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"In quest'Aquila capolista rivedo la stessa magia di qualche anno fa". Coach Buscaglia a Il Dolomiti: "Che gioia vedere Trento in vetta: una squadra vera, con idee e coraggio"

Aquila capolista, basket italiano e "storia": con coach Maurizio Buscaglia, l'allenatore simbolo della scalata dei bianconeri dalla C1 fino alla Serie A, andiamo alla ricerca del come e del perché Toto Forray e compagni siano l'unica squadra ancora imbattuta in Serie A dopo 8 giornate. "La Dolomiti Energia - racconta l'allenatore che ha guidato i bianconeri per 13 stagioni tra il 2003 e il 2019 - mette in campo coi fatti, non con le parole, alcuni concetti che tutti sembrano voler applicare, ma in pochi ci riescono: è prima in campionato con pieno merito"

(foto Daniele Montigiani - Aquila Basket Trento)
(foto Daniele Montigiani - Aquila Basket Trento)
Di Marcello Oberosler - 21 novembre 2024 - 19:27

TRENTO. Chiudete gli occhi e contate fino a 544: ecco, quello è il numero di partite che Maurizio Buscaglia ha vissuto da capo allenatore dell’Aquila Basket Trento. Una cifra che racconta un legame indissolubile: coach Buscaglia è un pezzo di storia del club bianconero, così come il club è parte integrante della sua.

 

Tredici stagioni tra il 2003 e il 2019, una scalata pazzesca dalla C1 alle finali scudetto, dalle “minors” (ma quelle vere) fino ad una semifinale di EuroCup e alle alte sfere celesti del basket continentale. Qualche maglietta d’antan  “Coach Busca Sindaco” ogni tanto fa ancora capolino al palasport di via Fersina, quando giocano Forray e compagni. Perché il tempo passa, ma certe emozioni restano.

 

Sono passati 2.001 giorni esatti dal 30 maggio 2019, cioè da quando si è chiusa ufficialmente l’avventura da allenatore della Dolomiti Energia di Maurizio: il ricordo di quei giorni emotivamente burrascosi oggi è più sereno e maturo, la polvere si è posata sul fondale. Senza retropensieri, rimpianti. La storia è “solo e magnificamente” storia.  

 

E oggi le storie, quelle del club e del coach, proseguono ognuna nella propria direzione. L’Aquila versione 2024-25 vola maestosa nei cieli della Serie A, forte di un filotto di 8 vittorie consecutive che l’ha fatta arrivare alla prima pausa nazionali della stagione saldamente in testa alla classifica: efficace, bella, imbattuta.

 

 

“Lo so, hanno battuto il precedente record di vittorie consecutive che facemmo nel 2018 – ammette sorridendo Maurizio Buscaglia parlando a Il Dolomiti -; ma mi fa un piacere enorme. Veramente. Faccio i complimenti a tutti all’interno della squadra e del club. Trento la seguo da tifoso, più che da addetto ai lavori: sto vedendo tante partite in questo periodo, l’Aquila ho avuto modo di venire a Trento a seguirla più di una volta, in match di campionato e di coppa. E mi ha impressionato: si percepisce che è una squadra ‘vera’, in tutto ciò che fa e che rischia sul campo. Gioca con logica, e all’interno della sua filosofia tecnica e umana si esprime partita dopo partita con grande senso di coerenza e regolarità”.

 

Coach, nell’Aquila capolista vede qualcosa delle “sue” squadre bianconere di qualche anno fa?

“Non so quanto senso abbia fare questo tipo di paragoni, ma in questa Trento vedo alcune qualità che fanno parte di un Dna di squadra che non è mai cambiato nel tempo: la durezza, la capacità di superare i momenti complicati all’interno del match compattandosi come collettivo, senza cercare scorciatoie o eroismi individuali. Vedo un atteggiamento positivo, le ‘facce giuste’. L’Aquila ha questa qualità, questo marchio: e mette in campo coi fatti, non con le parole, alcuni concetti che tutti sembrano voler applicare, ma in pochi ci riescono. Correre il campo, avere buone spaziature, coinvolgere tutti e cinque i giocatori sul parquet. Ecco perché mi piace vedere Trento vincere: rivedo sul parquet del PalaTrento la stessa magia che percepivo dalla panchina qualche anno fa”.

 

 

Vincere o perdere poi è questione di dettagli, di tanti fattori. Cosa rende così efficace questo roster?

“Ci sono le qualità della squadra, e poi c’è la qualità dei singoli giocatori, che oggettivamente è alta. Lamb aveva qualche punto di domanda legato agli infortuni, ma è uno che la Nba l’ha vissuta da protagonista; Ford è un esterno alla prima esperienza vera in Europa ma anche lui ha qualità enormi. Cale è un grande colpo, un equilibratore fondamentale. Ma devo dire che ogni tassello sembra incastrarsi alla perfezione con gli altri: è questa la marcia in più, Trento è una squadra ben costruita e ben allenata, da una brava persona come coach Paolo Galbiati”.

