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Lago di Garda, negli ultimi 30 anni per il cambiamento climatico la temperatura dell'acqua è aumentata tra 0,6 e 1,6 gradi

I ghiacciai si sciolgono e quindi in montagna è più facile vedere gli effetti del cambiamento climatico, ma anche il lago registra variazioni. Se il contenuto di ossigeno negli strati profondi si mantiene a buoni livelli, si conferma però la presenza di processi di rimescolamento alternativi o accessori al modello classico

Di Luca Andreazza - 05 agosto 2019 - 06:01

TRENTO. Il lago di Garda è in sufficiente stato ecologico e buono stato chimico, ma negli ultimi 30 anni la temperatura dell'acqua ha subito variazioni importanti, dovute al cambiamento climatico. Nella parte superficiale, a 5 metri di profondità, si è passati da 13 a 14,6 gradi per un +1,6 gradi, mente nella zona a 250 metri di profondità si va da 7,8 a 8,4 gradi per un aumento di 0,6 gradi. Questo quanto emerge nella risposta del vice presidente Mario Tonina all'interrogazione di Lucia Coppola e Paolo Ghezzi, consiglieri provinciali di Futura.

 

Non solo in montagna, dove i ghiacciai si sciolgono e quindi è più facile vedere gli effetti del cambiamento climatico, anche nel lago si registrano alcune variazioni, come nel caso della concentrazione di ossigeno disciolto in prossimità del fondo del Garda. Se il contenuto di ossigeno negli strati profondi si mantiene a buoni livelli, si conferma però la presenza di processi di rimescolamento alternativi o accessori al modello classico.

 

In questo senso, l'ultimo campionamento è stato eseguito il 4 giugno scorso e il livello misurava 9.7 mg/L, un dato che equivale all'83% di saturazione. Nel corso degli anni di monitoraggio, nel momento di maggior rimescolamento e quindi riossigenazione degli strati profondi delle acque del lago, che si ricorda, non tutti gli anni arriva alla massima profondità, i valori minimi si sono registrati negli inverni 2016 e 2017 (5.5 mg/L il 5 dicembre 2016, il 47% di saturazione).

 

Nel corso dell'inverno 2018 si è verificato un particolare episodio di rimescolamento parziale delle acque, che ha avuto scarse conseguenze in termini di variazione di temperatura, ma ha provocato un aumento del contenuto di ossigeno negli strati profondi. A fine febbraio 2018, alcuni giorni di freddo intenso e forte vento da nord, hanno creato un gradiente termico di oltre 2 gradi centigradi tra le acque vicine a riva (dati della sonda fissa posizionata tra Punta Lido e la spiaggia dei Sabbioni) e le acque a centro lago (campionamento del 13 marzo 2018), provocando probabilmente l’infiltrazione di un torrente d’acqua più fredda sul fondo del lago da nord vero sud, portando quindi ad una riossigenazione degli strati profondi a partire dal basso, e non secondo il classico modello di sprofondamento della colonna d’acqua. Il contenuto di ossigeno a 270 metri è passato da 6.1 mg/l del campionamento dell’8 novembre 2017 a 9.1 mg/L di quello del 13 marzo 2018

 

Il contenuto medio in fosforo totale delle acque, determinato in primavera, nel momento di massimo rimescolamento, mostra una tendenza alla diminuzione. Nel periodo analizzato, dal 1997 al 2019, si osservano i primi sette anni, fino al 2003, dove il contenuto medio della colonna si attestava tra i 18 e i 19 mg/L.

 

A questo periodo seguono quattro anni di valori medi aumentati, compresi tra i 22 e i 28 mg/L. Segue poi una diminuzione progressiva fino ad arrivare agli ultimi quattro anni a valori rispettivamente di 17, 15, 15, 14 mg/L. Come tendenza, dal 1997 ad oggi, si è passati da 22 mg/l a 16 mg/L, con una diminuzione di 6 mg/L. Il contenuto di fosforo totale nei campioni d’acqua raccolti a febbraio 2019 era di 0 a 5 metri, 13 mg/L a 10 metri, 12 mg/L a 20 metri, e 14 mg/L a 50 e 100 metri, 15 mg/L a 150 metri e 18 mg/L a 270 metri.

