La traversata della Alpi in parapendio dello Chef della Locanda Margon
Lo stellato Alfio Ghezzi per ritrovare "equilibrio" e "scoprire nuovi piatti" ha attraversato le Alpi in volo: "Ho incontrato colleghi e tanti piatti. Ho assaggiato e scoperto quanti legami ci sono tra le diverse tradizioni culinarie. E adesso penso al Perù"

TRENTO. Alfio Ghezzi è sicuramente conosciuto per la sua professione. Chef della Locanda Margon, ha ottenuto nel 2011 la stella nella Guida Michelin, confermandola poi negli anni successivi, nei quali ha ricevuto molti altri importanti riconoscimenti. Il motivo di questa intervista è, però, un altro: quest'estate, infatti, ha concluso con successo l'attraversata delle Alpi in parapendio (GUARDA IL SUO VIDEO), un'impresa che gli ha permesso di esplorare la biodiversità e i microclimi unici presenti su queste montagne. Il viaggio va contestualizzato nell'accezione più ampia che al termine “cucina alpina” riserva lo Chef. “La cucina è qui da intendersi - afferma Alfio Ghezzi - come motivo culturale fondamentale, condiviso, che unisce quella che a tutti gli effetti, al di là dei confini nazionali e politici, è una regione unica caratterizzata da profonde ricorrenze dettate dal clima, imposte dalla montagna, che si ritrovano poi nei prodotti del lavoro e nei piatti di chi vive da secoli in simbiosi con questi territori”.

Una doverosa introduzione: come è nata la sua passione per il parapendio?
È lo sviluppo naturale di un'altra, precedente a questa, ma più ampia e fondamentale: la passione per la montagna, la quale, da sempre, si affianca a quella per la mia professione. Anzi, più che una passione quella per la montagna è per me una necessità, un legame che pretende i suoi spazi e li reclama. La montagna è un parte inalienabile della mia persona, com'è parte fondamentale della mia tradizione familiare. Mi è stata trasmessa da mio papà, mio fratello è Guida Alpina e io ho fatto parte per un periodo del Soccorso Alpino. Ho sempre praticato alpinismo, trekking, arrampicata su roccia e cascate di ghiaccio. Il parapendio l'ho incontrato e conosciuto durante la mia collaborazione con il Soccorso Alpino. L'idea del volo ha sempre esercitato per me un'attrazione indiscutibile che corrisponde al fascino di una prospettiva inedita. Volando con il parapendio invadiamo uno spazio, l'aria, per noi in fondo innaturale e da lì osserviamo ciò a cui siamo abitualmente costretti, il suolo. La visione di un paesaggio come quello alpino ricco di alternanze particolari, esplorato da un punto di vista alieno, inusuale, questa è stata per me decisamente una scoperta rivelatrice. Il parapendio poi non ha un motore, vola sfruttando le correnti ascensionali, intercettando i venti anabatici. La sua presenza è silenziosa e rende così possibile un passaggio discreto e rispettoso dei luoghi che attraversa, è una presenza che non invade.
Parapendio e montagna si incontrano in una splendida unione, proprio da questa unione è nata, dunque, l'idea per questo suo viaggio?
Sì, certo ed entrambe queste cose condividono poi il loro rapportarsi con una terza per me fondamentale: l'equilibrio. Questo elemento è per me essenziale, sia nel lavoro che in generale nel quotidiano. Se nei piatti l'equilibrio è all'origine della loro riuscita, anche per il parapendio è il presupposto fondamentale. Parlo di un equilibrio legato all conoscenza del proprio limite, la quale ci permette di scegliere le condizioni meteo, la vela, il percorso, e comporre così un bilanciamento tra tutti questi elementi. Senza la definizione di un perfetto equilibrio tra queste variabili il rischio è il fallimento, che, in questo caso, potrebbe avere conseguenze drammatiche. L'equilibrio riguarda infine direttamente anche la montagna nel suo ruolo per me fondamentale. Questo viaggio, infatti, è nato dalla mia necessità di reimmergermi nella solitudine della montagna. L'avevo trascurata negli ultimi anni a favore della mia professione e reclamava con sempre più forza lo spazio che le spettava per ristabilire l'equilibrio che si era perso. Cosciente di questo, ho iniziato a progettare il mio viaggio. L'ho studiato in modo che potessi alternare il volo al bivacco in luoghi particolarmente significativi. Attraverso questa esperienza ne ho potuta realizzare un'altra che mi ha sempre affascinato. Infatti una delle opere letterarie a cui sono più profondamente legato è l'”Italienische Reise” di Goethe. Ho sempre mantenuto come modello ideale di viaggio il calco che quelle pagine mi hanno impresso, sapendo che, prima o poi, in qualche modo l'avrei dovuto realizzare.
