Si chiude la kermesse 'Identità golose' , il gusto mentale, quando anche in cucina la forza della libertà è il viaggio
Da Alfio Ghezzi alla famiglia Lunelli, da Alessandro Gilmozzi a Riccardo Felicetti, dal TrentoDoc al Merano wine festival, il Trentino Alto Adige protagonista a Milano per quella libertà di pensiero, della quale dovrebbero nutrirsi tutti, a iniziare da cuochi, chef e pasticcieri

TRENTO. Nel piatto anzitutto la ricerca del ‘gusto mentale’. Quel sapore sedimentato nel ricordo, il sapere che diventa veicolo di cultura. Per far rinascere il concetto stesso di cibo e dunque di cucina. Con un filo conduttore decisamente ‘dolomitico’.
Perché Identità Golose, appena archiviata a Milano, ha sancito come ingrediente fondamentale per identificarsi in una elaborazione culinaria passi attraverso stimoli legati al viaggio, al recupero di liberi elementi territoriali. Non a caso il motto era ‘la forza della libertà: il viaggio’. Da compiersi in un simbolico percorso contemporaneamente a ritroso e progettato nel futuro. Lo ha ribadito anzitutto Massimo Bottura, chef celeberrimo indipendentemente da certe assurde esposizioni televisive. L’ingrediente prioritario per la cucina dovrà essere la cultura. Puntando ad un nuovo Rinascimento. Evoluzione e trasformazione proprio come nell’arte.
"Come il Rinascimento recupera la grande classicità greca e romana, con l’arma della cultura, dopo l’invasione barbarica, così stiamo facendo noi cuochi italiani: abbiamo subito l’invasione della nouvelle cuisine, del fusion, dell’avanguardia spagnola, della new nordic cuisine". E’ l’ora della riscossa.
Lezione magistrale in un congresso gastronomico che ha registrato un preciso filo conduttore legato proprio al ‘sapere fare e al far sapere’ di alcuni cuochi e manager del Trentino.
A partire dalla famiglia Lunelli che con il loro Ferrari ha coinvolto tutti i relatori, rilanciando pure il ruolo fondamentale del personale di sala, vale a dire camerieri e quanti mettono in tavola i piatti sopraffini elaborati degli chef. Un ruolo decisivo, troppo spesso sottovalutato. Perché se la sala è diretta – e funziona – in maniera impeccabile, “una grande sala salva un piatto modesto, una cattiva sala distrugge un grande piatto”, ha ribadito Bottura.
Impossibile sintetizzare tutti gli stimoli gastronomici scaturiti da un convivio ideato e diretto da Paolo Marchi, figlio dell’indimenticabile Rolly Marchi. Legame trentino che ancora una volta è stato rafforzato dalla geniale imprenditorialità di Riccardo Felicetti, il manager della pasta di Predazzo, che a Identità Golose ha dimostrato come gli spaghetti mettano d’accordo ogni concetto culinario, unendo ricerca assoluta e tanta tradizione. Nello stand Felicetti – arredo stile anni ’50 con un tocco di design futuribile – hanno ‘messo le mani in pasta’ praticamente tutti i cuochi protagonisti della tre giorni milanese. Elaborando i vari tipi di pasta e presentando in anteprima la nuovissima produzione di spaghetti Valentino, dedicata al fondatore dell’azienda fiemmese, il sempre gioviale e ancora innovativo Valentino Felicetti. Così tutti in fila, da Bottura a Cracco, da Scabin a chef artefici della cucina giapponese, nordica o fusion.
Presenza dolomitica si diceva. Con il Trento Doc, lo spumante classico, proposto all’entrata, nell’ambito della rassegna curata da Merano Wine Festival, rassegna di vini degni dei migliori abbinamenti con il cibo. A proposito, sempre un trentino, in questo spazio vinoso, ha presentato un piatto decisamente montanaro a base di cuore di cervo. E’ Alessandro Gilmozzi, fresco vincitore del Premio Godio, da diversi anni cuoco tra i più innovativi nella sperimentazione e uno degli Ambasciatori del Gusto presenti a Identità Golose.
Cucina d’autore, cucina di montagna. Così sul palco è salito – tra l’ovazione del grande pubblico – il ‘nostro’ Alfio Ghezzi. Ha perfettamente interpretato il tema del congresso, appunto il viaggio. Illustrando la sua lunga performances con il parapendio, aver sorvolato le Alpi, partendo dalla Locanda Margon, spostandosi solo a piedi e con il volo libero, decollando dalle Viote del monte Bondone atterrando in varie zone alpine, Svizzera compresa. Ri-scoprendo piatti della tradizione e i saperi delle genti montanare. Ghezzi ancora tra i protagonisti per Ferrari Incontri, esclusiva degustazione di alcune sfiziosità trentine, riservata ai vincitori del premio per i ‘Maestri di Sala’.
Tradizione e - ancora – sperimentazione. Come quella dell’istrionico Davide Scabin. Lo scorso anno aveva proposto di preparare un piatto di pasta alla carbonara mettendo tutti gli ingredienti in una pentola a pressione. Esperienento perfettamente riuscito, non a caso rilanciato dallo staff di Felicetti. Quest’anno, altra rivisitazione ‘scabiniana’: pasta come fosse un cocktail di cacio e pepe, carbonara e genovese, tra Roma e Napoli, ma anche condita con il contenuto di cinque ampolle “ripiene” di sapori essenziali “clonati” , lanciando il progetto “Note by Note”, ovvero cucina molecolare all’ennesima potenza, grazie alla quale, secondo Scabin, “ogni chef tra qualche anno avrà i suoi sapori personalizzati, su misura”.
Dare sapore a preparazioni forse asettiche, assolutamente essenziali e comunque salutari.
Cucina in libertà, per esplorare il gusto. Anche quel ‘gusto mentale’ che riesce a stimolare nuovi saperi e dunque nuovi sapori. E viceversa.