Verso l'Intesa Stato - Islam italiano. Anche la trentina Breigheche alla firma dell'accordo con Minniti: "Obiettivo integrare e garantire diritti"
Lo Stato, in passato, ha già sottoscritto l'intesa con quasi tutte le comunità religiose (dai buddisti agli induisti) ma non con quella musulmana (la più numerosa dopo quella cristiana). Nibras: "Banalmente le nostre feste non sono riconosciute a livello scolastico e non ovunque sono garantiti gli spazi nei cimiteri e quelli per i luoghi di culto. Radicalismo e estremismo si battono anche così"

ROMA. C'era anche la nostra Nibras Breigheche, in quanto membro fondatore del direttivo dell'associazione Islamica Italiana degli Imam e guide religiose, al tavolo con il ministro Minniti e gli altri rappresentanti delle associazioni islamiche italiane. E il momento era di quelli storici: il primo, fondamentale, passo verso l'Intesa tra Stato italiano e la comunità islamica. Meglio, con quanti praticano la religione musulmana. Ad oggi, infatti, il nostro Paese ha stipulato intese con praticamente tutte le comunità religiose, dall’unione buddista ai testimoni di Geova dagli ebrei alle chiese evangeliche, dagli induisti ai valdesi. Con tutti tranne che con i musulmani che, tra le altre cose, rappresentano, dopo i cristiani, la comunità religiosa più numerosa: sono circa 1 milione e 500 mila in Italia.
"Ebbene, ad oggi molti diritti, anche in senso pratico, agli altri garantiti a noi sono negati - ci spiega Breigheche - per esempio ad inizio anno scolastico arriva nelle scuole la circolare con le festività delle varie religioni che permette agli studenti di assentarsi senza obbligo di giustificazione. Per noi non è così. Io stessa ricordo che avevo dovuto affrontare una prova della Maturità in un giorno di festa. Un po' come se a un cristiano chiedessero di sostenere uno dei compiti più importanti della sua carriera scolastica il giorno di Natale. L'Intesa serve poi a tutelare altre cose come avere un luogo di culto dignitoso in ogni città o un luogo di sepoltura nei cimiteri. A Trento siamo fortunati e questi spazi li abbiamo, ma pensate cosa può voler dire legare certe cose al buon animo di amministratori e sindaci. Basta che cambi il sindaco e quello nuovo decida di chiudere lo spazio di preghiera che la comunità islamica si trova senza strumenti di tutela".
L'articolo 8 della Costituzione, infatti, dopo aver affermato che tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge e hanno, quindi, diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano, stabilisce che i loro rapporti con lo Stato siano regolati da Intese con le relative rappresentanze. Questa Intesa non è mai stata formalizzata con la comunità musulmana e alla luce anche di quanto sta succedendo nel mondo e del pericolo di radicalizzazione, che sempre deriva prima di tutto dall'esclusione, il ministro dell'interno Minniti ha dato un'accelerazione al processo e negli scorsi giorni è stato firmato a Roma il “Patto nazionale per un Islam italiano”.

Il ministro lo ha definito "un passaggio utile per il presente e il futuro dell’Italia attraverso il dialogo interreligioso". "Il senso del documento – ha affermato Minniti – è che si possono avere religioni differenti e professare religioni differenti pur essendo tutti italiani". Il pre-requisito del Patto, firmato dai rappresentanti delle associazioni islamiche italiane, è ripudiare qualsiasi forma di violenza e terrorismo. Il patto fa riferimento, tra l’altro, al principio supremo di laicità dello Stato (quale "garanzia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale") e alla Costituzione italiana.
Tra le misure concordate anche quelle di rendere pubblici nomi e recapiti degli imam e delle guide religiose, che i sermoni vengano svolti in italiano o tradotti nella nostra lingua e la trasparenza finanziaria delle diverse comunità religiose. "Tutte cose che abbiamo sottoscritto senza nessun problema - prosegue la trentina Nibras Breigheche - anche perché praticamente dappertutto queste cose sono già rispettate. Per esempio il sermone in italiano o tradotto in italiano è fondamentale da decenni perché ci sono tantissimi mussulmani slavi o di altri paesi dell'Est che non parlano l'arabo e quindi non capirebbero quanto viene detto. L'italiano per noi è già lingua aggregante e sinonimo di comunità, anche islamica. Per quanto riguarda la trasparenza finanziaria e i nomi pubblici anche in quel caso già facciamo parte di questo mondo da tanto tempo e se vuoi essere riconosciuto come associazione o altro devi sottostare alle leggi, come tutti gli altri. Quindi nessun problema".
E ovviamente c'è il ripudio di integralismi e violenze. "Certamente - conclude Breigheche - questa firma è il primo, fondamentale passo per abbattere barriere e muri. E' così che si contrasta il radicalismo. E' così che si fa sicurezza e si dà il senso di comunità, unico strumento utile per una serena convivenza".