È stato dunque un viaggio e insieme un'esplorazione. Le tappe che hai programmato si univano alla volontà di scoprire il senso profondo di un ambiente e di una cucina, quelli alpini, uniti tra loro indissolubilmente?
Le Alpi sono un ambiente complesso, un intersecarsi incessante di microclimi. La varietà di queste zone, se osservata verticalmente, è sorprendente: si va dalle valli più basse e ampie, simili a pianure, poco più alte del livello del mare, sino ai limiti estremi delle foreste di conifere. Salvo poi ritrovare la ricorrenza di questi paesaggi microclimatici a centinaia di chilometri di distanza. Si può allora scoprire con stupore il ripresentarsi anche di piatti e tradizioni culturali simili, perché influenzati proprio dall'area climatica nella quale l'uomo si trova a vivere. Assonanze ricche di sfumature certo, ma profondamente determinate dall'ambiente. Durante il mio viaggio ho avuto la possibilità di incontrare colleghi come ad esempio Norbert Niederkofler, anche lui attento ad interpretare con grande determinatezza la ricchezza del territorio alpino nella cucina che elabora. Ho visitato poi luoghi come il Il Giardino Botanico Alpino Viote del Monte Bondone. Questo è un reliquario, un posto quasi sacro, dove sono custoditi tutti tipi di piante, dalle officinali alle velenose, presenti sul territorio alpino. Visitarlo è stato un piacere, ma pure un dovere, un pellegrinaggio, perché questo giardino è il risultato di un progetto prezioso, un luogo dove si può avere un'esperienza diretta di ciò che la parola biodiversità sta a significare: ricchezza. La montagna ci accoglie e ci impone uno spartito, ma questo grazie alla sua ampiezza permette variazioni incredibili. Un'imposizione che si rivela talmente generosa da tradursi in libertà, o meglio, nella possibilità di esprimere una libertà creativa, concentrandosi semplicemente sull'essenzialità dei molti ingredienti estremamente vari ed unici.
Ripeterà in futuro questa esperienza seguendo nuove rotte?
Spero proprio di sì. Sicuramente con la mia professione è difficile ritagliare del tempo da dedicare a tutto ciò, ma vorrei riuscire ad organizzare ancora qualcosa di simile. Viaggi come questo lasciano una quantità incredibile di esperienze alle quali poter attingere per trovare spunti creativi da elaborare in cucina, sono il presupposto per una continua evoluzione. Una meta che in futuro mi piacerebbe raggiungere è senza dubbio il Perù. Qui si trova, come sulle Alpi, una grande varietà di microclimi che parte dalle foreste pluviali equatoriali per arrivare agli altopiani andini. In Perù potrei nuovamente unire il volo alla scoperta e all'esplorazione delle tradizioni locali. Sarebbe molto interessante avvicinarmi con un approccio integrale a una delle cucine più affascinanti al mondo. In Perù si trovano, grazie alla sua biodiversità, un'estrema varietà di materie prime elaborate poi dalle più disparate tradizioni culinarie, spesso fuse tra loro (la capitale Lima è stata nei secoli punto d'approdo per cinesi, spagnoli, giapponesi, italiani, africani,creoli i quali hanno contribuito all'evoluzione inarrestabile di questa cucina). Tutti presupposti che rendono il Perù una meta di elezione assoluta dove mi piacerebbe organizzare una prossima “esplorazione”.