 

 

A proposito di costruzione della squadra, oggi a capo della parte “sportiva” di Aquila Basket c’è Rudy Gaddo, che nel giro di qualche stagione è passato dal ricoprire il ruolo di responsabile comunicazione del club ad essere considerato unanimemente tra i migliori direttori sportivi del campionato. Sorpreso?

“Se posso, non sono per nulla sorpreso né stupito. Rudy sta svolgendo un lavoro eccezionale, non solo limitandoci all’analisi della squadra di quest’anno, ed è giusto sottolinearlo: è sempre stato un attento studente del gioco, con occhio nello scouting e capacità di leggere le persone e il basket in profondità, oltre le apparenze. Sono davvero contento per lui, gli faccio tanti complimenti”.

 

Vedere Trento capolista imbattuta dopo 8 giornate è sintomo di un campionato di bassa qualità?

“No, anzi. Quando le neopromosse sono le Trieste e le Trapani di quest’anno, capisci che il livello è alto e si è alzato: la conseguenza è un equilibrio in cui al tempo stesso crescono gli investimenti e la qualità individuale dei giocatori nei roster. Il basket ha la fortuna e il merito di essere uno sport di presenza: i palazzetti sono pieni, in Serie A e anche in A2 abbiamo tante piazze che fanno grandi numeri e arene sold-out. Poi io da sempre sono convinto che sia fondamentale, per il movimento, essere competitivi e fare risultati nelle coppe europee, occasioni straordinarie per i nostri club, le nostre squadre, i nostri giocatori, di crescere e confrontarsi con modelli diversi. E questo vale per tutte le coppe, dall’Eurolega passando dall’EuroCup e dalla FIBA Champions League fino alla Europe Cup. E poi è fondamentale il traino della nazionale”.

 

Effetti che ha avuto modo di vivere direttamente nei suoi anni da Ct dei Paesi Bassi.

 

“Nulla aiuta un movimento a crescere come i risultati della nazionale: chiaro, il contesto olandese è diverso, un basket con pochissima tradizione ma che guarda al futuro con grande voglia di crescere. La qualificazione all’Europeo che abbiamo ottenuto nel 2022 è stata celebrata come un grande traguardo, che ha davvero dato uno scossone forte a tutto il sistema, dal reclutamento alle strutture passando per i numeri degli spettatori in televisione o ai palazzetti”.

 

Torniamo su Trento: il filo rosso che unisce tutte le versioni dell’Aquila dal 2011 a oggi è quell’eterno ragazzino ormai quasi 40enne chiamato Toto Forray. Un Capitano con la “C” maiuscola.

“A proposito di record, ce n’è ancora qualcuno che Toto non abbia battuto? Scherzi a parte, una persona straordinaria: non dico niente di nuovo, ma Forray è ed è sempre stato uno dei segreti di Trento. Per la sua capacità di adattarsi alle situazioni, di fare in campo quello che la squadra e la situazione gli chiede di fare: in un contesto in cui i giocatori vanno, passano e vengono, Toto assicura leadership, continuità. E poi in campo continua ad avere un grande impatto, merito delle sue qualità tecniche e della sua capacità di leggere le partite”.

 

 

Cosa significa per Lei Trento?

“È un luogo dove vengo e torno sempre con gioia. Sono sensazioni che nascono dalle cose semplici, dall’averla chiamata casa per 15 anni: una città di cui mi sono subito innamorato, che ho sentito fin da subito essere la ‘mia’ città. Poi col tempo si è stretto un legame sempre più intenso con le persone: qui ho amici, affetti, tanti fili che si intrecciano. Pagine significative di un libro appassionante”.

 

A questo punto quale sarà il prossimo capitolo della sua storia?

“È stata un’estate strana, non lo nego, è la prima volta nella mia carriera che non ho cominciato una stagione da allenatore di un club. Ma momenti come questi fanno parte del gioco e del mestiere, sto provando a sfruttare ogni giorno per studiare, aggiornarmi, confrontarmi con altri allenatori, vedere come lavorano. Sto viaggiando tanto, con la mente aperta e la voglia di continuare a crescere, come persona e come professionista: poi chiaro, c’è la voglia di tornare in panchina, quel ‘prurito’ di voler rimettersi a vivere l’adrenalina delle partite e la stimolante quotidianità degli allenamenti. Mi sono sempre piaciute le sfide, anche quelle più complicate: vedremo cosa riserverà il futuro”.

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