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Sanità, per la Corte dei Conti degenze troppo lunghe nonostante la minore complessità dei casi e troppe risonanze magnetiche

La sanità trentina è al top sotto tanti punti di vista ma si può fare meglio. Per le risonanze la valutazione è "pessima". La Corte: "La maggiore durata della degenza è probabilmente riconducibile ad una inefficienza organizzativa". Arco e Trento gli ospedali che spendono più della media, per pazienti dimessi

Di Luca Pianesi - 10 gennaio 2017 - 07:08

TRENTO. Usa la parola "pessima" la Corte dei Conti quando analizza la "gestione" delle prescrizioni delle risonanze magnetiche in Trentino da parte dell'Apss. E aggiunge che, nel quadro generale di tutti gli interventi, vi è una "durata delle degenze più alta dello standard (italiano) nonostante la minore complessità della casistica in assoluto". La nostra azienda sanitaria, lo abbiamo scritto tante volte, primeggia in tantissimi aspetti rispetto alle altre aziende sanitarie italiane, ma può e deve migliorare ancora.

 

A certificarlo anche la Corte dei Conti che nel suo rapporto sulla gestione finanziaria dell'Apss della Provincia di Trento (pubblicato lo scorso dicembre e riferito al 2015) è andata ad affrontare alcune criticità. Una di queste, è un problema annoso, qui in Trentino: l'eccessivo e troppo spesso ingiustificato ricorso alle risonanze magnetiche. La Corte dei Conti, nello specifico, ha analizzato quelle che sono le risonanze muscolo scheletriche per persone con più di 65 anni spiegando che "poiché per gli anziani tale prestazione è ritenuta inappropriata, con un’inutile spreco di risorse che potrebbero essere destinate altrove, valori elevati dell’indicatore sono ritenuti inadeguati".

 

Risultato?  "Il grafico - si legge nel rapporto - mostra che l’A.P.S.S. con un valore dell’indicatore pari a 31,31 ottiene, anche per il 2014, una valutazione “pessima”, risultando la peggiore delle Aziende sanitarie scelte a fini comparativi. Sulle misure consequenziali adottate a seguito della criticità sopra descritta, l’Azienda sanitaria dichiara di aver emanato nel novembre 2014 le Linee di indirizzo per l’appropriatezza prescrittiva della indagini RM (risonanza magnetica) per pazienti affetti da lombalgia e gonalgia e di aver organizzato più volte con i prescrittori incontri formativi sul tema dell’appropriatezza prescrittiva. Pur tenendo conto di ciò, rimane comunque l’esigenza di un costante monitoraggio e delle correlate azioni di miglioramento sul fronte dell’appropriatezza prescrittiva diagnostica". Insomma restano troppe e troppo costose per la collettività le prescrizioni per questo tipo di visite. 

 


 

 

 

E poi c'è un altro dato che deve far riflettere l'Azienda sanitaria trentina che può essere meglio compreso, ancora una volta, grazie all'ausilio di un grafico: quello che riguarda il rapporto tra complessità degli interventi affrontati ed efficienza nel risolverli. "La Provincia di Trento - si legge nella relazione della Corte dei Conti - posizionata nel quadrante superiore sinistro, è uno degli erogatori con una durata delle degenza più alta dello standard (ICP=1,06) nonostante la minore complessità della casistica in assoluto (ICM=0,85). Se si confrontano i valori della Provincia autonoma di Trento con quelli delle regioni di appartenenza del campione preso a riferimento, la Provincia di Trento è quella che ottiene i risultati meno soddisfacenti".

 

Il grafico a quattro quadranti, riportato qui di seguito, mostra la combinazione di due indicatori utilizzati per valutare, da un lato, la complessità della casistica trattata, dall’altro, l’efficienza e l’efficacia degli erogatori. Tali indicatori sono denominati rispettivamente Indice di Case-Mix (ICM) e Indice Comparativo di Performance (ICP). Nel grafico i valori dell’ICM sono riportati sull’asse delle ascisse, quelli dell’ICP sull’asse delle ordinate. Pertanto, rispetto alla standard (nazionale), i due quadranti a destra (ICM che vanno oltre l'1) individuano una maggiore complessità, i due quadranti inferiori (ICP sotto l'1) una migliore efficienza.

