“Chi vive sulle sponde del lago di Garda è seduto su una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere” questo l'allarme lanciato da Attolini sullo stato di salute del bacino
I dati diffusi dalla Provincia di Trento non convincono la segretaria di Sinistra italiana che evidenzia le criticità tutt’ora presenti, a partire dal sistema fognario che potrebbe minare l’ecosistema del Garda: “Questo dovrebbe essere un tema di priorità nazionale, sia dal punto di vista ecologico che da quello economico”

TRENTO. “Al di là delle risposte tranquillizzanti che l’attuale Giunta Provinciale di Trento ha dato all’interpellanza dei consiglieri di Futura, Ghezzi e Coppola, il Garda è in serio pericolo” questo l’allarme lanciato da Renata Attolini segretaria di Sinistra italiana.
I dati a cui fa riferimento Attolini sono quelli diffusi dagli uffici provinciali che, pur riscontrando un buono stato di salute delle acque, allo stesso tempo certificano un aumento delle temperature compreso tra 0,6 e 1,6 gradi. Variazioni importanti avvenute nell’arco di 30 anni e riconducibili al cambiamento climatico.
Già in tempi non sospetti, nell’ottobre 2016, le Federazioni di Sinistra Italiana di Trento, Brescia, Mantova e Verona avevano dato vita ad un tavolo di lavoro interprovinciale permanente sulla proposta di nuovo collettore e depuratore del Garda. Il tavolo era stato indetto nella consapevolezza che l’equilibrio dell’ecosistema Garda era messo a dura prova dal sistema fognario e che questo era un tema di priorità nazionale, sia dal punto di vista ecologico che da quello economico.
“Il lago di Garda, con le sue considerevoli dimensioni è un piccolo mare tra le montagne e la pianura Padana, così grande da farlo credere capace di poter reggere ad ogni sollecitazione dell’uomo – spiega Attolini – ma non è così e chi vive oggi sulle sponde del lago è seduto su una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere”.
Secondo i dati a disposizione del tavolo di lavoro delle sinistre gardesane il bacino è stato interessato dall’effetto dell’inquinamento già a partire dagli anni ’50, con un aumento, che continua tutt’ora, della concentrazione di Fosforo Totale nelle acque.
Inoltre il Garda avrebbe cessato di essere un bacino naturale a causa della costruzione di un certo numero di centrali idroelettriche con annesse dighe e della diga a Salionze (Valeggio sul Mincio), che inevitabilmente rallentato il ricambio dell’acqua.
Da decenni e decenni attorno alle sponde del Garda si coltiva senza rispetto per i metodi biologici – prosegue il rapporto – per di più si sono svolte attività industriali di ogni genere e si è praticato un turismo selvaggio.
Come se non bastasse si è edificato ovunque, scaricando a lago i prodotti dell’eccessiva urbanizzazione. Tutto ciò si è svolto con una totale indifferenza nei confronti della compromissione di un ecosistema prezioso sia dal punto di vista economico che ecologico.
“Anche se le recenti analisi fisico chimiche ci dicono che i mutamenti dell’acqua del Garda negli anni non sono preoccupanti – attacca Attolini – sembra che tutti ignorino che esiste un’urgenza ormai improcrastinabile, quella di prendere in esame la situazione degli scarichi e degli sversamenti a lago ben visibili dalle spiagge e dalle rive”.
A conferma di queste affermazioni ci sono anche le analisi condotte dalla ‘Goletta dei laghi’ di Legambiente che ha riscontrato nelle acque del Garda la presenza di microplastiche ma anche del temibile batterio dell’Escherichia coli, talvolta in concentrazioni preoccupanti tanto di parlare di zone “fortemente inquinate”.
“La questione non può lasciarci indifferenti – continua la segretaria di Sinistra italiana – perché parliamo di uno dei laghi più grandi ed importanti d'Europa, la cui portata rappresenta circa il 40% delle risorse d'acqua dolce dell’Italia”.
Di seguito poi viene fornito un elenco esaustivo di tutte le criticità riscontrate nel bacino, primo fra tutti l’impianto di depurazione di Peschiera del Garda, già messo in discussione in fase di progettazione, che raccoglie la rete fognaria sia dei comuni della sponda Lombarda sia di quelli della sponda Veneta. Uniche eccezioni i comuni di Tremosine e Limone e quelli della sponda trentina, che sono autonomi e dotati di piccoli depuratori in loco.
Ora, la rete fognaria dei vari comuni è collegata al depuratore di Peschiera via terra ma anche via acqua, con una condotta che attraversa il lago tra Maderno e Torri del Benaco. La condotta subacquea si trova ad una profondità di 200 metri ed è dotata di sensori a monte che verificano la pressione interna.
Non esiste però la possibilità di effettuare controlli approfonditi sulla sua tenuta perché i macchinari in dotazione agiscono solo fino a 25 metri di profondità, mentre le strutture idonee, utilizzate nel mare, non sono trasportabili e posizionatili sul lago a causa delle considerevoli dimensioni.
Lungo il percorso via terra verso Peschiera invece, sono localizzate a terra pompe di sollevamento e sistemi di troppo pieno rivolti a lago, pronti ad entrare in funzione solo in casi eccezionali, per evitare il tracimare del sistema fognario nelle civili abitazioni. Ma la scellerata speculazione edilizia e l’aumento delle utenze connesse ad essa, assieme all’incremento notevole del turismo hanno portato questo sistema ad entrare in funzione sistematicamente.
Gli amministratori comunali spesso non hanno messo tra le priorità opere pubbliche rivolte alla sistemazione e all’adeguamento della rete fognaria con separazione di acque bianche ed acque nere e questo comporta un eccessivo carico sulla rete depuratore, contribuendo a farle tracimare nel lago.
Attualmente è allo studio un nuovo progetto che prevede la realizzazione di circa 80 chilometri di collettori che collegheranno i comuni da Tignale a Padenghe ad un nuovo depuratore nella zona bresciana, a Visano al lago.
La costruzione del nuovo depuratore a Visano avrebbe un considerevole costo economico ed ambientale e non si può trascurare la lunghezza dei tempi di realizzazione, compresa tra i 15 e 20 anni. È inoltre dimostrato che depuratori di dimensioni limitate, di nuova tecnologia, funzionano meglio e hanno costi di gran lunga inferiori, sia per la realizzazione che per la gestione. In più, in caso di avaria o altro contrattempo, il danno sarebbe più facilmente controllabile e più limitato.
“La proposta sensata – conclude Attolini – sarebbe quella di procedere in tempi strettissimi alla completa separazione di acque bianche e nere in tutti i comuni del lago, e poi alla realizzazione di almeno due depuratori di dimensioni medie sulla sponda bresciana”.
Per arrivare alla soluzione di questo rebus quindi sarebbe necessario coinvolgere tutte le amministrazioni locali, ma anche le cooperative agricole e le associazioni ambientaliste, per riuscire a predisporre un vero e proprio piano di salvataggio del lago.
Predisponendo un sistema di impianti tecnicamente il più avanzato possibile, anche per quanto riguarda il trattamento di fitodepurazione delle acque reflue, oltre a valutare collettivamente la scelta del numero di depuratori da realizzare e la loro localizzazione.