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Il bilateralismo cinese dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione

DAL BLOG
Di Orizzonti Internazionali - 26 settembre 2022

Docenti di studi internazionali dell'Università di Trento

Il summit di Samarcanda, tenutosi nella storica città uzbeka tra il 15 e il 16 settembre scorso, è stato, come ogni anno, un momento molto atteso dagli osservatori internazionali poiché ha riunito in un’unica cornice buona parte dei leader del mondo non-occidentale. Il summit ha rappresentato, infatti, l’occasione annuale di incontro tra i capi di stato degli stati membri, dei partner di dialogo e dei membri osservatori dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (SCO), un’istituzione regionale multilaterale formalmente istituita su spinta russo-cinese nel 2001 che affonda le sue radici in un meccanismo cooperativo lanciato dopo il crollo dell’Unione sovietica.

 

La tappa uzbeka del summit SCO di quest’anno si è dimostrata estremamente rilevante non solo per i paesi che ne sono normalmente coinvolti ma anche per l’intera comunità internazionale. Si è trattato, infatti, del primo faccia a faccia tra il Presidente russo Vladimir Putin e una porzione considerevole dello spazio post-sovietico dallo scoppio della guerra in Ucraina e dalle controverse dichiarazioni rilasciate lo scorso giugno da Konstantin Zatulin, membro della Duma, che mettevano in discussione l’integrità territoriale del Kazakistan. È stato anche un momento storico per la Cina poiché, tramite una breve visita in Kazakistan prima e il summit in Uzbekistan poi, il Presidente/Segretario generale Xi Jinping ha ripreso a viaggiare di persona all’estero dopo una pausa di più di due anni. Durante l’incontro bilaterale tra i due, svoltosi alla vigilia del summit SCO, Putin e Xi hanno lasciato che a fare da protagonista fosse il valore simbolico del meeting, andando a spendere un limitato capitale politico. Secondo l’ormai famoso readout russo dell’incontro, durante il meeting, Xi avrebbe infatti espresso il proprio disappunto per gli effetti dell’azione militare in Ucraina. Di questo particolare, tuttavia, non vi è traccia nell’omologo documento cinese, potenzialmente rappresentativo della volontà cinese di continuare a mantenere una certa ambiguità sulla questione.

 

Da un punto di vista multilaterale, invece, il summit di Samarcanda si è concluso con diverse novità importanti per la SCO che riguardano il vasto insieme di paesi che, più o meno formalmente, ne fanno parte. In particolare, la richiesta formale avanzata lo scorso anno dall’Iran per diventare membro a tutti gli effetti dell’Organizzazione ha fatto un passo avanti. Teheran ha, infatti, firmato un Memorandum di Obblighi con la SCO che, a metà settembre scorso, gli esperti prevedevano avrebbe garantito l’ingresso effettivo del paese nell’Organizzazione entro aprile 2023. Se dovessero protrarsi, l’attuale instabilità politica e le proteste in corso per denunciare la morte di Mahsa Amini mentre si trovava in custodia dalla polizia morale del paese potrebbero prolungare il processo di adesione. Contrariamente al caso dell’Iran, il summit di Samarcanda si è dimostrato una vittoria per Arabia saudita ed Egitto: entrambi i paesi hanno infatti acquisito lo status di partner di dialogo, una tipologia di membership che segnala il livello meno formale di appartenenza alla SCO. L’adesione del Cairo è particolarmente significativa poiché, attraverso di essa, l’Organizzazione è, per la prima volta, sbarcata sulle sponde del Mediterraneo.

 

Nonostante il multilateralismo rimanga un elemento centrale per l’espansione della SCO oltre l’area eurasiatica, la rete di incontri bilaterali che tradizionalmente precedono i summit annuali dei capi di stato della SCO si sono dimostrati, negli anni, momenti chiave per la diplomazia cinese. Xi ha infatti sfruttato appieno l’occasione della visita in Uzbekistan per incontrare bilateralmente diversi capi di stato presenti e, allo stesso tempo, finalizzare accordi di cooperazione in un numero sempre crescente di settori. È interessante notare come il modello degli incontri che precedono il summit viri sempre di più verso il bilaterale rispetto a un approccio trilaterale che, agli albori dell’Organizzazione, vedeva Russia e Cina dialogare, in “tandem”, con gli altri membri SCO. Segnale, quest’ultimo, di un’autonomia crescente da parte della Cina nel portare avanti una propria politica all’interno dell’Organizzazione.

 

Il rapido allargamento della SCO verso l’Asia meridionale, i paesi del Golfo il nord Africa è, quindi, la prova che il multilateralismo alternativo promosso dall’Organizzazione continua ad essere in grado di attrarre quei paesi che ne condividono il sistema valoriale. Questo successo, tuttavia, non deve far passare in secondo piano il ruolo sempre più autonomo che la Cina ricopre nell’Organizzazione – oggi più evidente che mai – sviluppato soprattutto grazie a quegli incontri bilaterali con cui il paese è, negli anni, riuscito a intessere relazioni positive con i membri SCO anche lontano dal circuito istituzionale.

 

Di Giulia Sciorati

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