Contenuto sponsorizzato

In Swaziland dove l'acqua è per la Coca Cola e gli abitanti lottano per un pozzo

Stefano Catana è stato nel paese che confina col Sudafrica per un progetto con l'Università di Trento e l'Ong Cospe: un protocollo d'emergenza contro la siccità nell'Africa Australe. "Ci sono intere comunità che, per reperire l'acqua, devono percorrere quotidianamente almeno sei chilometri"

Pubblicato il - 13 novembre 2016 - 16:09

TRENTO. Ci sono esperienze che ti cambiano l'esistenza e, dopo sette settimane in Swaziland, la prospettiva dalla quale si osserva la vita muta radicalmente. Non può che essere così. Il ricordo dell'Africa è ancora vivissimo nella mente e nel cuore di Stefano Catana, studente d'Ingegneria Ambientale, che da un mese ha riabbracciato Trento dopo quasi due mesi trascorsi in Swaziland. La voglia di partire e di lavorare era fortissima per Catana, 25enne di Narni, salito nel capoluogo un anno e mezzo fa per il corso di laurea "specialistico" alla facoltà di Mesiano.

 

"Lo start è stato casuale - racconta -: un giorno mi sono recato presso lo studio di un docente per parlare dell'esperienza che avrei voluto intraprendere all'estero e, invece, mi sono trovato davanti il professor Corrado Diamantini. Non ci conoscevamo personalmente. Mi ha spiegato che l'Università aveva sottoscritto un protocollo con la Cospe, una Ong con sede a Firenze che opera nei cosiddetti paese emergenti. C'era la possibilità di partire a brevissimo per lo Swaziland per un progetto legato all'ecoturismo: non ci ho pensato nemmeno per due minuti e ho detto sì. E, infatti, ad agosto sono partito per l'Africa: la mia destinazione era la città di Sitaki, capitale, o per meglio dire capoluogo, della Lubombo Region, una delle quatto macroaree (la più a Est, infatti confina con il Mozambico, ndr) in cui è suddiviso il paese".

 

Ben presto il progetto di sviluppo dell'ecoturismo si è trasformato in un protocollo d'emergenza contro la siccità nell'Africa Australe causata da El Nino: il compito di Catana era soprattutto quello di "mappare" le risorse idriche di una zona di circa 3mila chilometri quadrati (tanto per intenderci: la stessa superficie sulla quale si estende la provincia di Verona). Una superficie piena di contraddizioni: da una parte le zone aride dove è costretta a vivere la popolazione, dall'altra i campi di barbabietole da zucchero ben irrigate e sempre verdi. Già perché in Swaziland tutto è in mano alla Coca Cola che da sola genera il 40% del prodotto interno lordo del paese (SI LEGGA L'ARTICOLO DEL GUARDIAN DI TRE ANNI FA MA SEMPRE ATTUALE).

 

"Si parlava di acquedotti, pozzi, sorgenti e, qualche volta, semplicemente di rubinetti - racconta - e l'obiettivo era quello di avere un quadro complessivo della situazione e capire se tali risorse erano funzionanti, mal funzionanti o, addirittura, completamente assenti. Alcune, infatti, erano "semplicemente" da espandere, altre invece da risanare totalmente. Ho potuto vedere con i miei occhi situazioni al limite dell'assurdo: intere comunità che, per reperire l'acqua, dovevano percorrere quotidianamente sei chilometri, tre all'andata e tre al ritorno, su di un percorso scosceso e pericoloso".

 

Nel cuore dello Swaziland tra ippopotami e siccità

Quando si dice che l'Africa è un "altro mondo" è proprio vero e Catana lo conferma. "Ho visto situazioni al limite - ricorda - e la situazione in Swaziland è obiettivamente difficile. Il riferimento principale è alla situazione sanitaria: un abitante su tre ha l'Hiv e, infatti, sono diversi i protocolli atti a contenere la diffusione del virus. Addirittura esiste un progetto dedicato alle donne in stato di gravidanza: l'obiettivo è quello di far sì che il nascituro non sviluppi l'Hiv durante il periodo di gestazione e possa nascere sano. E poi è in atto una grande opera di sensibilizzazione della popolazione mediante grandi cartelloni. Gli slogan sono impattanti ("Don't compromise, condomize!" oppure "non diventare una statistica, fai la scelta giusta") e mirano a convincere gli abitati ad utilizzare il preservativo e praticare il cosiddetto sesso sicuro". Preservativo che fino a pochi anni fa veniva associato "all'uomo bianco" e collegato direttamente alla malattia. Quindi adesso sono importantissime le campagne per sradicare tali retaggi e vecchie convinzioni.

 

Catana ha vissuto per tre mesi in ufficio: impossibile trovare un albergo o un altro tipo di hospitality nella zona in cui operava. "La situazione è particolare - spiega - perché il territorio è suddiviso in community che, a loro volta, sono separate in subcommunity. All'interno di queste esistono le "homestadt", ovvero delle unità familiari, paragonabili alle nostre famiglie allargate. Un esempio: le "homestadt" possono comprendere il nucleo del capofamiglia e i nuclei dei figli e di qualche zio. Particolarità: ogni "homestadt" ha un proprio spazio, diviso da un recinto da tutto il resto. Le varie community si ritrovano poi in assemblee, chiamate "inkhundla", per discutere di quelli che sono i temi comuni".

 

Catana è tornato a Trento da un mesetto, è concentrato sul proprio percorso di studi, ma non nasconde di voler partire nuovamente. Non ha il "Mal d'Africa", ma la voglia di ripartire è tanta. Una cosa è certa: un'esperienza di questo tipo, a migliaia di chilometri di casa, ti cambia la vita. "Cosa ho imparato? Tante cose, e non è una frase fatta. In Swaziland credo proprio non esista la parola stress: non sempre si tratta di un aspetto positivo perché, ogni tanto, un po' di pressione fa bene. Ho visto tanta serenità, nonostante le tante difficoltà del caso. E mi sono detto: noi occidentali ci alziamo al mattino e ci preoccupiamo di tanti piccoli aspetti della vita, rendiamo giganti piccoli problemi e spesso non riusciamo a vivere bene. Nella regione del Lubombo, ma ovviamente non solo lì, ad inizio giornata il pensiero è quello di reperire cibo e acqua per sopravvivere e di come fare per arrivare alla fine della settimana. Ecco io ho visto tutto questo con i miei occhi e, posso assicurare, è un'esperienza che ti cambia la vita e ti fa apprezzare molto di più tutto ciò che si ha".

 

L'ANEDDOTO: breve storia per IMMAGINI di una partita di calcio in Swaziland.

Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
In evidenza
Ambiente
21 gennaio - 12:42
Il Gps di Puck ha trasmesso i segnali e subito i carabinieri forestali si sono attivati raggiungendo la casa dell'uomo. Dopo una perquisizione la [...]
Esteri
21 gennaio - 12:24
Non è la prima volta che si verifica un fenomeno di gelicidio sulle strade della Valsugana
Cronaca
21 gennaio - 12:31
E' successo poco prima di mezzogiorno e sul posto si sono portati i vigili del fuoco e i soccorsi sanitari. L'uomo sarebbe rimasto con la gamba [...]
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato