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Con i governi di Francia e Germania in crisi e il ritorno di Trump, Meloni gioca da protagonista: ''Credibile in Europa e negli Usa potrebbe avere un ruolo da 'mediatrice'''

Il motore politico ed economico dell'Unione sembra essersi inceppato, negli ultimi mesi, sul fronte della politica interna: ma mentre Francia e Germania affrontano le rispettive crisi di governo, a Roma il governo Meloni è stato in grado di mantenere un certo equilibrismo, per così dire, su entrambe le sponde dell'Atlantico. Che ruolo potrà giocare quindi la premier italiana? Lo abbiamo chiesto a Stefano Schiavo, direttore della Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento

Di Filippo Schwachtje - 08 dicembre 2024 - 15:00

TRENTO. Un governo dimissionario in Germania, con la prospettiva delle elezioni anticipate per il prossimo 23 febbraio (e un outlook economico tra i peggiori in Europa), uno stato di crisi (ormai da tempo) permanente in Francia, dove a pochi mesi dalle legislative di luglio il presidente Macron è costretto ora a individuare un sostituto per il primo ministro Michel Barnier dopo il voto di sfiducia sulla legge di bilancio. L'asse franco-tedesco, da sempre il motore politico ed economico dell'Unione, sembra insomma essersi inceppato negli ultimi mesi proprio sul fronte interno, mentre l'Ue si trova a dover gestire, tra le note vicende sul fronte internazionale (dalla crisi in Ucraina a quella, più recente, in Siria), il possibile impatto a livello economico delle annunciate politiche commerciali della nuova amministrazione Trump (l'autoproclamato 'Tariff-man' ha promesso dazi importanti anche sui prodotti europei, Qui Articolo). A sud di Berlino e Parigi però, allo stesso tempo la congiuntura politica attuale potrebbe rappresentare un'occasione importante a livello politico per una leader che, nel corso in particolare degli ultimi mesi, è stata in grado di mantenere un certo equilibrismo, per così dire, su entrambe le sponde dell'Atlantico: Giorgia Meloni. Per approfondire la questione, il Dolomiti ha parlato con Stefano Schiavo, direttore della Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento. 

 

“Sicuramente la premier italiana può avere una posizione importante in questa fase – dice infatti il professore –. E' riuscita a ritagliarsi un ruolo di interlocutrice credibile sia nel contesto delle istituzioni europee, costruendo un rapporto con la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen e dimostrandosi abile nell'ottenere la nomina di Raffaele Fitto con un portafoglio di peso. Allo stesso tempo, per l'amministrazione americana Meloni è sufficientemente vicina alle posizioni della destra repubblicana incarnata da Trump, il movimento Maga per intenderci, per essere considerata in qualche modo parte del movimento stesso. È stata premiata da Musk durante il suo recente viaggio a Washington, in ottobre, e lo stesso numero uno di Tesla (oggi, sembra, tra i più vicini consiglieri di Trump), è intervenuto in novembre attaccando i giudici italiani sulla questione dei centri per migranti in Albania (facendo poi un passo indietro quando la stessa Meloni ha preso le difese di Mattarella). In altre parole, sembra godere di una credibilità negli States che in pochi, oggi, possono vantare in Europa”. 

 

Per quanto paradossale poi, la situazione politica italiana al momento risulta anche in prospettiva decisamente più stabile di quella tedesca o francese: “Macron è in forte difficoltà internamente – continua Schiavo –, in Germania il governo è dimissionario e la situazione economica non è certo positiva: la maggior economia europea si trova tra l'altro ancora più esposta dell'Italia a eventuali guerre commerciali con gli Stati Uniti. Il governo spagnolo è in minoranza e su posizioni molto lontane da quelle di Trump, i cui alleati storici (Slovacchia e Ungheria) hanno un ruolo più marginale all'interno dell'Unione. In questo contesto, l'equilibrismo di Meloni è stato molto efficace: la premier italiana è riuscita a dimostrarsi in definitiva una partner affidabile in Europa (allontanandosi da posizioni smaccatamente populiste e anti-europeiste assunte in passato ndr), schierandosi nettamente con l'Ucraina nel contesto dell'invasione russa. Allo stesso tempo però, il ministro della Difesa italiana è da sempre una voce critica circa l'utilizzo di armi occidentali per colpire il territorio russo, posizione che avvicina il governo italiano a Trump più che a Biden”. Un equilibrio, ancora una volta, che potrebbe rappresentare la base per un ruolo di 'mediatrice' tra le istanze della nuova amministrazione Usa e le istituzioni europee.

 

“Meloni – ribadisce Schiavo – ha una certa credibilità sia in Europa che negli Stati Uniti e potrebbe aspirare a un ruolo di 'mediatrice' tra le istituzioni europee, che Trump non vede di buon occhio e che vive con un po' di allergia, e gli Stati Uniti”. Stando agli annunci fatti nel corso della campagna elettorale dal tycoon, sono diverse le possibili situazioni di attrito attese nei prossimi mesi, prima fra tutte l'imposizione di tariffe nei confronti dei prodotti europei e l'eventuale passo indietro americano nel coinvolgimento Usa in Ucraina e, più in generale, nel contesto Nato. “La necessità di trovare un modo per gestire queste divergenze in maniera non troppo traumatica, per così dire, c'è – precisa il direttore della Scuola di Studi Internazionali – e Meloni potrebbe giocare un ruolo importante, che le fornirebbe tra l'altro uno standing di prestigio a livello internazionale, un coronamento del suo percorso politico. Un riconoscimento che, almeno in Europa, le è stato in parte negato”. Centrali in questo contesto saranno le scelte della nuova amministrazione americana nei primi mesi, alle quali l'Europa sarà chiamata a rispondere in maniera unitaria nonostante le crisi di politica interna in Francia e Germania

 

“Vista dall'Italia la crisi francese fa quasi sorridere – aggiunge il professore – visto che era dal '62 che il Parlamento non votava la sfiducia al governo, un'eventualità che da noi si verificava piuttosto frequentemente fino a soli pochi anni fa. Di fatto servirà un governo tecnico, anche se da questo punto di vista non si vede una soluzione all'orizzonte”. La sfiducia è stata infatti votata sia dai blocchi di sinistra che di estrema destra (che ora chiedono le dimissioni dello stesso Macron) ma gli schieramenti usciti dalle legislative di quest'estate non potranno cambiare, visto che la Costituzione francese vieta di sciogliere nuovamente il parlamento prima di 12 mesi dall'insediamento del precedente (quindi almeno fino alla metà del 2025). “L'unica soluzione che si sente sussurrare – continua – è che i socialisti abbandonino la sinistra radicale per fare un governo di larghe intese. Al di là della crisi attuale però, il problema potrebbe essere strutturale. Molto dipenderà da quanto Macron sarà in grado di gestire questo passaggio o se sarà costretto alle dimissioni”. 

 

“In Germania invece – conclude Schiavo – la crisi ha caratteri più politici. Il governo, anche alla luce dei risultati economici, ha perso la fiducia degli elettori, come emerso marcatamente nelle varie elezioni all'interno dei Lander nell'ultimo anno. In quasi tutti i casi il partito del premier Scholz ha perso voti, mentre la destra estrema di Afd ha guadagnato consensi. Attualmente pare difficile che il partito socialista possa confermarsi e l'opzione più probabile sembra un'alternanza al governo con la vittoria della Cdu. La grande incognita rimane l'ultradestra di Afd e se il movimento di estrema destra otterrà i consensi necessari per essere almeno considerata tra i papabili partner. D'altra parte è però difficile ipotizzare che, all'interno del sistema politico tedesco, gli altri partiti puntino ad un'alleanza in questa direzione". 

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