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"Speranze? Ridicolo averne ancora". Linda Bortolotti e Elisabetta Pizio, anime dell'Ice Rink Pinè: "Troppe promesse disattese: il pattinaggio rischia di scomparire"

La desolazione dell'Ice Rink Piné è anche una storia di sport e di persone: ne abbiamo parlato con Elisabetta Pizio e Linda Bortolotti, due donne che rappresentano tutto ciò che è sport sull’altipiano. Sono (ex) atlete, allenatrici e figure chiave nel neo insediato Cda dell’Ice Rink: "Siamo preoccupate e deluse" 

Di Marcello Oberosler - 27 agosto 2024 - 06:01

BASELGA DI PINÉ. Avvicinandosi all’Ice Rink Piné, grandi cartelli promozionali mostrano le gigantografie dei pattini da ghiaccio e le scritte emozionali recitano: “Le emozioni sui pattini qui non finiscono mai. Pattina anche tu sull’anello olimpico!”.

 

Ma di ghiaccio, pattini e tantomeno olimpiadi sull’altopiano non c’è traccia.

 

La desolazione dell’Ice Rink di questi tempi (QUI L’ARTICOLO) non è solo una storia di soldi, grandi opere, costruzioni e progetti.

 

 

Nasce e rimane - anche e soprattutto - una storia di sport e di sportivi, di emozioni e di significati profondi. Lo si coglie cercando un lampo di speranza negli occhi di Linda Bortolotti ed Elisabetta Pizio: cercando, ahinoi, senza trovarlo.

 

“Diciamo che se all’inizio c’era un po’ di speranza, oggi sarebbe ridicolo averne ancora. Almeno nel breve termine”, dice Linda. Elisabetta annuisce.

 

Siamo negli uffici della società che gestisce Ice Rink Piné in compagnia di due donne che rappresentano tutto ciò che è sport sull’altipiano: sono (ex) atlete, allenatrici e pure figure chiave nel neo insediato Cda dell’Ice Rink.

 

Linda Bortolotti, classe ’95 pinaitra “doc”, è stata a lungo atleta di livello internazionale in pista lunga e oggi allena i piccoli campioni del futuro; è sposata con Andrea Giovannini, uno che la quarta olimpiade della sua carriera avrebbe voluto viverla sul ghiaccio di casa. Elisabetta Pizio invece è bergamasca, e dell’altopiano (e del pinaitro Ermanno Ioriatti, altro campione con un curriculum da 4 olimpiadi e una serie di titoli italiani ed europei) si è innamorata nel corso dei tanti ritiri con la federazione a Piné da atleta della nazionale: due Olimpiadi, quella a Calgary nel 1988 nello short track e poi quella a Lillehammer nel 1994 nella pista lunga, le ha vissute da protagonista e oggi anche lei allena i giovani del Circolo Pattinatori Piné di cui è vicepresidente ma dopo ben 12 anni di presidenza.

 

“Gli sport sul ghiaccio sono parte del dna di questo territorio e di questa comunità”, dice Elisabetta. “È una passione che si tramanda da generazioni, qui sono nati tanti campioni: pista lunga e corta, artistico, hockey. Piné è la capitale italiana degli sport del ghiaccio”.

 

Linda questa pista la conosce come si conosce un vecchio e caro amico di infanzia: “Quando ero piccola passava a prenderci il pullmino facendo il giro di tutto il paese e di mezzo altopiano, e si andava a fare allenamento: il pattinaggio per noi di Piné è più di uno sport, è un modo di essere della comunità, qualcosa che ci unisce e ci rende quelli che siamo. Pensare che oggi tutto questo rischiamo di perderlo fa male, fa malissimo. La cosa importante sono i ragazzi, il movimento: vanno preservati e tutelati. Senza atleti che la vivono – prosegue Linda -, che senso ha una struttura sportiva? E la maggior parte sono giovani e giovanissimi: chi fa l’atleta agonista magari trova una soluzione per continuare ad allenarsi, ma rischiamo di perdere una generazione di ragazzini intorno ai 10-15 anni di età che se non si possono allenare qui cambieranno sport o peggio, smetteranno di fare attività sportiva. Un danno per loro, per la comunità e non ultimo anche per le società sportive stesse che rischierebbero di perdere un prezioso capitale umano e anche un importante sostentamento economico”.

