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Ambiente | 15 maggio | 18:00

Espansione zecche: è preoccupante il range geografico che sono riuscite a colonizzare in pochissimo tempo, raggiungendo anche latitudini estreme. I cambiamenti climatici influenzano la loro distribuzione?

Se alla fine degli anni ’80 nell’arco alpino le zecche erano assenti o rare, ora la loro presenza è stata segnalata al di sopra dei 1000 metri, ciò è dovuto al mix di fattori che sono guidati o dal cambiamento climatico o dall’uomo e hanno reso le aree montane terreno fertile per l’espansione delle zecche ad altitudini più elevate

Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Le zecche sono artropodi che appartengono alla famiglia degli Acari, la stessa dei ragni, e si nutrono tipicamente di sangue; ma a differenze dei suoi parenti, rappresentano a livello mondiale il vettore che trasporta più tipi di patogeni pericolosi sia per l’uomo - si pensi alla malattia di Lyme e alla TBE (encefalite da zecca) - sia per il bestiame, che per gli animali domestici e selvatici.

 

Attualmente diverse specie di zecche sono fonte di preoccupazione per la comunità scientifica (e non solo), in quanto gli agenti patogeni che trasmettono stanno aumentando in termini di distribuzione e incidenza, con gravi conseguenze per la salute e il benessere dell’uomo e degli animali. Le ragioni possono essere molteplici, interconnesse e complesse e sicuramente il cambiamento climatico gioca un ruolo importante, che influenza l’abbondanza e la distribuzione delle zecche anche in aeree geografiche molto diverse tra loro.

 

In generale la loro distribuzione è influenzata dal comportamento del “ricercare il pasto di sangue” e dalla disponibilità nell’ambiente di ospiti su cui possono nutrirsi; ma anche i fattori climatici e ambientali, come l’umidità, la temperatura, il tipo di vegetazione e la disponibilità di acqua influenzano le chance di sopravvivenza, di riprodursi ed espandersi.

 

In condizioni favorevoli, un tipo di ambiente che prediligono sono le foreste, rispetto agli habitat aperti come pascoli e brughiere, poiché forniscono un microclima più fresco e umido, nonché rappresentano l’habitat prediletto di molte specie per il foraggiamento e il riparo.

Ma se facciamo un passo indietro, e ampliamo il nostro sguardo non più sull’habitat ma su scala globale, è preoccupante il range geografico che sono riuscite a colonizzare in pochissimo tempo; raggiungendo anche latitudini estreme, infatti, sono presenti in tutti i continenti, compresa l’Antartide. In Europa, i suoi confini sono a nord, dalla Norvegia artica e a sud il Nord Africa; a ovest dalla costa atlantica nord-orientale e a est il Mar Caspio.

Il motivo per cui alcune specie di zecca (come nel caso di Ixodes ricinus e Ixodes scalpuris) siano riuscite a colonizzare diversi ambienti risiede nella loro plasticità e resilienza; sono in grado quindi di sopravvivere e mantenere la popolazione vitale anche quando esposte a un cambiamento climatico.  

 

Le stime più recenti del cambiamento climatico indicano che, a livello globale, il clima si è riscaldato in media di 1°C dal periodo preindustriale (1850-1900), e si prevede che le temperature supereranno 1,5-2°C entro il 2081-2100. Però non è solo la temperatura a cambiare; infatti, siamo testimoni di recenti eventi metereologici estremi, che hanno visto precipitazioni e temporali forti e abbondanti, accompagnate da eventi di inondazioni più frequenti, mentre altre aree, in particolare le regioni più secche, sperimentano siccità più prolungate e frequenti.

 

Viste tutte queste nuove condizioni climatiche, e soprattutto, visto che alcune specie di zecca sono in grado di adattarsi e far fronte alle avversità ambientali, quello che è stato osservato e riportato nelle ricerche scientifiche è che temperature più calde favoriranno la produzione e la schiusura delle uova, il completamento del ciclo vitale e avranno un’attività di ricerca dell’ospite più elevata; questo è un dato preoccupante, vista la tendenza delle temperature ad aumentare. Infatti, sono necessarie temperature fresche per inibire i ritmi del ciclo vitale, gli inverni rigidi aumenta la mortalità, soprattutto ad altitudini e latitudini più elevate, poiché è stato dimostrato che le zecche non possono sopravvivere a lungo a temperature inferiori a circa -15°C.

 

Quindi, l’altezza può rappresentare un fattore limitante per le zecche, infatti, il clima nelle zone montuose è caratterizzato da grandi escursioni termiche, che sono più pronunciate con l'aumentare dell'altitudine. Queste condizioni possono limitare il comportamento di ricerca e il tasso di sviluppo delle zecche. Tuttavia, ci sono fattori che possono giocare a favore delle zecche, come il manto nevoso, che le protegge dagli sbalzi di temperatura e dal freddo e, dopo la fusione della neve e l’aumento della temperatura, viene a crearsi un ambiente umido ottimale, che può spiegare il numero relativamente elevato di zecche e la prevalenza di siti infestati osservati in alta quota in primavera, per poi diminuire durante l’estate, quando aumenta la siccità.

 

Inoltre, bisogna considerare anche i fattori antropici che hanno favorito l’espansione geografica delle zecche nelle Alpi italiane, come l’abbandono del territorio e la frammentazione degli habitat, che hanno contribuito ai cambiamenti nella copertura vegetale e nella distribuzione della fauna selvatica in alta quota.

 

E se alla fine degli anni ’80 nell’arco alpino le zecche erano assenti o rare, ora la loro presenza è stata segnalata al di sopra dei 1000 metri, ciò è dovuto al mix di fattori che sono guidati o dal cambiamento climatico o dall’uomo e hanno reso le aree montane terreno fertile per l’espansione delle zecche ad altitudini più elevate.

 

 

Riferimenti

  1. The Impacts of Climate Change on Ticks and Tick-Borne Disease Risk | Annual Reviews
  2. Ticks climb the mountains: Ixodid tick infestation and infection by tick-borne pathogens in the Western Alps - ScienceDirect
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