Il governo e SpaceX, Meloni da Trump e Musk contro tutti in Europa (ma non contro di lei): sovranisti italiani ma “in salsa americana”?
Lo scambio Musk-Salvini sull'ipotesi di accordo con Space X all'indomani della visita della premier Meloni a Mar a Lago, la villa di Trump in Florida, lo strappo in avanti del governo italiano verso gli Stati Uniti sullo sfondo dell'annunciata guerra commerciale del tycoon. “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” ed il sovranismo italiano sembra subito a stelle e strisce

TRENTO. La visita (a sorpresa) della premier italiana a Mar a Lago, la villa di Trump in Florida, le notizie che si rincorrono di trattative avanzate tra SpaceX (la space technology company di Elon Musk) e il governo italiano per la fornitura di un sistema criptato per i servizi governativi e le comunicazioni militari; sullo sfondo, il rapporto sempre più forte (e sempre più unilaterale) che in vista del ritorno del tycoon alla Casa Bianca Giorgia Meloni sembra cercare con la nuova amministrazione americana.
“A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” e a voler essere maliziosi (al netto dell'affinità politica che lega i populismi di destra sulle due sponde dell'oceano), la strategia della premier potrebbe sembrare uno strappo in avanti rispetto ai partner europei in vista dell'insediamento di Trump e degli annunciati (e temuti) dazi sulle esportazioni. Di fronte all'aggressiva politica commerciale Usa, spiegava a il Dolomiti nelle scorse settimane il direttore della Scuola di Studi Internazionali dell'Università di Trento Stefano Schiavo, il rischio è proprio che i singoli Paesi si muovano in ordine sparso, per ottenere condizioni più o meno favorevoli incrementando le divisioni all'interno dell'Unione.
E mentre Francia e Germania da giorni alzano la voce contro Musk (Macron lo ha accusato apertamente di sostenere “un'internazionale reazionaria” in Europa), il governo italiano salta all'occhio per essere uno dei pochi, tra i principali in Europa, a non essersi scontrato con il patron di Tesla e SpaceX.
Proprio a riguardo del presunto accordo tra SpaceX e il governo italiano per avere servizi sicuri nelle telecomunicazioni, Palazzo Chigi ha smentito che siano stati firmati contratti o conclusi accordi con la società di Elon Musk (negando anche che il tema sia stato tra quelli discussi dalla premier nel suo incontro con Donald Trump, nel corso del quale, secondo il NyTimes, si sarebbe probabilmente parlato invece di dazi, Nato e della situazione di Cecilia Sala), ma lo stesso Musk ha rilanciato su X (“Pronti a fornire all'Italia la connettività più sicura e avanzata”) mentre il vice-premier e ministro Matteo Salvini ha aperto a un'eventuale accordo, definito dal leader del Carroccio un'opportunità: “Sono fiducioso – ha scritto – che il governo andrà avanti in questa direzione perché fornire servizi migliori ai cittadini è un dovere”. La replica del patron della società americana non si è fatta attendere: un accordo sarebbe “fantastico” ha scritto su X, rispondendo al post di Salvini, e “altri Paesi in Europa chiederanno di adottarlo”. Quasi corrispondenze d'amorosi sensi.
Da tempo si parla del possibile ruolo di 'mediatrice' che Meloni potrebbe svolgere tra Usa e Ue in questa delicata fase, ma mentre i partner europei (escluso, ovviamente, Orbàn, tra i primi a visitare il neo eletto presidente americano) alzano la voce sulle ingerenze sempre più spinte di Musk (pronto a prendere il suo posto nella nuova amministrazione Usa mentre, su X, chiede agli utenti se “l'America dovrebbe liberare i britannici dal loro governo tirannico” e firma un editoriale nel quale definisce Alternative für Deutschland “l'ultima speranza” per la Germania), resta da capire quanto l'atteggiamento del governo italiano sia in linea con la sua stessa, dichiarata, natura: sovranisti, dunque, ma in salsa americana?
Di certo c'è che quando si parla di Trump e di Musk è spesso difficile tracciare una linea netta tra le boutade da campagna-elettorale-permanente e le proposte (o le minacce) serie. E non è una novità: non a caso, il termine post-truth (un aggettivo che definisce “circostanze in cui i fatti oggettivi sono meno influenti, nella formazione della pubblica opinione, del richiamo alle emozioni e alle convinzioni personali”) venne scelto come parola dell'anno dall'Oxford Dictionnaries nel 2016, mentre negli Stati Uniti il tycoon si imponeva prepotentemente nella scena politica Usa (e nel Regno Unito si votava per la Brexit).