Un vitigno nato forse per scherzo, ma Rebo Rigotti è stato un pioniere incompreso, comunque un geniale sperimentatore agrario

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
E’ un vino dall’omonimo vitigno, da uve a bacca rossa che se opportunamente fatte surmaturare - su i graticci solitamente usati per far appassire le uve Nosiola destinate al Vino Santo - riescono a dare un vino per certi versi portentoso. Ecco il Rebo può trasformarsi in Reboro. Vitigno ingiustamente blasonato, ma vite e vino molto bramato in Crimea (annessa alla Russia) e lo predilige pure Vladimir Putin (Qui articolo).
Se ne discute questo fine settimana in valle dei Laghi, tra i vignaioli che conoscono bene la tecnica del parziale appassimento delle uve, da qualche vendemmia impegnati nella minuziosa vinificazione di grappoli Rebo riservati al Reboro.
Parlare di Rebo significa fare un piccolo viaggio a ritroso nella storia della viticoltura, non solo trentina. Rebo Rigotti è stato un pioniere, magari empirico, sicuramente incompreso, comunque un geniale sperimentatore agrario. Nasce sul finire dell’800 da una famiglia contadina di Padergnone, nella valle dei Laghi, e porta un nome – Rebo – voluto dal padre, per suscitare curiosità attorno alla nascita del suo primogenito o forse in onore di un prelato, don Rebo, che a metà dell’Ottocento ha dato alle stampe un manuale di agricoltura dal Titolo "I segreti e lezioni di agricoltura pratica"- 1854.
Altra ipotesi sul nome Rebo: scelto dai Rigotti in omaggio a fonetiche che preludevano al Futurismo, anche se qualche parente ritiene sia una storpiatura del nome Remo.
Indiscrezioni a parte il giovane Rigotti, intuitivo quanto indomito frequenta la scuola agraria di San Michele e dopo il diploma continua a prestare la sua opera come botanico e sperimentatore. Affascinato dalla possibilità di creare nuove varietà e convinto che la genetica possa migliorare la qualità dei prodotti e la salubrità delle piante, incomincia a sperimentare incroci su piante da frutto, cereali, erba medica, patate e ovviamente viti.
Dopo anni e anni di paziente lavoro – in quei tempi tutto avveniva a mano, senza l’uso della clonazione scientifica o l’aiuto del Dna – nel 1948 riesce a ottenere una pianta di vite scaturita dall’impollinazione tra un fiore di Merlot e uno di Marzemino. Recenti analisi genetiche hanno però stabilito che la sua "creatura" è nata in realtà da un incrocio di Merlot e Teroldego.
Del resto - lo ribadiscono i suoi studenti dell’epoca – era normale giocare qualche scherzo al professore, mescolando a sua insaputa provette e pollini vari. Indipendentemente da questo il vitigno ottiene subito ottimi risultati: buona produzione e vino molto interessante, scuro diventando una vite da coltivare per "sostenere" le tonalità di vini di altre varietà. La citazione è d’obbligo per altri vitigni derivati da “papà Rebo” quali il Sennen e il Goldtraminer, attualmente coltivati sperimentalmente da alcuni vignaioli della sua valle natia.
Il Rebo è un vitigno molto diffuso in diverse realtà vitivinicole, non solo trentine, addirittura tra le vastissime zone viticole sul Mar Nero. Questione di "tagli" o "cuvèe". Ma solo in Trentino è tutelato dalla Doc, ritenuto "vitigno autoctono" e dunque vanto della viticoltura locale. I comuni principali di produzione sono San Michele all’Adige, Volano, Calavino, Cavedine e proprio Padergnone, dove Rebo Rigotti sperimentò nel suo vigneto le prime "nuove" barbatelle.
Quello tradizionale, senza appassimento, è un vino fitto nel colore, quasi ammaliante, anche se nel suo insieme richiama la freschezza, la spontaneità. Buona fragranza e altrettanta piacevole gustosità, leggermente amarognolo, ma convincente e di pronta beva. Solitamente non viene vinificato per reggere l’invecchiamento, ma con opportune tecniche enologiche – l’uso del legno – assume valore in classe e portamento.
Il Reboro invece potente e fitto nella trama sensoriale, un gusto carezzevole, di bella dinamicità, con uno stile tutto suo e comunque in sintonia con i caratteri dei vini simili al blasonato Amarone della Valpolicella.