Questo parametro è l’unico che presenta differenze tra la parte trentina e la parte veronese e bresciana del lago, per l’ovvio motivo che, in assenza di rimescolamento completo delle acque, il fosforo tende a concentrarsi in maniera graduale negli strati più profondi, motivo per cui a 350 metri, nel punto di massima profondità in territorio veneto, all'altezza dell’abitato di Brenzone, la concentrazione è maggiore rispetto a 280 metri, punto di massima profondità in territorio trentino.

 

I valori della trasparenza non hanno mostrato negli anni, invece, modificazioni significative e rimangono stabili attorno al valore medio annuo di 10 metri, calcolato sui dodici campionamenti e la concentrazione dei metalli pesanti non supera mai gli standard di Qualità ambientale. 

 

La parte trentina del lago di Garda, la cui superficie di 14,46 chilometri quadrati è circa un ventisettesimo di quella totale, non è data in concessione ad alcuna associazione pescatori. La pesca è quindi praticabile da tutti i pescatori sportivi senza il possesso del libretto controllo catture.

 

La conseguenza è che mancano i dati riguardanti il pescato frutto della pesca dilettantistica. L’unico pescatore professionista esercita la propria attività dal 2015. I dati forniti fino al 2018 evidenziano un trend in crescita o stabile, che oscilla tra i mille chilogrammi del 2015, primo anno di attività, ai circa 2.500 chilogrammi all'anno negli ultimi tre anni. Nel 2018 le sarde e i coregoni rappresentano il 70% del pescato. Gli altri pesci catturati, con percentuali per ogni singola specie inferiori al 10%, sono la tinca, il luccio, le trote e i persici. La scarsità di dati, però, non consente di definire, in maniera statisticamente attendibile, l’andamento del pescato negli ultimi dieci anni per la parte trentina.

 

Il carpione (Salmo trutta carpio) è una specie endemica presente unicamente nel lago di Garda. Un tempo abbondante, oggi è inserita nella lista rossa dell’Iucn delle specie in grave pericolo di estinzione. La sua dieta è composta da plancton e il comportamento riproduttivo è peculiare perché caratterizzato da una doppia frega durante l’anno. La specie è comunque ricercata per la qualità della sua carne e per l’alto valore commerciale che mantiene sui mercati locali.

 

Alla luce del quadro ambientale che caratterizza il Garda e le informazioni reperibili in letteratura circa lo status del carpione, le principali cause che possono aver determinato il forte calo della sua popolazione, sono imputabili all’azione congiunta della pressione di pesca, del cambiamento delle condizioni chimiche delle acque lacustri, che da oligotrofiche sono passate a meso-oligotrofiche, delle modificazioni delle aree di frega e della competizione con altri pesci planctofagi quali coregone, agone e alborella.

 

A tutela di questo salmonide in Trentino, come del resto nelle altre province rivierasche, vige il divieto di pesca, adottato con determinazione del dirigente del Servizio foreste e fauna. Il carpione, unica specie a rischio di estinzione, seppur presente in tutto il Garda, è specie tipica del medio e basso lago, dove si trovano i più importanti siti riproduttivi. Accanto al carpione, anche se non a rischio di estinzione, esistono le specie che hanno avuto nel tempo forti cali di presenza sono la trota lacustre e l’alborella.

 

Per il Trentino la trota lacustre (Salmo trutta lacustris) è il salmonide più caratteristico. Fino alla metà del secolo scorso, il fiume Sarca, con la sua portata naturale e senza gli attuali sbarramenti, consentiva alle trote lacustri, alcune di 15–20 chili, di risalire in autunno dal lago e percorrere lunghi tratti fluviali alla ricerca delle aree di frega migliori per deporre le uova. A metà degli anni ‘70, il Sarca, sbarrato e prosciugato dalle dighe, non poteva più costituire un habitat adatto per la trota lacustre.

