"Padre Fabrizio, una persona che ha saputo spendersi senza misura". Il ricordo di Piergiorgio Bortolotti
Ospitiamo il ricordo dell'amico del frate cappuccino (e a lungo direttore del Punto d'incontro) scomparso sabato notte: "Instancabile, creativo ma anche un po' testardo. Esempio vivente di ciò che significa essere persone umane".

Ospitiamo su ilDolomiti il ricordo di p. Fabrizio Forti scritto da Piergiorgio Bortolotti, a lungo direttore del Punto d'Incontro e amico del cappuccino che si è spento improvvisamente ieri.
Se ne è andato come era nel suo stile: senza far rumore, senza disturbare nessuno, ma lasciando sconcerto in tantissime persone, p. Fabrizio Forti, responsabile della mensa della Provvidenza presso il convento dei Cappuccini, nonché da tantissimi anni, cappellano del carcere di Spini di Gardolo.
Ho conosciuto p. Fabrizio a metà degli anni Settanta (non ancora ordinato prete) quando si trovava presso la fraternità dei frati nella cascina sopra Calavino. L’ho rincontrato al Punto d’Incontro dopo un paio d’anni che vi ero giunto, probabilmente nell'81. Da allora abbiamo camminato assieme per una decina d’anni: lui responsabile del laboratorio nato da poco, io occupandomi prevalentemente di sgomberi di soffitte e cantine. Già allora mi si era rivelato come l’uomo per gli altri: instancabile, creativo e anche, qualche volta, un po’ battitore libero, e testardo a modo suo.
Ci siamo voluti bene e, come succede sempre tra amici veri, anche scontrati, qualche volta, perché armonizzare caratteri e modi di vedere diversi non è sempre facile. Per dirne una soltanto, a me il suo lavorare disordinato, o se vogliamo, diversamente creativo, dava non poco fastidio. Ma lui ci sguazzava in quel suo disordine, riuscendo quasi sempre a ritrovare quello che poi serviva.
È stato lui ad avviare al Punto d’Incontro i primi lavori di restauro mobili “rubando” l’arte a rigattieri di passaggio. Seppe inventarsi vari lavori in laboratorio, riuscendo a impiegare tante di quelle persone, contemporaneamente, che ancora oggi, ripensando a quegli anni lontani, fatico a comprendere come non ci sia mai accaduto niente di grave, nessun incidente di rilievo, pur nella precarietà della situazione. Gli angeli, se esistono, in quegli anni hanno avuto il loro bel daffare a proteggere noi e gli ospiti che lavoravano nello scantinato, ex teatro, del seminario, oggi liceo Da Vinci e in seguito all'ex convento di Via Cappuccini.
Poi le nostre strade si sono divise, pur rimanendo in contatto e incontrandoci di quando in quando. Per me p. Fabrizio (Fabri, come lo chiamavo) è stato un esempio di umanità, una dimostrazione vivente di ciò che significa essere persone umane. Attento, sensibile, accogliente, ironico, visionario, creativo, semplice. Questi sono gli aggettivi che mi sorgono spontanei ricordandolo. Una persona che ha saputo spendersi senza misura. E questo da sempre.
Ricordo ancora, quando veniva al Punto d’Incontro, allora viveva a Piazzo di Segonzano, in Val di Cembra, come gli accadesse, appena terminato di pranzare, e in attesa di scendere in mensa a servire il pasto, che si appoggiasse con la tesa sul tavolo per riposarsi qualche minuto e poi si addormentasse di botto. La stanchezza lo sopraffaceva già a mezzogiorno, avendo fatto le ore piccole la sera prima in quel di Piazzo, non certo per divertirsi. Ma poi era pronto a rimettersi in piedi di slancio.
Una delle tante cose che amo ricordare, come sollecitudine verso le persone, è l’accompagnamento, da parte di p. Fabrizio, di ragazzi ammalatisi e poi morti di Aids, quando ancora, il solo pronunciare quella parola faceva paura.
Come intendi il tuo impegno tra quanti vivono ai margini, gli chiesi un giorno. "Io non vorrei impegnarmi...", fu la risposta. "Vorrei vivere nella realtà nella quale sono chiamato a stare. In questa realtà c'è gente che fa margini e gente che butta fuori dai margini e quindi le relative persone emarginate. Viviamo in un mondo che crea continuamente situazioni di 'lacrima'. Vivere in questo mondo che semina volontariamente e non, a volte in maniera furbesca, situazioni di lacrime ed accorgersene, credo sia già uno starci dentro in modo costruttivo. Quello che si fa sono tutti tentativi di amore discutibilissimi da parte di coloro che vengono dopo di noi. A me non interessa più un settore o l'altro del disagio, quanto vivere dentro questo mondo che ha questi fremiti e provare gli stessi fremiti. Questo credo sia partecipare alla vita con amore".
Direi che p. Fabrizio è stato fedele a quel suo voler “stare dentro la realtà” e abbia provato fin nel midollo i “fremiti” di quanti stavano male, facendosi loro compagno di strada. Credo mancherà tantissimo anche ai detenuti e al personale del carcere di Spini, altro ambiente nel quale si è speso, facendosi tutto a tutti.
Penso che in carcere abbia avuto modo di vivere quanto mi disse un giorno. "Il mio invito è a porsi sul marciapiede dove camminano tutti e dove ciascuno ha il suo livello che è quello delle spalle. L'altezza della persona la si misura dal suo saper stare con gli altri, dal suo relazionarsi con gli altri. Purtroppo ci stiamo abituando ad essere giudici degli altri...".
La grandezza di una persona, affermava il poeta inglese William Wordsworth, è vivere con semplicità e pensare con grandezza. È quanto ha fatto p. Fabrizio.
Si svolgerà mercoledì 19 ottobre alle ore 11.00 nella cattedrale di Trento il funerale di padre Fabrizio Forti. La liturgia funebre sarà presieduta dall'arcivescovo Lauro Tisi. Prima di essere portata in Duomo, la salma di padre Fabrizio sarà trasferita dalla camera ardente del convento (dove prosegue la processione silenziosa di amici e conoscenti) al carcere di Spini di Gardolo, dove Forti era stimato cappellano: la sorella di padre Fabrizio e i membri della fraternità cappuccina hanno voluto infatti che fosse salutato per l’ultima volta dai detenuti per i quali si era speso negli ultimi anni, accanto alla gestione della mensa dei poveri. Al termine del rito funebre, padre Fabrizio sarà sepolto nel cimitero di Gardolo, dove era nato il 20 ottobre 1949.