 

Per il momento la situazione è “salvata” dagli extra sforzi delle società: il Circolo Pattinatori, per esempio, durante l’estata ha portato e sta ancora portando i ragazzi ad allenarsi a Fondo e a Pinzolo. “In questi mesi – dice Elisabetta – siamo riusciti a tamponare egregiamente la situazione, me lo dico da sola. Abbiamo coinvolto le famiglie, stiamo organizzando ogni dettaglio e ogni spostamento con l’obiettivo di provocare il minimo disagio possibile: finché non c’è la scuola, in estate è più facile organizzarsi e vivere anche questi allenamenti a distanze come ‘gite’ da fare tutti insieme in allegria, ma la musica cambierebbe se fossimo costretti ad ‘emigrare’ per tutto l’anno in altre strutture perché dovremmo fare i conti con tempi diversi, costi significativi e anche con la presenza delle società sportive di quei territori con cui spartirsi eventualmente turni di allenamento. La Provincia si farà carico dei costi di trasferimento? Siamo contenti che ci sia sensibilità delle istituzioni ai nostri problemi, ma non è con quel contributo che risolveremo la situazione. I lavori devono essere fatti, e presto. Siamo al limite della pazienza”.

 

 

Elisabetta torna a rivivere anche le montagne russe di emozioni di questi ultimi 5 anni, tra sogni olimpici, delusioni, illusioni e attese. “Massima felicità nel momento dell’assegnazione, massima delusione nel momento del cambio di sede: ci siamo sentiti presi in giro, sia per le modalità e i tempi della comunicazione che per le motivazioni ufficiali di questa scelta. Sentiamo parlare di sostenibilità, di legacy. Ecco, non ci si venga a parlare di sostenibilità in uno scenario in cui il pattinaggio velocità è stato scaricato a Milano e verrà disputato in una struttura che sarà costruita per l’occasione e smantellata il giorno dopo la fine dei giochi”.

 

“Noi – riprende Linda – possiamo dare una risposta personale a quello che è successo, non possiamo parlare a nome di tutti: ma nel mio caso, posso raccontare la delusione vissuta dagli atleti di Piné. Mio marito Andrea sognava di poter disputare queste Olimpiadi di casa, respirare l’atmosfera dei Giochi qui sull’altopiano, correre di fronte al ‘suo’ pubblico. E invece adesso tutto questo non solo si è dissolto, ma ha anche lasciato in eredità una struttura che sta soffrendo sotto tutti i punti di vista”.

 

E ora? Come abbiamo già ripetuto più volte, si spera per il meglio, ma ci si prepara al peggio. “La situazione è paradossale – continua Elisabetta -: pensate che lo scorso inverno sembrava tutto pronto per cominciare, addirittura c’era la sensazione che dovessimo chiudere le attività qualche giorno prima del solito per far cominciare i lavori di Simico. La data buona sembrava poter essere l’1 aprile. Forse avremmo dovuto capire da quella data la ‘credibilità’ del tutto (sospira amaramente, ndr). E invece a fine agosto non si è ancora mosso nulla. Certo, se allarghiamo lo sguardo vediamo che pure dove si faranno le Olimpiadi ci sono ritardi e confusioni, e allora capiamo che probabilmente non siamo l’unica realtà dove si sono sommate illusioni e frustrazioni. Ora dovremmo credere che qui i lavori finiranno entro gennaio o febbraio 2025? Non sappiamo cosa dire alle famiglie e alle società sportive, e questo nel nostro ruolo di allenatrici e anche di membri del cda di chi gestisce la struttura è angosciante. È praticamente settembre e su tutto si sono una serie di enormi punti di domanda”.

 

Ma per chi ama il ghiaccio e l’altopiano di Piné, che effetto fa vedere il palazzetto ridotto così?  “Le strutture sono vecchie – conclude Elisabetta -, se le tieni in attività si riesce ancora ancora a tamponare, ma nel momento in cui fermi tutto e le lasci andare, la situazione diventa giorno dopo giorno più complicata. E allora diventa più complicato anche pensare di metterci mano e far partire i lavori, e si innesca un circolo vizioso letale: l’attesa dei lavori qui ha prodotto la situazione che è sotto gli occhi di tutti”.

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