 

I problemi causati dalle grandi derivazioni idroelettriche sono stati mitigati a partire dal giugno 2000 con il rilascio costante, a valle delle opere di presa, dei Deflussi minimi vitali, pari a due litri d’acqua al secondo per ogni chilometro quadrato di bacino imbrifero sotteso. Questa portata, pur modesta, ha consentito il ritorno nel Sarca di qualche esemplare di trota lacustre e la risalita fino alla centrale di Fies, grazie anche a tre passaggi per pesci realizzati su altrettanti sbarramenti in alveo alla centrale della Brossera (scala di monta costruita a cura dell’Eenl) e all’altezza di due briglie in località Linfano e Malapreda (rapide artificiali realizzate dal Servizio opere idrauliche della Pat).

 

A partire dal 2001, nel mese di novembre, periodo della riproduzione, il Servizio foreste e fauna effettua ogni anno, in collaborazione con i pescatori del Basso Sarca e le province di Verona e Brescia, il recupero con elettropesca di alcuni esemplari di trota lacustre nel Sarca, per la riproduzione artificiale.

 

Dal 2015 questa attività di recupero si avvale del nuovo impianto ittiogenico realizzato a Dro a cura dell’Associazione pescatori Basso Sarca in stretta collaborazione con l’amministrazione provinciale. L’alborella (Alburnus alburnus alborella) è un piccolo ciprinide tipico dei laghi del nord Italia, ma ha evidenziato un forte calo generalizzato in tutto il suo areale di presenza. Anche per questa specie la Provincia di Trento ha instaurato il divieto di pesca, così come l'indicazione di promuovere accordi con le altre regioni rivierasche al fine di definire divieti e limitazioni comuni per la conservazione della fauna ittica e la gestione della pesca nel lago di Garda.

 

Recentemente la giunta provinciale ha poi approvato lo schema di protocollo di intesa per una gestione sostenibile e unitaria della pesca e per la tutela del patrimonio ittico del lago di Garda. Il protocollo prevede, tra l’altro, la costituzione di un tavolo di coordinamento per la definizione di un programma di azioni per il raggiungimento degli scopi prefissati.

 

A monitorare lo stato di salute del lago di Garda è il laboratorio di idrobiologia di Forte S. Nicolò, con particolare attenzione alla parte trentina, dal 1990, prima come Stazione sperimentale di S. Michele all’Adige, poi, dal 1997, come Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente.

 

Nello specifico del Garda trentino, dal 1990 al 2016 sono state eseguite indagini mensili nel punto di confine tra le tre province (Trento, Verona, Brescia), dove il lago ha una profondità di 280 metri circa. Dal 2017 le indagini si sono ridotte in numero, diventando circa bimensili, in quanto è stata rafforzata la collaborazione con Arpa Veneto e Arpa Lombardia per ottimizzare la rete di monitoraggio sui corpi idrici interregionali, bilanciare lo sforzo economico e organizzativo impiegato nelle attività e migliorare lo scambio di conoscenze e competenze tra le diverse strutture.

 

Una sinergia che si è intensificata e consolidata negli anni fino a portare ad un programma di monitoraggio unificato del lago di Garda (Accordo ufficializzato il 23 dicembre 2015) e alla classificazione congiunta dello stato ecologico e chimico del lago. Nell’ambito di questo accordo, il lago di Garda è stato suddiviso in due distinti corpi idrici: occidentale e sudorientale, il primo rappresentato dal bacino più profondo che si estende in direzione nord-sud e che comprende la porzione trentina, l’altro invece dal bacino orientale, delimitato dalla dorsale subacquea che congiunge punta S.Vigilio con la penisola di Sirmione. La classificazione del bacino occidentale per il triennio 2014/2016 ha visto il lago in sufficiente stato ecologico e buono stato chimico.

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