Rifugio Altissimo, la Sat cerca un gestore. Danny Zampiccoli: "Serve passione, amore per la montagna e per le persone"
Il gestore che lascerà a breve: "Scelta dolorosissima quella di lasciare, ma c'è bisogno di aria nuova, anche dentro la Sat". Che pubblica il bando sul proprio sito

MORI. Danny Zampiccoli, lo storico gestore del rifugio Damiano Chiesa sul monte Altissimo se ne va. E questo si sapeva. Ora la Sat di Mori ha pubblicato l'annuncio sul proprio sito del bando per la nuova gestione. E chi vorrà candidarsi avrà tempo fino al 27 febbraio per iscriversi, per poi partecipare alla selezione.
Zampiccoli se ne va tra le polemiche, sollevate da chi avrebbe voluto che il rifugio sul Baldo rimanesse saldo nelle sue mani, permettendo alla guida alpina di continuare ad accogliere gli affezionati camminatori. E le polemiche colpiscono anche i vertici della Sat moriana, ma su questo argomento si è già detto tanto.
E si è detto anche del video in cui Danny Zampiccoli saluta i sui clienti, gli amici “e tutti quelli che hanno reso questi 17 anni un'esperienza unica, enormemente significativa”. Un video che è diventato virale, visto da più di quasi 60 mila persone, condiviso e commentato.
Allora Danny, che consigli puoi dare a chi prenderà il tuo posto?
Al nuovo gestore do il consiglio che ho sempre dato a me stesso: fare le cose con passione. In questi anni io ci ho messo il cuore.
E la fatica.
Ma quella si supera, quella non deve spaventare nessuno. Si supera con l'entusiasmo che a me non è mai mancato. Ovvio che le fatiche ci sono nella gestione di un rifugio: c'è il brutto tempo, c'è la distanza, le difficoltà legate alla montagna. Ma l'importante è la passione che ci metti.
Che a scuola non ti insegnano.
In questi anni venivano al rifugio cuochi e camerieri per cercare lavoro. Brevissimi, preparati. Ma io chiedevo: ma la passione voi ce l'avete? Perché quella non la si impara.
Serve anche l'amore per la montagna per gestire un rifugio.
Certo, questo nemmeno si discute. Questo è imprescindibile. Ma non solo, serve anche un'altra cosa oltre all'amore per la montagna.
Che cosa?
L'amore per le persone. Per tutto quello che le persone ti possono dare, per quegli incontri importanti, per tutto quello che c'è da imparare, da una parte e dall'altra, quando conosci qualcuno. Anche nella gestione di un rifugio di montagna, perché non si porta in tavola un buon piatto, in un rifugio, si porta in tavola “en piat de bona cera”.
E non tutti sanno “cucinarlo”.
No, direi di no.
Senti Danny, quello di gestire un rifugio era il tuo sogno nel cassetto?
Io i rifugi li ho sempre frequentati. Fin da quando ero giovanissimo e arrampicavo. Poi li ho frequentati per forza di cose nel mio lavoro di guida alpina. E il mio desiderio era quello di gestirne uno, prima o poi.
E il momento è arrivato 17 anni fa.
Complice anche un incidente che ha velocizzato le cose e la decisione. Ma quello che immaginavo della gestione di un rifugio non è quello che poi ho trovato.
In che senso?
Nel senso che le cose non sono mai come le immagini. E scopri come sono veramente nel momento in cui le fai. Gli stessi della Sat non si rendono conto di cosa significhi gestire un rifugio.
Non lo sanno?
Non è come gestire un locale, un esercizio pubblico, un luogo di ristorazione. E' diverso, è tanto di più.
Ti dispiace lasciare il rifugio sul Baldo?
La scelta di lasciare tutto è stata dolorosissima. Ma una volta presa la decisione ho scoperto di essere circondato di amore: persone che mi hanno manifestato la loro vicinanza, la loro amicizia.
Ma non sei tornato sulla decisione.
C'è bisogno di aria nuova. E magari il nuovo gestore riuscirà a portarla, magari portandola anche dentro la Sat una ventata di quella fresca.
Ora che cosa farai? Altri sogni?
Chissà. Di sicuro voglio imparare qualcosa di nuovo, sempre con entusiasmo e passione. Ma ho avuto tante offerte.
Di lavoro?
Di lavoro, di gestione di locali. Uno mi ha detto: “Danny, ho dei capitali, mettiamo su qualcosa insieme”. Ma no, non adesso. Voglio imparare qualcosa di nuovo.
Ma oltre al rifugio lasci anche la montagna.
No, in montagna ci voglio ritornare, perché in fondo la voglia di servire in tavola quel “piat de bona cera” non mi abbandonerà mai.