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Navarro, un migliaio di bottiglie di Trento Doc per un vino d'autore di ''montagna'' sul Monte di Mezzocorona

DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 15 maggio 2023

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

Il vino in mostra e sempre più mostre di vino. Tra proposte, novità, cambio di definizioni (quella di Trento è andata in scena come Trentino&wine, una cinquantina di cantine, tra vini quasi tutti proposti da cantine sociali e grappe di storici mastri distillatori) insistendo sempre e comunque sul concetto di ‘vini di montagna’. Spesso con la maiuscola della parola ‘montagna’. Una licenza grammaticale per rafforzare il legame con le viti in quota altimetrica, senza troppo badare al fatto che se montagna viene scritto - e capillarmente stampato su manifesti e leziosi depliant - con la maiuscola… il riferimento è a Montagna/Montan, una frazione enoica di Egna, la zona montana patria del Pinot nero.

 

Detto questo ecco timidamente affacciarsi sulla scena del vino trentino una cantina decisamente ‘di montagna’ e assolutamente artigianale, per non dire d’autore. Andiamo per ordine: di montagna perché Nadia Viola - attiva con la sorella Lara nella gestione di un’agenzia viaggi di Mezzocorona - è pure la titolare dell’azienda agricola più in quota della Piana Rotaliana, in quanto situata proprio sull’alto promontorio della borgata, vale a dire sul Monte di Mezzocorona, precisamente al Civico,37 come esalta www.aziendagricolaviola.com.

 

Mille metri (quasi) di quota, qualche vigneto sistemato sul balcone rotaliano, per sfidare ancestrali consuetudini rurali, diversificare colture (viti al posto delle patate) ma soprattutto dimostrare come con caparbietà, l’amore per l’habitat e le giuste pratiche contadine si possano ottenere mirabili microproduzioni enologiche. Senza strafare, l’artigianalità e la sincerità di piccole vinificazioni (in quantità) improntate rigorosamente solo al rispetto dell’origine, appunto di una montagna che si potrebbe scrivere - in questo caso, simbolicamente - con la maiuscola.

 

Nadia Viola non ha scelto di fare tutto da sola. Ha coinvolto una schiera di amici, recuperando sopite nozioni vinarie della sua famiglia, puntando sul ‘piccolo è bello’, ma anche sul concetto che ‘piccolo deve essere anche di bella e grande qualità’. I risultati sono tangibili.

 

L’anteprima del suo ‘vino da Mont’ è riservata ad uno spumante classico chiamato Navarro. Nome che abbina le iniziali di Nadia Viola, ma pure toponimo celtico di una ‘distesa tra i boschi montani’ e una giocosa licenza lessicale. Un migliaio di bottiglie appena, Trento Doc Extra Brut 2016, elaborato dal Vigneto Obermats con uve Chardonnay, Pinot nero e Pinot bianco, portate a valle con la funivia immediatamente dopo la vendemmia. Un balzo gioioso, insolito emirato, per ottenere uno spumante decisamente coinvolgente, molto preciso nella trama carbonica, declinazione di sentori vanigliati, di pomi nonesi, per nulla citrico o limonoso, con un potente sorso e altrettanta vibrante freschezza tonica, per rilanciare una goduriosa materica gustosità.

 

Richiama il sapore del pane nostrano, il fascino della quotidianità domestica, delle cose buone, gentili e preziose in quanto semplici e sincere. Proprio come l’accoglienza che riserva la famiglia Viola ai suoi primissimi e curiosi clienti enoici. La versione 2016 ha un seguito: il ’17 (appena sboccato) è in piena sintonia con il millesimo che lo ha preceduto, mentre il 2018 aumenta in autorevolezza e si presenterà in bottiglie formato magnum. E’ sempre un Extra Brut in gran spolvero, più carezzevole dei suoi fratelli, rabbioso nella sua dolce fragrante indole dolomitica - il Mont è rimane baluardo di saperi oltre che di richiami sensoriali - talmente inconsueto da renderlo un vino vivace quanto indomito.

 

La vervè di Nadia Viola e dei suoi cari non si limita al Navarro. Guarda anche al vino, al Teroldego del Vigneto Drei coltivato sulla porta di casa e ad alcune varietà di viti Piwi a bacca bianca curate in ‘giardini vitati’ di Maso Lorandini, verso Spormaggiore. Con queste ultime assemblano un blend, vino succoso, mirato nell’esecuzione come nella quantità, godibile e cordiale, per certi versi gioioso. Molto più diversificata la vinificazione del Teroldego.

 

Ne propone ben 3 versioni, legate dallo stesso vigneto (non a caso si chiama Drei) e medesima vendemmia, contenute solo nel numero di bottiglie, complessivamente neppure una manciata di migliaia. Tre interpretazioni, in base al grado di maturazione delle uve. I chicchi pregni e succosi sono destinati al Rosso Mancato (smaliante nel color vermiglio, decisamente alcolico e corroborante) mentre i grappoli più ‘normali’ generano il Nero Viola, prototipo di vino Rotaliano, come dovrebbe chiamarsi solo con questa definizione il vino autenticamente ottenuto dal vitigno principe delle terre del Noce.

 

E il terzo? Un paio di piccole damigiane, uve accortamente surmaturate, per una sorta di passito. Fatto con passione.

 

La degustazione dei vini di Casa Viola è dunque più che coinvolgente. Proprio perché vini mirabilmente accuditi, piccole interpretazioni di minuziose vendemmie, uve elaborate senza alcuna forzatura, sia in vigna come nella ‘caneva’ sistemata a pochi passi da mastodontiche cisterne e altrettante poderose aziende vinicole del Campo rotaliano. Parafrasando Goethe, già visitatore del Campo rotaliano, da lui definito ‘Bel giardino vitato d’Europa’, si potrebbe ribadire: il Monte è un muto maestro di vita che genera anche dinamici discepoli enoici. Gentili, come i vini e la grazia vitivinicola di Nadia Viola.

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