Ignazio Moser sprinta sulla bici senza freni tra spallate e cadute spettacolari
Il figlio del grande "Checco" sta partecipando al Red Hook Criterium Rockstar un circuito che va da Brooklyn a Milano per bici a scatto fisso: "Come quella del mio amico oro olimpico Matteo Viviani che come me fa parte della Confraternita dei ciclisti del triveneto"

TRENTO. La bicicletta pesa appena sei chili, è senza freni e non ha il cambio. Sarebbe perfetta per la pista (ricordate quella dello scozzese Graeme Obree, che stabilì il record dell’ora nel ’93 e nel ’94 con un telaio da lui stesso progettato e costruito?) e per le scorribande sul fondo di un velodromo in una corsa a punti o per un inseguimento, ma c’è anche chi la utilizza sul fondo stradale in un circuito stretto e con curve a 180 gradi che costringono i ciclisti ad evoluzioni al limite dell’impossibile. Ignazio Moser, velocista figlio d’arte con un buon passato da dilettante, diversi risultati di spessore su pista (oro nell’inseguimento individuale ai Campionati Italiani) e un paio di stagioni tra i pro con la formazione giovanile della Bmc Racing, la Bmc Development, è tornato a pedalare dopo che, due anni fa, aveva dato l’addio al mondo delle corse. E ha scelto il “Red Hook Criterium Rockstar”, un circuito di quattro gare assolutamente pazze: si corre su di un circuito della lunghezza di circa 1,5 km da percorrere una ventina di volte per arrivare ai 30 km finali e le bici, per l’appunto, non hanno freni e cambio. Insomma: si va a tutta e, per rallentare, si può solo 'contropedalare'.
“Ci vogliono gamba, tecnica e anche un pizzico di follia - se la ride Moser - perché, particolare non trascurabile, non si corre da soli contro il tempo ma tutti assieme. E, nessuno dei partecipanti, 'molla' di un centimetro sino alla curva. Ogni tanto succede qualche 'patatrac', come a Brooklyn, in occasione della prima gara del Criterium: una motocicletta non è partita e c’è stato un incidente che ha coinvolto tantissimi atleti, fortunatamente senza troppe conseguenze”.
Il “Red Hook Criterium”, ideato qualche anno fa da David Trimble, si sviluppa su quattro appuntamenti: il primo è stato quello di Brooklyn, poi sono arrivate le tappe di Londra e Barcellona e il primo ottobre Milano ospiterà la prova conclusiva. E Moser ci sarà. "Ho partecipato alla gara di Brooklyn e a quella di Londra - prosegue Moser -, mentre ho saltato Barcellona per impegni lavorativi. Devo dire che, ai primi due appuntamenti, non sono arrivato con una 'gran' gamba: ho fatto bene nella qualificazione, ma poi in gara ho pagato la poca preparazione. A Milano, invece, conto di fare meglio: mi sono allenato, la condizione è migliorata ed, essendo una gara italiana, ci tengo a fare bene. Domani, intanto, sarò a Parma, sul circuito di Varano, per una gara a carattere nazionale dove testerò la condizione a tre settimane dall’evento”.
La domanda sorge spontanea: ma non era meglio “ributtarsi” sulla pista? "Con il ciclismo professionistico ho chiuso un paio di anni fa e non ho rimpianti. Essere corridore di alto livello comporta sacrifici, tanta fatica e logoramento mentale. Io ho preferito dedicarmi ad altro e, adesso, ho trovato il modo di restare in questo mondo divertendomi e provando un qualcosa di diverso".
Elia Viviani ha appena vinto il titolo olimpico dell’ “Omnium” (“disciplina molto bella e coinvolgente” spiega Ignazio) e il giovane Moser, che del ciclista veronese è grande amico, racconta un simpatico aneddoto. "Elia è stato fantastico - conclude - e la sua vittoria l’ho vissuta intensamente. Mi spiego: con lui ed altri abbiamo fondato un gruppo, che si chiama la Confraternita dei Ciclisti del Triveneto e, dunque, tra una prova e l’altra, si messaggiava sul gruppo whatsapp. Ho fatto un gran tifo per lui e mi sono emozionato quando ha conquistato l’oro. Ci sarà certamente modo di festeggiare".
