Basket, NBA pronta al clamoroso sbarco in Europa. Flavio Tranquillo a Il Dolomiti: "Curioso di vedere come adatteranno il prodotto ai tifosi e alla cultura europea"
Le parole dei protagonisti lasciano pensare che non sia più questione di "se", ma di "quando": l’NBA è pronta allo sbarco in Europa con una nuova "entità" (una coppa o una vera e propria Lega) che rischia di stravolgere gli equilibri (oggi precari) delle competizioni cestistiche sul Vecchio Continente. Flavio Tranquillo, voce del basket italiano e giornalista di Sky: “Negli ultimi 25 anni il mercato del basket in Europa non è stato reso efficiente dai suoi attori: ecco perché assistiamo a questo possibile sbarco”

TRENTO. Chiudete gli occhi e pensate a una lega di basket professionistico con l’atmosfera unica, la passione travolgente e l’energia delle arene europee combinate con il know-how organizzativo e mediatico dell’NBA. Sì, avete capito bene. L’NBA.
Uno scenario suggestivo che potrebbe presto essere realtà: un sogno che non sappiamo ancora che forma avrà nella sua concretezza, ma verso il quale stanno lavorando già da lungo tempo negli uffici “che contano” del basket mondiale.
Una cosa è certa: l’Europa rappresenta il prossimo grande passo di un’NBA sempre più internazionale e meno “americano-centrica”; e il basket europeo, con tutte le sue contraddizioni, potrebbe presto affrontare la sfida più grande della sua storia.
Per fare chiarezza su presente, futuro e sfide epocali abbiamo bussato metaforicamente alla porta di Flavio Tranquillo, voce del basket italiano e giornalista di Sky, che ha raccontato a Il Dolomiti il suo punto di vista su alcune questioni tutt’altro che secondarie in questa intricata vicenda di sport, business e “geopolitica”.
RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI.
Facciamo un piccolo punto della situazione: da anni si discute dell'espansione dell'NBA in territorio europeo, e ora - forse - ci siamo. Non perché si vedranno presto giocare i Los Angeles Lakers contro il Real Madrid, o i Boston Celtics contro l’Olimpia Milano, tanto per capirsi.
Ma perché i tempi sembrano maturi per la creazione di una lega “targata NBA” in Europa, alternativa o concorrente alle varie Euroleague, EuroCup e Fiba Champions League che oggi rendono il quadro della pallacanestro continentale particolarmente frammentario.
Le voci di questo clamoroso sbarco si sono fatte sempre più insistenti, soprattutto dopo le dichiarazioni rilasciate dal commissioner Adam Silver già nell'agosto 2024. In un'intervista ad Associated Press, Silver ha confermato che l’NBA sta esplorando le sue opportunità sul Vecchio Continente, valutando non solo tornei annuali ma anche la possibilità di avviare una lega vera e propria, con la collaborazione di Fiba, l'organismo che governa il basket mondiale (e che è in piena guerra politica e sportiva con Euroleague).
Nonostante tutte le cautele del caso, Silver ha dichiarato che ci sono "enormi opportunità" in Europa.
Parole eloquenti che riflettono un crescente interesse della Lega statunitense per un mercato, quello europeo, che negli ultimi anni ha visto aumentare il numero di giocatori protagonisti nel campionato migliore del mondo: ben 61 giocatori dei 125 internazionali nella stagione in corso in NBA arrivano dall’Europa. E oltre alla quantità, non manca la qualità: basti pensare alla travolgente popolarità di stelle assolute come Nikola Jokić, Giannis Antetokounmpo, Luka Dončić o Victor Wembanyama. Un contesto in cui addirittura comincia a traballare l’idea che il Dream Team americano sia la squadra nazionale “imbattibile” per definizione.
Viviamo in un'epoca in cui un un marcantonio serbo di 2 metri e 12 per 132 kg, sembra infinitamente piccolo di fronte ai 3 metri e 30 di altezza che raggiunge la palla tirata in sospensione da un ragazzetto francese.
Questa foto è un quadro.#NBAtipo pic.twitter.com/Hyu42jAHJh
— La Giornata Tipo (@parallelecinico) January 4, 2025
I GRATTACAPI DELLA NBA: L’IMPERO MOSTRA QUALCHE CREPA?