 

 


 

Trento, come si vede, è la più spostata a sinistra (nella zona della casistica meno complessa, quindi) e tra quelle più in alto (delle minore efficienza). "Il grafico sopra illustrato - commenta la Corte dei Conti -  fa, in conclusione, presupporre per l’A.P.S.S. di Trento che la maggiore durata della degenza sia probabilmente riconducibile ad una inefficienza organizzativa, nonostante il divario in termini di costi con le altre realtà similari, determinato essenzialmente dall’elevato livello di mobilità sanitaria passiva". Criticità, a quanto pare, conosciute dalla Provincia e dalla Apss. E infatti nella deliberazione 21/2015, l’Azienda sanitaria ha comunicato che la rete ospedaliera è stata riorganizzata secondo il modello di hub & spoke (che prevede la concentrazione dell’assistenza di maggiore complessità in “centri di eccellenza” - hub - e l’invio a questi “hub” da parte dei centri periferici dei malati che superano la soglia dei complessità degli interventi effettuabili a livello periferico) e, in base a quanto indicato nel Piano di Miglioramento 2013-2015, con l’attivazione di unità operative multizonali e la definizione dei volumi minimi di struttura per l’area chirurgica".

 

"Nel corso del 2016, inoltre, sono in atto interventi sulla rete dei Punti nascita - spiega la Corte dei Conti -. Da ultimo l’Azienda ha ulteriormente precisato che parte significativa del differenziale di costo è imputabile al maggior costo del personale derivante dalla contrattazione provinciale. A tal proposito si rileva che tale precisazione non muta la valutazione negativa rilevata dal confronto con le altre realtà, per cui non viene meno l’esigenza del monitoraggio del processo di riorganizzazione della rete ospedaliera in atto e delle conseguenti ulteriori misure. Gli effetti di tale riorganizzazione dovrebbero, pertanto, evidenziarsi dal prossimo anno; per il momento si deve evidenziare la perdurante criticità sia dal punto di vista delle prestazioni che dei costi. La presenza di un costo pro-capite per l’assistenza ospedaliera così elevato rende necessari ulteriori approfondimenti".

 

E' un problema anche di costi, allora. E la Corte dei Conti, nella sua lunga e dettagliata relazione sulla gestione finanziaria dell'Apss, ha quindi fatto un confronto sui costi medi per pazienti dimessi dai diversi ospedali del Trentino. Questo il risultato: "Rispetto al 2014 - si legge nella relazione - il costo medio per dimesso è lievemente aumentato, passando da euro 6.356 ad euro 6.398 (+0,65%). Le due strutture che sostengono un costo più elevato rispetto al dato complessivo medio sono l’ospedale di Trento e quello di Arco. Solo per l’ospedale di Trento lo scostamento dalla media è giustificato dalla maggiore complessità delle prestazioni erogate che in parte significativa sono rivolte all’intero bacino di utenza provinciale".

 


 

E nel dettaglio questi sono i costi medi divisi per settore. Per quanto riguarda la degenza, rispetto al 2014 è notevolmente aumentato il costo medio per dimesso della struttura ospedaliere di Cavalese (+7,1%), che resta comunque il più basso di tutti. Dopo i due ospedali più grandi (Trento e Rovereto), Arco nonostante la diminuzione del costo per dimesso del 4,20%  ha un costo medio tra i più elevati (5.945 euro). Relativamente al pronto soccorso sono diminuiti nelle strutture di Rovereto (-7,8%), Cavalese (-7,3%), Arco (-6,9%) e Tione (-5,1%), nonostante sia Cavalese che Tione restino le due strutture ospedaliere con costi più elevati, con una media per numero di accessi pari rispettivamente a 143 euro e 137 euro. Per quanto riguarda la riabilitazione, il costo medio per dimesso è aumentato in modo significativo rispetto al 2014, passando da 8.288 euro a 9.597 euro (+15,8%). Tale aumento si è registrato in particolare nell’ospedale di Rovereto (+56,46% rispetto all’anno precedente) determinato da una drastica riduzione del Day Hospital. È da segnalare, inoltre - prosegue la Corte dei Conti - che l’incidenza dei costi di riabilitazione sui costi dell’intera assistenza ospedaliera di Arco è molto più elevata rispetto a quella delle altre strutture (6,7% rispetto al 2,8%). 

 

 

 


 

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