All'ombra della moschea di fango di Djenne per raggiungere la Venezia del Mali
Seconda puntata del viaggio del giornalista trentino Matteo Pontoni nel cuore dell'Africa. Tra chiatte nel Bani, mostre d'arte a Segu e l'incontro con Suor Erminia

MOPTI (MALI). Lasciamo Bamako, la capitale del Mali, che ha appena festeggiato la Giornata dell'Indipendenza (indipendenza parziale, dal momento che i francesi sono ancora qui, ufficialmente per aiutare il governo contro i jihadisti). Andiamo a Nord, anche per visitare alcuni progetti umanitari sostenuti dal Trentino. Il viaggio poi ci porterà in Burkina Faso e Benin, fino al Golfo di Guinea. Oltre 2000 chilometri di strade più o meno asfaltate, di piste, traghetti, buche, mercati, commerci volanti e quant'altro rende speciale il viaggiare in Africa.
Segou è una città tranquilla e piena di atmosfera, adagiata sulle sponde del Niger, che conserva diverse vestigia del passato coloniale, edifici in stile sudanese un tempo sedi dell'amministrazione francese; alcuni sono oggi riutilizzati da quella maliana, altri giacciono in un dignitoso abbandono, sotto alle chiome degli alberi che al tramonto ospitano la chiassosa sarabanda di centinaia di uccelli. Ma Segou ci riserva anche una sorpresa, in cui ci imbattiamo per caso: l'inaugurazione di Segou' art, prima edizione di un festival di arte contemporanea con ospiti da ogni parte dell'Africa, nonché dall'Europa, Italia compresa. Politici e curatori si alternano all'asta del microfono per i loro discorsi. Poi, il taglio del nastro. Fa una certa impressione vedere le pinasse, le imbarcazioni lunghe e strette dei pescatori, attraccare a due passi da questi magazzini portuali riutilizzati ora per esporre opere di arte astratta, concettuale, pop. Mondi che si incontrano, nuova Africa.

Procediamo ancora. Ore di jeep attraverso la savana, molto verde perché siamo alla fine della stagione delle piogge. Poi un guado - il fiume Bani è straripato, forse a causa della nuova diga - per imbarcarci su una chiatta che ci traghetta fino a Djenne, la famosa città di fango che ospita nella sua piazza centrale la grande moschea, ovvero l'edificio di terra cruda più vasto del mondo. Djenne è davvero qualcosa di speciale: remota e povera nel suo splendido isolamento fluviale, con i suoi canali di scolo a cielo aperto, le sue pozze stagnanti, i suoi cortili ingombri di immondizia e i suoi asini, eppure magica e altera, preziosa, indimenticabile. E solo per noi, visto che di turisti "tubab", bianchi, non c'è traccia, anche se tutto sembra tranquillo, e non ci si sente mai minacciati.
A Sevare visitiamo quella che diventerà, grazie all'aiuto trentino, e con il coordinamento di Ipsia, la "scuola della pace", rivolta alle ragazze che arrivano dai territori contesi dell'estremo Nord, oltre Timbuctu, dove la pressione degli integralisti islamici, mescolata alle rivendicazioni indipendentiste dei Touareg, si fa sentire e spesso la popolazione femminile non può più studiare. Incontriamo anche suor Erminia, di Brescia, che con altre quattro sorelle burundesi, dell'Ordine delle Suore operaie, si adopera in favore delle bambine di 10-11 anni che arrivano in città dai villaggi circostanti per lavorare a servizio nelle famiglie più abbienti di Sevare e Mopti. Gli chiediamo com'è il rapporto con le autorità e con il resto della popolazione, al 99 % musulmana. Ci dicono che è buono, in particolare il lavoro sociale svolto dalla diocesi è molto apprezzato. Del resto l'Islam in Mali non ha mai avuto connotati integralisti. "Ma è meglio rimanere un po' coperte", aggiunge, col tono consapevole di chi nella sua vita ne ha viste molte.
Un altro partner del progetto della scuola è la nostra guida, Dolo', appartenente al popolo Dogon; suo nonno Diangouno Dolo era capo della confederazione dei villaggi Dogon all'epoca di Ogotemmeli, l'anziano saggio che rivelò allo studioso francese Marcel Griaule i segreti della complessa cosmogonia animista del "popolo della falesia" (riportati nel classico "Dio d'acqua", pubblicato negli anni '40). Di nuovo un incontro di mondi e di culture.
Viene il tramonto a Mopti, la Venezia del Mali. La vita prosegue, all'aperto, attorno ai fuochi, nei cortili, sulle rive del Bani, il grande fiume che qui si unisce al Niger. Il ministro della difesa, sceso ieri sera al nostro hotel, è già ripartito. Scende la notte tropicale. (2 continua)
