L’Ucraina, l'Unione Europea e la cruna dell'ago


Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento
Luisa Antoniolli, docente della Scuola di studi internazionali e della Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trento
Il 18 aprile scorso uno stanco ma sorridente Volodymyr Zelensky, Presidente dell’Ucraina, ha consegnato nelle mani del capo delegazione dell’Unione europea due ponderosi volumi blu con la bandiera a 12 stelle sulla copertina, contenenti le risposte al questionario presentate per ottenere lo status di Paese candidato ed avviare quindi il processo di adesione all'Unione europea. Si è trattato di un momento altamente simbolico, fortemente voluto dal governo ucraino, e ripreso dai media di tutto il mondo.
Andando a ritroso, questo è l’ultimo sviluppo di un processo in atto da alcuni decenni, che ha avuto una brusca accelerazione nel drammatico contesto della guerra fra Russia e Ucraina, che ha coinvolto (seppure non direttamente nel conflitto armato), tutti i paesi alleati dei contendenti, e che sta tragicamente spingendo il paese verso un baratro di distruzione e morte. Pur essendo impossibile riassumere in poche righe i molti e complessi tasselli di questa vicenda, è necessario tenere a mente il contesto per potere capire quali sono gli interessi e la posta in gioco nella vicenda della richiesta dell’Ucraina di aderire all’UE, e della risposta dell’UE.
Successivamente all’implosione dell’Unione sovietica e alla creazione dell’Ucraina come stato indipendente, avvenuta nel 1991, ci sono stati dei segnali di forte interesse per la prospettiva di entrata nella compagine europea da parte dei governi Porosenko e Juscenko. Tuttavia, il paese era spaccato fra una componente filo-europea ed un’altra filo-russa, quest’ultima ovviamente avversa alla prospettiva dell’adesione all’UE (con il governo Janukovic), e le tensioni interne avevano rallentato il processo di avvicinamento all’Europa. Nel 2017 l’Ucraina ha concluso un accordo di associazione con l’Unione europea che prevede un’estesa cooperazione non solo economica e commerciale, ma anche politica e di sicurezza; il processo ha causato gravi tensioni interne all’Ucraina, con ripercussioni anche sul fronte europeo (in Olanda l’accordo è stato ratificato solo dopo aver specificato che esso non comportava per l’UE un obbligo di concedere lo status di paese candidato, dati i timori di instabilità del paese).
Il progressivo deterioramento delle relazioni fra Ucraina e Russia, culminato nell’annessione della Crimea nel 2014, e nel contestuale avvio di attività belliche nell’est dell’Ucraina da parte della Russia (in particolare nel Donbass), hanno rinfocolato le forze e le spinte europeiste, tanto che nel 2019 il testo della Costituzione ucraina è stato modificato per inserire un riferimento esplicito alla prospettiva di adesione non solo all’UE, ma anche alla NATO. Per quanto riguarda la NATO, fin dall’inizio del conflitto con la Russia è apparso evidente che non c’era alcuna reale possibilità di apertura verso l’Ucraina: sebbene la richiesta sia stata espressa dal Presidente Zelensky, i partner atlantici si sono subito affrettati a specificare che il punto non era in agenda, consapevoli delle potenziali conseguenze dirompenti sul conflitto e sul suo allargamento su scala mondiale.
La pista dell’adesione all’UE ha invece avuto un differente iter: il 28 febbraio 2022 il Presidente ucraino ha ufficialmente presentato la richiesta di adesione dell’UE. Il 1 marzo, nel corso di una riunione di forte impatto emotivo, in cui Zelensky ha perorato la causa del proprio paese e richiamato l’Unione alle sue responsabilità politiche, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione favorevole alla concessione dello status di paese candidato all’adesione all’UE, e quindi all’apertura delle trattative. Anche la Presidente della Commissione von der Leyen ha fortemente appoggiato la richiesta dell’Ucraina, proclamando che “L’Ucraina fa parte della famiglia europea”. A margine, va ricordato che anche Moldova e Georgia (che dal 2016 hanno anch’essi concluso un accordo di associazione con l’UE) hanno deciso negli stessi giorni di presentare una richiesta formale di adesione all’Unione europea, in un contesto geo-politico in cui l’Europa è vista come un’ancora di salvezza vitale rispetto ad un vicino ingombrante e pericoloso come la Russia.
