e operatore glaciologico per il Servizio Glaciologico Lombardo. Matteo ha scritto un libro, “Filosofia tra i ghiacci”, in cui interroga (e ci interroga) su quale lezione sulla relazione uomo-ambiente e sul futuro del pianeta possiamo trarre dalla lenta fusione dei ghiacciai. 

 

“Il ghiacciaio ci racconta chi siamo, aprendo una finestra anche sul futuro dell’umanità” spiega Oreggioni “i ghiacciai sono dei comunicatori straordinari, ci interrogano perché sono in grado di trascendere spazialità e temporalità. Sono in grado, in sintesi, è rendere visibile l'invisibilità della crisi ecologica, del cambiamento climatico”. In sostanza, “e ci concentriamo sui ghiacciai, ci rendiamo conto che essi stanno scomparendo per via dell'aumento delle temperature rispetto all’era pre-industriale. Grazie all’osservazione dell’arretramento lo tocchiamo con mano, lo vediamo con i nostri occhi, e non è così facile farlo nella nostra vita quotidiana”.

 


Ghiacciaio del Rutor, agosto 2023

 

La lezione che i ghiacciai possono fornirci è duplice, secondo Oreggioni. Oltre al rendere tangibile e concreta la crisi climatica, ci permettono anche di sperimentare il nostro ruolo in essa, nel guidarla e nel definire la sua evoluzione. Citando un passaggio di Filosofia tra i ghiacci: 

Basti pensare qui alla surreale, ridicola e paradossale messa in posa dei teli plastificati sui ghiacciai. Questi non sono la cura o la soluzione ad alcunché, ma la rappresentazione plastica dell’impossibilità di una cura: la concretizzazione del nostro fallimento e strutturale ritardo. Il telo, nello stesso momento in cui viene posato, delimita il campo di azione, mostra l’impossibilità di raggiungere anche solo la minima soluzione al problema.”

 

L’immagine dei teli plastificati posati sui ghiacciai d’estate per rallentarne la fusione diventa un simbolo per riflettere sull’impossibilità (o possibilità) di una cura e sull’angoscia che ne consegue in noi. Infatti “il ghiacciaio ci mostra che la nostra unica possibiltà per salvarli, per bloccare questo arretramento, è stabilizzare il clima; ma stabilizzando il clima noi siamo in grado, in sostanza, anche di salvare noi stessi”. Si tratta, per usare ancora le parole del filosofo, di “un intimo patto di correlazione, per cui se noi saremo in grado di salvare i ghiacciai, vorrà dire che saremo stati in grado di salvare anche noi stessi”.

 


Ghiacciaio del Rutor, agosto 2023

 

 

L’attività di Oreggioni con il Servizio Glaciologico, svolta sulle Orobie dove “i ghiacciai stanno in mezzo ai rododendri” è base fondante per lo sviluppo della propria filosofia “andare verso un ghiacciaio, camminare sui sentieri, salire sulla montagna e anche di per sé una palestra filosofica, proprio perché mentre noi saliamo, dobbiamo camminare per ore e abbiamo la possibilità di discutere, di condividere le idee, di ragionarci sopra, confutarle insieme a chi cammina con noi: c'è una sorta di preparazione mentre ci avviciniamo e attraverso la spazialità sottratta del ghiacciaio già iniziamo a interrogarci”.

 

Qui è possibile ascoltare la puntata, disponibile anche su tutte le principali piattaforme podcast (Spotify, Apple e Google Podcast, Audible): 

 

 

SOSTIENICI CON
UNA DONAZIONE
Contenuto sponsorizzato
recenti
Cultura
| 21 gennaio | 08:15
Durante il discorso di insediamento, ha promesso che il monte Denali (con i suoi 6190 metri d'altezza il più alto del Paese) tornerà a chiamarsi come stabilito nel 1917. Ecco i motivi
Idee
| 21 gennaio | 06:00
Promosso dal gruppo di lavoro Terre Alte del Comitato Scientifico Centrale del Club Alpino Italiano e giunto nel 2025 alla quarta edizione, il premio chiede alle sezioni CAI di segnalare figure emblematiche nel preservare saperi e tradizioni dei paesi montani
Ambiente
| 20 gennaio | 19:19
 Specialmente tra la dorsale abruzzese e quella umbro marchigiana abbiam vissuto dei valori termici davvero molto bassi, con temperature che a 2000 metri hanno sfiorato anche i -12°C. Nel video siamo sul Vettore (Parco Nazionale dei Monti Sibillini immortalato da Paoloantonio D’Ettorre)
Contenuto sponsorizzato