La dimensione sempre più internazionale e mondiale della NBA paradossalmente però sta rischiando di mettere un po’ in difficoltà gli affari della Lega nei confini statunitensi: usiamo tutti i caveat del caso perché stiamo parlando di un mondo in cui il valore delle franchigie, in continua lievitazione secondo le stime di Forbes, oscilla tra i 3 miliardi di dollari dei “poveri” Memphis Grizzlies e i quasi 9 dei Golden State Warriors. Nove-miliardi.
Eppure qualche “grattacapo” (anche qua, armiamoci di virgolette) arriva dai dati televisivi americani: mettendo insieme tutti i numeri della tv via cavo negli Usa, secondo Nielsen, l'NBA in questa stagione sta registrando un calo del 13% degli spettatori rispetto all’anno passato.
“Se c’è un posto dove non prendono sottogamba certi indicatori – commenta Flavio Tranquillo - questo è certamente l’NBA. Attenzione però a confondere un dato (l’ascolto televisivo in quanto tale) con la misurazione della salute commerciale ed economica di una media company così ramificata come NBA. In questo senso, non c’è un aut-aut tra mercato americano e altri mercati, ma un et-et”.
L’impero NBA in effetti anche grazie alla sua componente internazionale produce numeri mostruosi su tutte le piattaforme social: la "media company" NBA conta 182,4 milioni di follower tra Instagram, X, TikTok e YouTube. Le altre tre leghe professionistiche statunitensi (football, baseball e hockey) tutte insieme ne hanno 153,4 milioni.
Tutto questo senza dimenticarsi che gli ultimi due anni sono stati quelli con la più alta affluenza nella storia della Lega in termini di presenze di pubblico nelle arene; e che l’ultimo accordo legato ai “diritti televisivi” ha visto i broadcaster statunitensi sborsare qualcosa come 77 miliardi di dollari per trasmettere le partite dei prossimi 10 anni (cioè fino alla stagione 2035-36).
Le lamentele sulla bassa qualità del gioco a causa del presunto “abuso” del tiro da tre punti? La ciclica crociata contro le troppe partite giocate nella stagione regolare (ben 82) prima dei lunghi playoff? Al momento piccole spine che non sembrano rallentare il mostruoso business targato NBA: un campionato che non è mai stato più seguito di oggi a livello globale e in cui la perdita di interesse non sembra registrarsi in altra forma se non quella – relativa - del dato della tv via cavo.
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— Golden State Warriors (@warriors) January 3, 2025
IL BASKET IN EUROPA: POTENZIALE INESPRESSO.
A differenza della sostenibilità economica garantita dal modello NBA, che permette a chi investe nello “sport” di guadagnare (e di guadagnare cifre enormi), il basket europeo vive di equilibri fragili, dove pochi club dominano un ecosistema sostanzialmente incapace di generare profitti significativi.
È il modello a cui siamo abituati anche dalle nostre parti, e non solo nel basket: i presidenti “paperoni” buttano soldi nello sport con investimenti a perdere. Uno scenario che coinvolge anche i top club del basket europeo, abituati ad operare in rosso, schiacciati dalla “necessità” di spendere per vincere e ottenere risultati e supportati solo in minima parte dai ricavi televisivi (modesti) e dal botteghino.
Tanto che in Euroleague, al momento senza mezzi termini il “luogo” cestistico di più alto livello al mondo dopo l’NBA, con una mossa ai limiti della disperazione, si sono aperte le porte dei “petroldollari” arabi: la Final Four 2025, l’evento che assegnerà il titolo, si giocherà alla Etihad Arena di Abu Dhabi già quest’anno tra il 23 e il 25 maggio (affare da 50 milioni secondo i ben informati); e presto nei piani dell’organizzazione con sede a Barcellona è programmato l’ingresso tra le regine d'Europa della neonata squadra di Dubai (dove gioca tra gli altri l’ex Milano e Bologna Awudu Abass).
Ma i piani sono fatti per essere cambiati, dice qualcuno. Anche perché la struttura di EuroLeague al momento include 18 squadre divise tra membri permanenti e partecipanti "qualificate" in vario modo, e le licenze dei potenti club permanenti (tra cui figura ancora il Cska Mosca, ma non apriamo troppe parentesi...) scadranno nel 2026. Quello che a tutti gli effetti sarà l’anno chiave dei destini del basket continentale: qualcuno potrebbe decidere di esplorare nuove strade, attratto dalle potenziali opportunità economiche di una lega a “marchio NBA”.
Insomma, l’NBA guardando l’Europa oggi vede un gigante dormiente? Un grande potenziale inespresso? Un’occasione - parliamoci chiaramente, un’occasione di business - da cogliere?
“Quello che penso io – commenta Tranquillo - è veramente poco rilevante. Le voci sempre più consistenti di un forte interesse, eufemismo, da parte di NBA mi fanno pensare che loro ritengano che questo potenziale esista. Diversamente, non prenderebbero in considerazione un progetto che, come tutti gli ingressi nei nuovi mercati, presenta delle sfide non banali”.
L’NBA per il momento il dialogo aperto sembra averlo non con la Euroleague, bensì con l’altro “litigante”, la Fiba. Andreas Zagklis, segretario generale, ha confermato che la possibilità di una lega NBA in Europa è sul tavolo, concetto ripetuto non più tardi di qualche giorno fa anche dal presidente di Fiba Europe, Jorge Garbajosa: "Vogliamo la crescita del nostro sport, ma dobbiamo rispettare il nostro ecosistema", ha detto Zagklis.
“In termini assolutamente generali – riprende Flavio Tranquillo -, non ragionerei di questa nuova ‘cosa’ ritenendo immutabili le condizioni e i vincoli con i quali si è rapportato il basket professionistico europeo fino ad ora. Non certo perché l’NBA abbia una bacchetta magica, ma solo perché se il progetto avanza (vedi sopra) è perché ritengono che il mercato abbia dimensioni e potenziale tali da permettere di realizzare profitti nel medio-lungo periodo a fronte di investimenti adeguati. Il fatto che negli ultimi 25 anni questo mercato non sia stato reso efficiente dai suoi attori è probabilmente il motivo per cui assistiamo a questo possibile “sbarco”. Ciò non toglie che tipicamente, quando arrivi su un nuovo mercato, devi fare i conti con gli incumbent. E direi che l’NBA quei conti li sta facendo”.
E ADESSO COSA SUCCEDE?
Uno scenario complesso che finisce per lasciarci con ancora più quesiti irrisolti: lo sbarco dell’NBA in Europa potrebbe potenzialmente risolvere i "problemi" sia della NBA stessa che del basket europeo? E perché il "momento giusto" è adesso, e tutto questo non è avvenuto prima?
“È solo una mia deduzione logica – conclude Tranquillo -, ma prima evidentemente non c’erano delle condizioni che invece oggi si ritiene che esistano. Per poter rispondere compiutamente alla domanda, bisognerebbe vedere prima almeno lo scheletro del progetto. Inoltre, non farei l’errore di guardare ai risultati, anche in termini di profittabilità, dopo uno o anche cinque anni. Se l’NBA inizia un viaggio del genere, non lo fa per un periodo breve”.
Se il progetto dovesse prendere forma, si parla della stagione 2026-2027 come data di lancio: insomma, il futuro è già qui. Forma e sostanza ancora non le conosciamo, ma la curiosità non manca: quali potranno essere le logiche che guideranno la costruzione di questa nuova intrigante entità?
“Se parliamo di business – risponde Tranquillo -, nei mercati si compete o ci si accorda. Per competere con successo, bisogna avere strategie più valide e risorse più cospicue rispetto ai concorrenti. Lasciando a ognuno la valutazione degli ipotetici rapporti di forza che si potrebbero creare, ritengo che il soggetto più forte avrà interesse a cooptare quelli più deboli. Quanto all’integrazione di carattere sportivo e relativa alle abitudini del tifoso/cliente europeo, anche quello è un problema di business. Nel caso, sono molto curioso di vedere quali strategie verranno utilizzate per far penetrare in profondità un prodotto che va tarato rispetto a quelle che si definiscono ‘culture locali’”.