In questa vicenda si avverte drammaticamente la tensione fra elementi e politici ed aspetti giuridico-istituzionali. Politicamente, la scelta dell’Unione europea di aprire all’Ucraina è una sorta di atto dovuto, il riconoscimento delle sue legittime aspirazioni di paese libero e democratico collocato in uno spazio europeo. Una risposta diversa era nei fatti impossibile.
Tuttavia, occorre essere consapevoli che aprire le trattative non significa che schioccando le dita l’Ucraina diventerà miracolosamente uno Stato membro dell’Unione europea. La Presidente von der Leyen, consegnando al Presidente Zelensky il questionario da completare in vista della presentazione della domanda di adesione, l’8 aprile, ha affermato che “Se lavoreremo insieme, non sarà come al solito questione di anni, ma di settimane“; tuttavia, questo riguarda l’inizio del percorso (il parere della Commissione è atteso per giugno), non il suo esito finale.
Infatti, il processo di adesione, regolato dall'articolo 49 del Trattato sull'Unione europea (TUE), prevede una serie di passaggi formali e sostanziali lunghi e complessi. Appurata la volontà politica dello Stato di candidarsi all’adesione e quella corrispondente degli Stati membri UE (espressa nel Consiglio all’unanimità, sulla base di un parere della Commissione e con l’approvazione del Parlamento europeo), si apre la fase dei negoziati, che possono portare alla conclusione di un accordo di adesione solo al termine di un lungo processo di avvicinamento, chiamato processo di pre-adesione, che normalmente dura diversi anni: il paese candidato deve dimostrare di avere una solida struttura istituzionale che garantisca la democrazia, lo stato di diritto (rule of law), la tutela dei diritti fondamentali e delle minoranze, una struttura economica che garantisca un mercato aperto e concorrenziale, la capacità di recepire per intero il patrimonio di principi e norme dell’Unione europeo; si tratta di standard molto elevati, i cd. criteri di Copenaghen, che sono stati definiti al momento dell’allargamento dell’Unione europea verso l’Est Europa, successivamente alla caduta dei regimi socialisti filo-sovietici.
Appare evidente, anche senza entrare nei dettagli, che si tratta di uno sforzo enorme per qualsiasi paese (come dimostra la vicenda, tuttora aperta, del possibile allargamento UE ai Balcani), figuriamoci per un paese martoriato da una guerra che sta distruggendo vite, strutture e infrastrutture, lasciando dietro di sé cumuli di macerie materiali e morali. La strada per l’adesione dell’Ucraina all’UE è oggettivamente un percorso drammaticamente in salita, e non esistono ricette magiche. Questo vuole dire che l’Unione dovrebbe negare lo status di paese candidato all’Ucraina? Ovviamente no. Ma occorre essere consapevoli che i due piani, quello politico e quello giuridico (ed anche economico), pur essendo collegati, si muovono secondo logiche e tempi che non sono allineati. Confonderli rischia non solo di portare a scelte errate, ma anche di creare sfiducia e disillusione fra i cittadini ucraini ed europei.
Occorre inoltre tenere presente che il processo di adesione all’Unione europea, per quanto complesso, è solo uno dei tasselli che riguardano l’assetto geopolitico dell’Ucraina e dell’area post-sovietica a cui appartiene. Abbiamo menzionato il tema dell’adesione alla NATO, che rimanda alle trasformazioni degli equilibri mondiali fra vecchie potenze ed alleanze, e nuovi attori (come la Cina e l’India), le cui strategie e orientamenti nel medio e lungo periodo sono difficili da anticipare. Sotto i colpi delle bombe e dei missili stanno cadendo non solo, tragicamente, troppe vite umane, ma anche equilibri ed alleanze, che cambieranno le coordinate della sicurezza mondiale.
Il mondo che uscirà da questa guerra sarà un mondo profondamente diverso da quello dei decenni scorsi. In questo nuovo contesto anche l’Unione europea è chiamata a ripensare il proprio ruolo: quali sono i confini geografici che vogliamo darci? Qual è il nostro ruolo nelle strutture internazionali multilaterali e nella sicurezza internazionale? Quale ruolo dobbiamo avere nella promozione dei valori della democrazia e dei diritti umani? E’ arrivato il momento di dotarsi collettivamente di una struttura di difesa autonoma europea, e se sì, come? La risposta che daremo alla richiesta dell’Ucraina di diventare uno Stato membro dell’Unione europea non dipende solo da quello che potrà e saprà fare il paese in queste circostanze drammatiche, ma anche dalla nostra visione di Europa, della nostra capacità di creare un’identità forte, proiettata verso il futuro e consapevole del proprio ruolo e delle proprie responsabilità nella scena internazionale.