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"L'Adige fa il cattivo" e l'acqua invade la città per un metro e mezzo

Gli studenti del Prati hanno ricostruito l'evento che sconvolse Trento nel 1966 e intervistato una testimone

Di Angelica Beccari e Donato Guandalini - 03 novembre 2016 - 20:56

TRENTO. Cinquant' anni che l'Avisio e l' Adige si comportano bene. “Avevo appena 3 anni quando vivevo in via Corso degli Alpini, ma quella notte non l' ho ancora dimenticata” queste le parole di Barbara Mastronardi cittadina di Trento (e blogger de il Dolomiti) che ha vissuto in prima persona l' alluvione del 1966. “Mi svegliai di soprassalto e vidi dalla finestra del terzo piano l'acqua che si alzava sempre di più. Mia sorella mi ha preso in braccio e mi ha aiutata a calarmi giù da una corda per salire su un barcone ed essere portata in salvo dai militari della caserma di Trento. Era ancora notte, e il freddo penetrava nelle ossa. Ero terrorizzata”.

 

Cinquant' anni, e ancora il ricordo di quel disastro rimane impresso nella memoria dei trentini. Questa alluvione partita da Roncafort, si scatenò per le forti nevicate di ottobre sciolte poi rapidamente dal vento scirocco, alle quali seguirono le piogge torrenziali cominciate il 3 e conclusasi il 5 novembre, dopo una precipitazione complessiva di 163 millimetri. Vennero sommerse da 1,5 metri d'acqua numerose zone del centro da Piazza Dante a via Manci e la Ferrovia. Le braccia delle forze civili e dei corpi militari distribuiti in modo omogeneo giunsero in soccorso alla popolazione cercando di non lasciare alcuna zona colpita senza soccorsi. Provvedevano a portare gli sfollati nelle caserme o nei punti di raccolta con delle barche a remi messe a disposizione dai cittadini stessi, li rifornivano di viveri, di acqua potabile e di lanterne perché l' acquedotto era stato inquinato dal fango, e la città mancava di energia elettrica.

 

L'instancabile solidarietà dei cittadini riuscì a mantenerli coesi e a fronteggiare i danni dell'alluvione. Ogni personalità reagì in maniera diversa e le forti emozioni che li travolsero furono anche contrastanti. I più piccoli si fecero trasportare dallo spirito d' avventura vivendo tutto come un gioco, i genitori cercavano di non fargli credere che fossero in una situazione di pericolo. “L'Adige fa il cattivo” “L'Avisio non si comporta bene” dicevano le madri ai loro figli. I giovani e gli adulti già preparati mentalmente grazie ai notiziari erano pronti ad aiutare chi più ne avesse bisogno, spinti da una volontà di “spaccare il mondo”.

 

Gli anziani, legati alle loro case e ai ricordi che queste contenevano e impauriti, non avevano il coraggio di uscire dalla finestra per farsi portare in salvo sui barconi. Ciò che sorprese i cittadini non fu l' Adige in piena che straripò, difatti le radio e le televisioni aggiornavano costantemente la popolazione, ma la rapidità con cui i loro ricordi, i loro averi e le loro case vennero cancellate dall'acqua e dal fango. Il 5 novembre verso le 22 in città l'acqua raggiunse l'altezza massima. La notte successiva se ne torna silenziosamente a dormire nel suo letto, pronta per un nuovo giorno da svolgersi nella più totale tranquillità, noncurante dei danni inflitti ai suoi cittadini.

 

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