Rosè, una proposta per giovani e mercati lontani. America e Cina nel futuro del vino trentino
La Cina è spinta dalla ricca borghesia, mentre gli Stati Uniti si appresta a guidare il mercato dei consumi. La Germania ha perso la leadership nell'importazione di spumanti. Il Trentino trainato da Gruppo Mezzacorona, Cavit, Lavis e Ferrari: vini buoni da bere, ma pure per stimolare giusti pensieri

TRENTO. Rosè, colore moda, sfumatura d’effetto. Specialmente per i brindisi festosi dell’imminente 14 febbraio, ricorrenza rosa e di circostanza. Rosè che per il vino è sintomo di ripresa. Specialmente per i consumatori giovani e per i mercati più lontani, d’oltreoceano in particolare.
Secondo recenti analisi di mercato, il rosè avrà una crescita attorno al 20%, mentre ulteriori 19 milioni di casse di spumante – Prosecco su tutti, le bollicine-fenomeno che trainano tutta l’area spumanti e hanno rappresentato il locomotore principale delle esportazioni 2015 – saranno consumate a livello mondiale nel 2020. Export aiutato pesantemente anche da Pinot grigio, vino in continua espansione su ogni mercato estero.
L’America guiderà la crescita dei consumi, sfiorando nel 2020 i 50 miliardi di dollari. Un mercato che vede l’Italia e specialmente il Trentino, pronto a raccogliere le opportunità. Nel 2015, il consumo di vini fermi leggeri era diminuita, a eccezione del rosé. La ragione di questa progressione è da attribuire al fatto che il rosato è considerato un vino da aperitivo, il cui consumo è particolarmente diffuso tra i giovani. Non a caso lo spumante classico Trento diventa sempre più rosè, con una quarantina d’aziende decise a scommettere su questa diversità cromatica.
Trentino enoico molto ben piazzato nell’annuale classifica per fatturato delle aziende leader stilata dall’esperta d’economia vitivinicola Anna Di Martino. Quinto posto assoluto per il Gruppo Mezzacorona, con oltre 174 milioni di euro, seguito dal colosso Cavit, una decina di milioni in meno. Poi Lavis, diciottesima posizione, poco sopra gli 83 milioni di euro. Ottima performance per la famiglia Lunelli che brindano Ferrari per 74 milioni di euro. A fondo classifica, tra i primi cento, qualche cantina sociale altoatesina e (con una ventina di milioni ) Toblino con Vivallis. Nessun ‘plurimilionario’ tra vignaioli.
Produzione e mercati futuri. Diventa indispensabile per gli operatori aprirsi a nuove forme di comunicazione e vendita, e-commerce e social media, ritenute ormai a tutte le latitudini, nuovi decisivi driver di sviluppo.
Non solo. Spinta dalla ricca borghesia, la Cina si appresta a guidare il consumo globale di vini fermi e di vini spumanti entro il 2020, con un tasso di crescita del 4,5%. La Cina inoltre spodesterà entro il 2020 il Regno Unito dalla posizione di secondo mercato dei vini fermi per importanza. La regione dell’Asia-Pacific diventerà, secondo le previsioni, la regione più importante per la crescita in termini assoluti per volume, davanti al continente americano, leader storico.
Anche se stanno perdendo quote di mercato, i vini rossi rappresentano ancora la maggioranza dei vini fermi consumati in Italia con una quota di mercato del 60%, seguiti dai vini bianchi che si attestano attorno al 35%
La Germania è sempre stata storicamente il mercato principale per le esportazioni di vino italiano, dolomitico in primis. Per il 2015 la Germania ha confermato il suo ruolo di maggior importatore di vini fermi leggeri italiani con 58,8 milioni di casse da 9 litri, ma con un decremento del 6,5% rispetto al 2014. Gli Stati Uniti, che sono il secondo mercato di riferimento per i vini italiani, ha importato una maggiore quantità di vino nel 2015 rispetto all’anno precedente (+4,16%). Il Regno Unito si posiziona al terzo posto. Considerando il segmento dei vini spumanti, la Germania ha perso la leadership. A oggi è il Regno Unito il primo importatore di vini spumanti dall’Italia con 10,45 milioni di casse da 9 litri, facendo registrare un aumento del 47% tra il 2014 ed il 2015. In confronto, la Germania ha importato 8,88 milioni di casse da 9 litri nel 2015. La terza destinazione maggiore per i vini spumanti italiani sono gli Stati Uniti con 8,79 milioni di casse da 9 litri nel 2015.
Valorizzazione dei brand e delle diversità territoriali e cura maniacale della qualità sono oggi il comune denominatore e la strada maestra di tante cantine. Contemporaneamente sarebbe importante creare una cultura nuova nei confronti del vino, inteso come parte della nostra storia e del nostro dna. Lo hanno più volte ribadito i presidenti delle varie associazioni enologiche, suggerendo d’introdurre nelle scuole primarie e secondarie l’insegnamento della "Storia e civiltà del vino".
Questo aiuterebbe anche il consumatore a distinguere tra vino e vino, riconoscendo le eccellenze meritevoli di essere pagate quel quid in più e nel tempo potrebbe determinare un ri-bilanciamento tra export e mercato interno. Come dire: Teroldego e Marzemino, con TrentoDOC ‘insegnato’ ai giovani, per consumi consapevoli e contro ogni abuso. Potrebbero essere rivalutati vini accattivanti come la Schiava, per altro spesso vinificata ‘rosè’. Senza nulla togliere a rossi ben più possenti o a quelli meditativi.
Vini, insomma, buoni da bere, ma pure per stimolare giusti pensieri. La conoscenza è decisiva nell’accettazione di un prezzo e d’altra parte così si spiega perché un litro di Champagne costi mediamente 24 euro e certi ‘spumantini’ neppure 4.
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