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Trento, un Manfioletti nel serbatoio per raggiungere la Serie D

Calcio. Il tecnico della società di via San Severino ha il sesto titolo di Eccellenza nel mirino. Manfioletti: "A Brunico abbiamo dato un segnale, ma guai a sentirsi già arrivati"

Stefano Manfioletti, tecnico del Trento
Pubblicato il - 02 ottobre 2016 - 01:18

TRENTO. Stefano Manfioletti guida una vera e propria “fuoriserie”, ma ai suoi giocatori sta inculcando la mentalità da formazione operaia. Insomma, come se il “motore” del Trento fosse quello di un’utilitaria.

 

Quattro vittoria in quattro partite in campionato, tre su tre in Coppa Italia, a cui vanno aggiunti i due successi conseguiti all’ “Euregio Cup”, che hanno permesso alla compagine di via Sanseverino di mettere in bacheca il primo trofeo stagionale.

 

Cura maniacale dei dettagli, nessuna sottovalutazione e preparazione di ogni singola gara come se fosse la finale di Champions League: Stefano Manfioletti è questo. E, non a caso, è il tecnico più vincente a livello regionale con i suoi cinque successi in Eccellenza.

 

I giocatori sono bravi, tanti “fuori” categoria, vi allenate al pari di una formazione professionistica e avete una marcia in più rispetto a tutte le altre: eppure il Trento è una squadra umile.

 

“Sì, perché ho la fortuna di allenare un gruppo formato da persone intelligenti: tutti si sono messi a disposizione e il messaggio è stato chiaro sin da subito. Anche se siamo il Trento non ci sono partite facili e, prima di festeggiare, bisogna giocare e vincere. Sul campo. E, vi assicuro, che anche se ci alleniamo cinque volte la settimana e abbiamo calciatori che vantano trascorsi importantissimi in categorie ben più nobili dell’Eccellenza, nessun match è vinto in partenza”.

 

“Una partita alla volta” è il motto delle cosiddette squadre “piccole”. Riuscire a farlo vostro vi potrebbe portare a “numeri” incredibili.

 

“E’ l’unico modo che conosco per lavorare bene e per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. O, per meglio dire l’obiettivo, che è quello di conquistare la promozione nella categoria superiore. Da luglio stiamo lavorando unicamente per questo”.

 

C’è anche la Coppa Italia, a dire la verità.

 

“Si tratta di un percorso parallelo che, sicuramente, vogliamo affrontare nel migliore dei modi. Lo scorso anno abbiamo conquistato il Trofeo Provinciale, che la società aveva già vinto nel 2014. Ci siamo qualificati per i quarti e ci teniamo parecchio anche se, in ordine di priorità, il campionato resta l’obiettivo numero uno”.

 

Lei ha lavorato in tantissime altre società della provincia di Trento, le migliori, con due “puntate” significative in Alto Adige. E allora la domanda è obbligata: allenare il Trento è qualcosa di unico?

“Per un trentino doc come me, sicuramente sì. Trento è la squadra della mia città, quella che da piccolo andavo ad ammirare in tribuna. Le pressioni sono notevoli, ed è giusto che sia così, ma una “pressione” me la creo io stesso, perché ho grandi aspettative e vincere con questa maglia è qualcosa di particolare”.

 

Andiamo sull’attualità: la vittoria contro il San Giorgio ha ribadito, se mai ve ne fosse stato bisogno, che il Trento è di un’altra pasta rispetto anche alla rivale più accreditata.

 

“Ho sentito parlare di campionato “finito” dopo appena quattro giornate. Niente di più falso: le insidie sono sempre dietro l’angolo e non credo che squadre del calibro di Naturno, Bozner e Maia Alta siano così semplici da affrontare. A Brunico abbiamo dato un segnale “importante” al campionato, ma da qui a festeggiare ne passa di acqua sotto i ponti. Tanta”.

 

 

 

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